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Lo Stato e i poteri locali  
 

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1. La nascita dello Stato moderno

Riproduciamo alcuni brani di uno dei libri più importanti di Giandomenico Romagnosi, Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento con esempio del suo Risorgimento in Italia, pubblicato, in prima edizione nel 1832, in cui sviluppa la nozione di “incivilimento”, già precedentemente concettualizzata, e la applica alla storia d'Italia.

G. Romagnosi, Dell'indole e dei fattori dell'incivilimento con esempio del suo Risorgimento in Italia, ora inOpere di Giandomenico Romagnosi, Carlo Cattaneo, Giuseppe Ferrari, a cura di E. Sestan, Milano-Napoli, Ricciardi, 1957, pp. 155-160; 191-196; 213-216; 257-260; 283-286.

 

2. Il ruolo storico della città

I documenti che seguono sono dei brani estratti da due celebri scritti di Carlo Cattaneo. Il primo è tratto dall'opera La città ideale considerata come principio ideale inizialmente pubblicata a puntate sul giornale “Il Crepuscolo” il 17 e 31 ottobre, il 12 e 16 dicembre 1858. Il secondo è la prima lettera – di quattro – Sulla legge comunale e provinciale pubblicata sulla rivista “Il Diritto” nel giugno del 1864. Secondo Cattaneo l'obiettivo fondamentale non era tanto il decentramento amministrativo quanto “coordinare la vera e attual vita legislativa degli Stati italiani a un principio di progresso comune e nazionale”.

C. Cattaneo, Una teoria della libertà. Scritti politici e federalisti, a cura di W. Barberis, Torino, Einaudi, 2011, pp. 169-176; 229-236.

 

3. Il “Primato” dell'Italia

Pubblichiamo alcuni passi scelti dell'opera di Vincenzo Gioberti tratti da due antologie che raccolgono alcuni dei suoi scritti più importanti. I primi tre documenti sono stati selezionati da: Prolegomeni al Primato (edizione del 1848, pubblicato a Napoli); Del primato morale e civile degl'italiani (edizione del 1920 in tre volumi, pubblicata a Torino); Del Rinnovamento civile degl'italiani, (edizione del 1912 in tre volumi, pubblicata a Bari). L'ultimo documento è tratto, anch'esso, dal libro Del primato morale e civile degl'italiani.

V. Gioberti, La Politica. Passi scelti dal Primato, dal Rinnovamento ed altre opere, con introduzione e note di G. Saitta, Firenze, Vallecchi, 1928, pp. 10-13, 137-142, 149-156. Le più belle pagine di Vincenzo Gioberti, scelte da Luigi Salvatorelli, Milano, Treves, 1931, pp. 105-109.

 

4. Lo Stato unitario

I documenti riprodotti sono due scritti di Giuseppe Mazzini. Il primo è tratto dal capitolo V – intitolato “Doveri verso la patria” – del libro Dei doveri dell'uomo edito nel 1860. Lo scritto era stato precedentemente pubblicato, il 15 agosto 1842, sul n. 11 della rivista “Apostolato popolare”. Il secondo documento, invece, è tratto dal volume Dell'unità italiana, pubblicato nel 1861. Le prime bozze dei contenuti di questo libro risalgono, addirittura, ad un articolo pubblicato nel VI° fascicolo del periodico “Giovine Italia” del 1834 e fu più volte rivisto e modificato nel tempo.

G. Mazzini, Scritti Politici, a cura di T. Grandi e A. Comba, Torino, Utet, 1972, pp. 882-886; 944-953.

 

5. Lo Stato organico

Pubblichiamo due brevi estratti – il capitolo III intitolato Lo Stato e il capitolo IV intitolato Lo spirito Nazionale – della celebre opera di Alfredo Oriani, La rivolta ideale. Il volume, pubblicato la prima volta nel 1908, sostenne la necessità di uno Stato forte – “rivale della Chiesa” e che “governa tutti gli altri ordini” – ed ebbe una notevole influenza negli ambienti culturali italiani del primo Novecento, suscitando, tra gli altri, l'entusiastica adesione del gruppo di intellettuali vicino al giornale “La Voce”.

A. Oriani, La rivolta ideale, Bari, Laterza, 1918, pp. 106-124.

 

6. Lo Stato etico

Il primo documento è tratto dalla conferenza di Giovanni Gentile tenuta a Firenze, nel Salone dei Cinquecento, l'8 marzo 1925. Il secondo, è la terza edizione riveduta e accresciuta del saggio sulle origini storiche, ideologiche e giuridiche del fascismo pubblicato per la prima volta nel 1928 in un volume collettaneo, pubblicato da Utet, intitolato La Civiltà fascista.

G. Gentile, Che cosa è il fascismo. Discorsi e polemiche, Firenze, Vallecchi, 1925, pp. 33-37. Id., Origini e dottrina del fascismo, Roma, Istituto nazionale fascista di cultura, 1934, pp. 43-51.

 

7. Lo Stato liberal-borghese

Pubblichiamo due brevi estratti dell'imponente opera di Benedetto Croce. Il primo è intitolato “Lo Stato e l'etica” ed è il II° capitolo del volume Elementi di politica pubblicato, per la prima volta, nel 1925. Il secondo documento è un estratto del II° capitolo – intitolato “L'assetto dello Stato e l'avviamento dell'economia nazionale (1871-1887)” – della celebre “Storia d'Italia dal 1871 al 1915”, pubblicata in prima edizione nel 1927.

B. Croce, Etica e politica, Roma-Bari, Laterza, 1981, pp. 183-188. Id., Storia d'Italia dal 1871 al 1915, Roma-Bari, Laterza, 1977, pp. 25-27, 38-57.

 

8. Stato, egemonia e burocrazia

I documenti riprodotti sono due brani estratti dai Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. Il primo riflette “sulla burocrazia” analizzando la figura del funzionario e sull'organizzazione amministrativa. Il secondo si sofferma su uno dei temi più dibattuti dalla storiografia d'ispirazione gramsciana sul Risorgimento: “il problema della direzione politica nella formazione e nello sviluppo della nazione e dello Stato moderno in Italia”.

A. Gramsci, Note sul Machiavelli sulla politica e sullo Stato moderno, Nuova edizione riveduta e integrata sulla base dell'edizione critica del 1975, Roma, Editori Riuniti, 2000, pp. 92-95; Id., Il Risorgimento, Nuova edizione riveduta e integrata sulla base dell'edizione critica del 1975, Roma, Editori Riuniti, 2000, pp. 86-91; 125-129.

 

9. Lo Stato tra municipalismo e regionalismo

Pubblichiamo tre scritti di Luigi Sturzo sullo Stato e le autonomie locali che si riferiscono a tre differenti periodi storici. Il primo documento è la prima parte della relazione presentata al I convegno dei consiglieri cattolici siciliani, tenuto a Caltanissetta tra il 5 e il 7 novembre del 1902. Il secondo documento è un breve stralcio della relazione letta il 23 ottobre 1921 al III Congresso nazionale del Partito popolare italiano a Venezia. L'ultimo documento è la riproduzione di un articolo pubblicato il 20 gennaio 1952 su “Libertas”, il settimanale della Democrazia Cristiana.

M. G. Rossi (a cura di), Scritti politici di Luigi Sturzo, Milano, Feltrinelli, 1982, pp. 142-157; 164-167; L. Sturzo, Opere scelte, Vol. II, Stato, Parlamento e partiti, a cura di M. D'Addio, Roma-Bari, Laterza, 1992, pp. 3-6.

 

10. Il federalismo europeista e le autonomie locali

Pubblichiamo alcuni scritti di Altiero Spinelli – pubblicati in tre differenti periodi storici – in cui le vicende dello Stato nazionale si intersecano con quelle della costruzione di una casa comune europea. Il primo documento è un breve estratto del cosiddetto “Manifesto di Ventotene” – come viene chiamato comunemente il documento “Per un'Europa libera e unita. Progetto d'un manifesto” – redatto, negli anni Quaranta, da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, durante il confino sull'isola di Ventotene, e pubblicato per la prima volta nel 1944.

Il secondo documento è una lettera del novembre 1944 in cui Spinelli, a nome dell'Esecutivo Alta Italia del Partito d'Azione, chiedeva a Luigi Einaudi dei consigli sui progetti di riforma delle autonomie locali. Uno degli obiettivi del gruppo dirigente degli azionisti milanesi consisteva, infatti, nel riformare le autonomie locali per superare la centralizzazione statale e per avviare un'opera di epurazione che non colpisse gli enti locali.

Il terzo documento, infine, è un saggio “polemico” di Spinelli sulla storia dello Stato italiano pubblicato originariamente sulla rivista “Tempo Presente” nel 1959 e poi sulla rivista “Il Mulino” nel 1986.

A. Spinelli, E. Rossi (a cura di), Il manifesto di Ventotene, Bologna, il Mulino, 1991, pp. 92-100. A. Spinelli, La rivoluzione federalista: scritti 1944-1947, a cura di P. Graglia, Bologna, il Mulino, 1996, pp. 120-123. Id., La crisi degli Stati nazionali: Germania, Italia e Francia, a cura di L. Levi, Bologna, il Mulino, 1991, pp. 231-233; 251-260.

 

11. Il federalismo come “teorica della libertà”

Pubblichiamo un breve estratto della lunga introduzione scritta da Norberto Bobbio all'antologia di scritti di Carlo Cattaneo, Stati Uniti d'Italia pubblicata nel 1945. In quel saggio, scritto in un'epoca in cui si affacciava il problema dell'assetto istituzionale del nuovo Stato democratico, Bobbio declina l'idea federalista non tanto come l'unione di più Stati diversi ma come “teorica della libertà”, ovvero un insieme di centri di partecipazione politica in cui poter esprimere una vita democratica libera e diretta.

C. Cattaneo, Stati uniti d'Italia, a cura di N. Bobbio, Torino, Chiantore, 1945 pp. 80-89.

 

12. Federalismo e regionalismo

Il documento riprodotto è un saggio di Gaetano Salvemini pubblicato sulla rivista “Il Ponte” nel 1949 in cui polemizza con i “repubblicani d'oggi” che, durante i lavori dell'Assemblea Costituente, commisero “un errore pratico” nel votare insieme ai “clericali” per una “regione” che non aveva nulla a che vedere con la “regione” di Cattaneo o con quella di Mazzini.

G. Salvemini, Movimento socialista e questione meridionale, a cura di G. Arfé, Milano, Feltrinelli, 1968, pp. 628-640.

 

13. Il federalismo e la fine dello Stato

Pubblichiamo quattro brevi scritti di Gianfranco Miglio. Il politologo comasco, dopo essersi affermato come uno studioso di Scienza dell'amministrazione e dello Stato moderno, è stato uno strenuo sostenitore di una riforma federalista della Costituzione italiana.
I primi due documenti sono di natura scientifica e analizzano la genesi, lo sviluppo e la crisi del concetto di Stato. Il primo documento è tratto dal saggio La crisi dell'universalismo politico medievale e la formazione ideologica del particolarismo statuale moderno pubblicato nel volume collettaneo, del 1942, intitolato Marsilio da Padova. Studi raccolti nel VI centenario della morte e curato da Aldo Cecchini e Norberto Bobbio. Il secondo documento è tratto dal saggio Genesi e trasformazioni del concetto di ‘Stato' pubblicato nel 1981 nel volume collettaneo intitolato Stato e senso dello Stato oggi in Italia.
Il terzo documento è un piccolo estratto del libro-intervista del 1991 intitolato Una costituzione per i prossimi trent'anni, in cui Gianfranco Miglio delinea un radicale ed organico progetto di riforme, auspicando l'avvento di una “Terza Repubblica” che superi “l'assolutismo parlamentare” e “la maladministration” della “Seconda repubblica” . La prima repubblica era tramontata già nel 1948.
Il quarto documento, infine, è un breve estratto del libro-manifesto di Miglio, Come cambiare. Le mie riforme, in cui il politologo si fece promotore di una profonda riforma costituzionale dello Stato italiano in senso federale.

G. Miglio, La crisi dell'universalismo politico medievale e la formazione ideologica del particolarismo statuale moderno (1942), ora in Le regolarità della politica, Vol. I, Scritti scelti, raccolti e pubblicati dagli allievi, Milano, Giuffrè, 1988, pp. 16-19. Id., Genesi e trasformazioni del concetto di ‘Stato' (1981), ora in Le regolarità della politica, Vol. II, cit., pp. 826-832. Id., Una Costituzione per i prossimi trent'anni, intervista sulla Terza Repubblica a cura di M. Staglieno, Roma-Bari, Laterza, 1991, pp. 139-143. Id., Come cambiare. Le mie riforme, Milano, Mondadori, pp. 31-40.

 

1. Lo Stato come fattore fondante dell'Italia moderna

Guido Melis, tracciando un bilancio delle celebrazioni per il 150° anniversario dell'Unità d'Italia, riflette sul ruolo svolto dallo Stato italiano dal 1861 ad oggi. Un ruolo positivo, sostiene lo storico,  perché “se c'è un filo rosso” che tiene unita la storia d'Italia questo non è stato tessuto dalla “borghesia otto-novecentesca” – né da una “società civile galvanizzata dagli animal spirits di una imprenditoria capitalistica al passo col progresso dei tempi” – ma dal “ruolo decisivo dello Stato e delle sue élites”.

G. Melis, Lo Stato in un cono d'ombra? Le Istituzioni nel centocinquantenario, in “Le carte e la storia”, n. 1, 2011, pp. 7-12.

 

2. Una fisionomia policentrica: popolo e paese, Stati e regioni

Nel dibattito storiografico si sono affermati due differenti modelli interpretativi che propongono due diverse scansioni cronologiche della storia d'Italia: innanzitutto, quella di ispirazione crociana che sostiene che “l'unità della storia d'Italia cominci nel 1860”, sottolineando, in questo modo, la profonda cesura imposta dalla modernità; in secondo luogo, quella che, invece, ravvisa una genesi plurisecolare e millenaria che affonda le sue radici nella storia culturale, letteraria, artistica e civile, della “vecchia nazione italiana”. In questa seconda linea interpretativa si colloca l'opera di Giuseppe Galasso, L'Italia come problema storiografico, che nel 1976 inaugurò la voluminosa Storia d'Italia edita dalla Utet, e di cui riproduciamo un breve estratto.

G. Galasso, L'Italia come problema storiografico, Torino, Utet, 1979, pp. 173-181.

 

3. La cesura tra identità nazionale e identità italiana

Se l'identità italiana si è costituita nel corso di una vicenda millenaria, antica e ricchissima di esperienze umane, culturali e spirituali, l'identità nazionale ha avuto, invece, un'origine ben più recente e si è identificata, grossomodo, con il periodo risorgimentale e la formazione dello Stato unitario. L'unificazione nazionale, però, cominciò subito ad apparire come “un edificio senza solide basi per la troppa diversità delle sue parti e in specie del Sud rispetto al Nord”. Una “drammatica diversità” che, secondo Ernesto Galli della Loggia, rese del tutto secondaria e marginale “la variegata molteplicità italiana” e causò quella “tendenziale cesura tra l'identità nazionale e l'identità italiana, cioè tra il modo di nascita e di essere dello Stato nazionale”.

E. Galli della Loggia, L'identità italiana, Bologna, il Mulino, 1998, pp. 61-67; 76-84.

 

4. Una società senza Stato?

Uno dei temi più dibattuti sia dalla pubblicistica storica che da quella giuridica èla debolezza dello Stato italiano. Una fragilità attribuita a molte cause differenti ma sostanzialmente imputata alla “mancata integrazione del popolo nelle istituzioni”. Sabino Cassese, per cercare di spiegare questo controverso rapporto tra lo Stato e la società italiana, ha individuato alcuni “caratteri” costanti nella storia politica nazionale. Di questi elementi ricorrenti ne evidenziamo due, “la giuridicità debole” e “la fuga dallo Stato”, estratti da due paragrafi dell'ultimo libro del giurista.

S. Cassese, L'Italia: una società senza Stato?, Bologna, il Mulino, 2011, pp. 9-14; 82-86; 98-104.

 

5. Stato di diritto e Stato amministrativo

In Italia, la presenza costante e diffusa di una cultura giuridica stratificata e multiforme – frutto di una tradizione secolare – ha lasciato un'impronta rilevante nella storia delle idee, delle mentalità e delle istituzioni del Paese, contribuendo a formare il cosiddetto “carattere nazionale” delle nostre classi dirigenti. Le pagine che seguono sono un'interessante riflessione sulla storia della giuspubblicistica italiana, intesa non soltanto come la storia di una disciplina scientifica ma anche come la storia di una componente rilevante della cultura politica e istituzionale dell'Italia unita. In particolare, proponiamo un estratto di un contributo di Maurizio Fioravantiche riflette sul ruolo dell'amministrazione nel sistema costituzionale dell'Italia liberale.

M. Fioravanti, Costituzione, Amministrazione e trasformazioni dello Stato, in A. Schiavone (a cura di), Stato e cultura giuridica, Roma-Bari, Laterza, 1990, pp. 21-39.

 

6. La meridionalizzazione dell'élite amministrativa

Una delle caratteristiche strutturali dell'ordinamento amministrativo italiano, quasi sempre citata dal dibattito storiografico, riguarda la cosiddetta “geografia della burocrazia” e, in particolare, la “meridionalizzazione della élite amministrativa”. Un fenomeno rilevantissimo che iniziò ad affermarsi nel corso del quindicennio giolittiano quando il reclutamento della burocrazia si spostò dalle regioni centro-settentrionali a quelle meridionali. Un mutamento che produsse una sorta di “scissione” tra i laureati del Nord, che entravano a far parte di quel ceto produttivo la cui attività era strettamente legata allo sviluppo economico, e quelli del Sud che, invece, tendevano a cercare un'occupazione nella pubblica amministrazione. Le pagine che seguono, sono un breve estratto di un celebre studio di Sabino Cassese, Questione amministrativa e questione meridionale pubblicato nel 1977, che riuscì a cogliere, efficacemente, gli effetti e le contraddizioni di questo dualismo.

S. Cassese, Questione amministrativa e questione meridionale, Milano, Giuffrè, 1977, pp. 81-85; 91-97.

 

7. Centro e periferia in Italia

Lo studio del rapporto tra il centro e la periferia dello Stato moderno è ormai diventato un argomento tradizionale sia del dibattito storiografico che di quello politologico. Si tratta, infatti, di un angolo visuale particolare che permette di analizzare sia il controllo del governo centrale sui poteri locali, che l'integrazione dei corpi periferici nel sistema politico nazionale. Le pagine che pubblichiamo sono un breve estratto del celebre studio comparato di Sidney Tarrow, Tra centro e periferia:il ruolo degli amministratori locali in Italia e in Francia la cui prima edizione è del 1977 (in Italia del 1979). Alla base di questo studio si colloca l'analisi di “quella relazione fondamentale” che intercorre “tra la forza e la compattezza dello stato amministrativo da un lato, e le strategie delle élite locali dall'altro”.

S. Tarrow, Tra centro e periferia: il ruolo degli amministratori locali in Italia e in Francia, Bologna, il Mulino, 1979, pp. 33-36; 47-58.

 

8. Le tradizioni del decentramento

Le richieste di decentramento politico e amministrativo hanno radici antiche ed emergono, soprattutto, in rapporto all'affermazione dello Stato moderno europeo – sia nella sua dimensione assolutista che in quelle successive alla rivoluzione francese – il quale supera e comprime il sistema autonomistico comunale e feudale del medioevo. In particolare, è la dottrina sui corpi intermedi, elaborata da Montesquieu, che costituisce un elemento decisivo nel momento decentralizzatore nell'Europa moderna e contemporanea. Le pagine che seguono sono un breve estratto di un saggio di Roberto Ruffilli, su Le tradizioni del decentramento pubblicato nel 1980, e riflette l'opportunità di approfondire questa storicizzazione delle tradizioni del decentramento.

R. Ruffilli, Istituzioni società Stato, vol. II, Nascita e crisi dello Stato moderno: ideologie e istituzioni, cura di M. S. Piretti, Bologna, il Mulino, 1990, pp. 273-280.

 

9. Le ragioni storiche del localismo

Le cause profonde del localismo italiano hanno radici antiche che, per molti aspetti, evocano una specificità del nostro Paese rispetto alle altre nazioni europee: dall'eccezionale varietà del policentrismo urbano al particolare centralismo italiano; da una particolare declinazione del municipalismo – che faceva del comune la prima cellula anticapitalista – al controverso processo di unità nazionale. Tuttavia, secondo Raffaele Romanelli – del quale pubblichiamo un saggio pubblicato sulla rivista “Il Mulino” nell'agosto del 1991 e ora inserito nel volume Importare la democrazia – il localismo italiano è “urbano-comunale, non etnico-regionale” e non ambisce a particolari forme di sovranità politica ma “mira semmai alla gestione autonoma delle risorse tributarie”. 

R. Romanelli, Importare la democrazia, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2010, pp. 17-27.

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