» 02|Un diverso ruolo per le donne  
 

Gli anni del Risorgimento vedono una grande discussione intorno alle donne.


 

 
Madame de Staël - olio su tela  

Avevano cominciato i romantici, Madame de Staël e Simonde de Sismondi in testa, nel solco già tracciato dal grande dibattito settecentesco sui costumi (Rousseau e Montesquieu).

In un’epoca che riflette intensamente sul carattere delle nazioni, la discussione sull’Italia occupa un posto di rilievo: troppo grande il suo passato, troppo avvilente il suo presente. Quel contrasto accendeva lo sforzo della comprensione.

Per capire la decadenza attuale, i costumi degli italiani divennero una chiave privilegiata; in particolare la morale sessuale, i codici della galanteria e il pudore delle donne.

Nessuno ha ritenuto, scriveva Sismondi nella sua Storia delle repubbliche italiane (1818), di dover annoverare tra i mali pubblici presenti dell’Italia anche lo stato in cui versano i matrimoni. Meno di dieci anni più tardi, dal suo esilio inglese, gli faceva eco Ugo Foscolo in un articolo per il «London Magazine» dal titolo The Women of Italy (1826).

 

 

  H. Lehmann - Cristina Belgioioso Trivulzio - dipinto - Collezione marchesa Maura Dal Pozzo Belgirate

La donna del Risorgimento è moglie e madre esemplare, innanzitutto. Ma il dibattito sulla donna non si esaurisce nella riaffermazione dei vincoli della domesticità. Gli anni della rivoluzione nazionale sono anche quelli di un nuovo protagonismo femminile nella sfera pubblica.

Le donne più brillanti, come Cristina di Belgioioso e Clara Maffei, seppero unire patriottismo e mondanità. Spose infelici divennero animatrici di salotti “politici” e influenti patriote. Caterina Franceschi Ferrucci, che nel 1848 «diceva fra sé» di ringraziare Dio di essere madre e moglie di due italiani, era al tempo stesso una donna molto impegnata sul terreno culturale e dell’iniziativa civile.

La stessa maternità ottocentesca presenta tratti inediti rispetto al passato. Come ha scritto Marina D’Amelia, negli anni del Risorgimento si diffonde un nuovo modo di intendere la maternità: da semplice assunzione di status, essa prende la qualità di una vocazione e di una vera e propria missione.

Un potente contributo a questa trasformazione dovette sicuramente fornirlo il nuovo sentimento del legame madre-figlio, radicato in una esperienza inedita del corpo materno che si diffuse tra le donne appartenenti agli strati alti della società urbana ottocentesca. La novità fu l’allattamento al seno e la forte svalutazione culturale del baliatico; dell’abitudine cioè delle élite di mandare i bambini a balia presso famiglie contadine.

Le donne erano fortemente motivate a tenere i figli presso di sé e ad attaccarli al seno appena nati, con un gesto che era carico di intenzioni polemiche verso il modello femminile delle aristocrazie di antico regime.

Non solo la maternità eroica, dunque; l’esempio su tutti della madre di Giuseppe Mazzini, Maria Drago. Quel sentimento di confidenza tra madre e figlio, il calore dell’affettività che traspare da molte lettere di patrioti e combattenti risorgimentali alle loro madri, deriva proprio – e non è troppo azzardato crederlo - da questa nuova esperienza del corpo materno.


 

 
U. Borzino - Maria Drago Mazzini - dipinto - Museo del Risorgimento  - Genova  

Su queste basi si spiega anche l’importanza che la famiglia e in particolare la madre hanno nella trasmissione dei valori e nell’educazione morale di molti patrioti. Prima della scuola nazionale è infatti la famiglia il terreno privilegiato della socializzazione della gioventù ottocentesca al linguaggio e agli affetti della patria. È questo, ad esempio, il caso di Costanza Alfieri di Sostegno, moglie di Roberto Taparelli d’Azeglio e madre di Emanuele, ambasciatore di Cavour a Londra. Il loro carteggio dice della grande influenza morale da lei esercitata sul figlio.

In una società ancora tradizionale come quella italiana degli anni risorgimentali, la presenza femminile nella sfera pubblica passò prevalentemente attraverso la Chiesa e l’impegno femminile sul terreno dell’attività caritatevole. Anzi, un tratto distintivo della nuova religiosità cattolica dell’Ottocento è, se così si può dire, la forte politicizzazione del rapporto tra la Chiesa e le donne.

Alle donne la Chiesa affidò una parte rilevante della difesa della religione in una società che si sentiva minacciata dall’avanzata del liberalismo e dalle ideologie della modernità. Questa strategia ebbe un ruolo decisivo nel legittimare l’impegno pubblico femminile e contribuì a diffondere quel tono psicologico incline al “patetico”, al “lacrimoso”, in una parola, al “femminile”, che caratterizza in maniera così speciale la sentimentalità del secolo.

Furono innanzitutto le correnti caritatevoli e solidaristiche dell’età della Restaurazione e la diffusione di congregazioni religiose e sodalizi femminili impegnati sui terreni dell’assistenza, della cura e dell’educazione, a promuovere la presenza pubblica delle donne. Lo stereotipo femminile della «carità educatrice» ne agevolava e giustificava l’impegno innanzitutto sul terreno della nuova educazione popolare.

 


 

  Appello alle donne italiane della contessa Felicita Bevilacqua La Masa

Tra gli anni Trenta e Quaranta il movimento degli asili per i figli degli operai, promosso dal sacerdote lombardo Ferrante Aporti, costituì l’esperienza di mobilitazione civile più importante per le donne del medio e alto ceto in prevalenza dell’Italia centro-settentrionale, come ha ricordato di recente la storica Simonetta Soldani, e contribuì in maniera speciale a selezionare una nuova élite femminile, fatta di educatrici, scrittrici, intellettuali (tra le altre, Bianca Milesi Mojon, Luisa Amalia Paladini, e ancora Caterina Franceschi Ferrucci).

Nel 1834 Raffaello Lambruschini scrisse che le donne che si impegnavano nell’educazione del popolo non solo sarebbero cresciute nella considerazione di sé, ma avrebbero imparato a sentirsi cristiane e cittadine.


 

 
Ritratto di Anita - Musei Civici - Raccolta Bertarelli Milano  

Questo nesso si fece più stretto nel 1847, quando l’ascesa al soglio pontificio di Pio IX suscitò grandi speranze in tutt’Italia.

Sul terreno dell’entusiasmo guelfo, l’afflato pedagogico e solidaristico delle donne ebbe modo di saldarsi alla causa dell’indipendenza nazionale. Le occasioni dell’impegno si moltiplicarono e i simboli della passione nazionale affiancarono e in alcuni casi soppiantarono quelli della carità e della filantropia. Feste, canzoni patriottiche, coccarde tricolori, teatro e opera lirica, sottoscrizioni nazionali, definiscono le molteplici occasioni della nuova sfera patriottica di cui, alla vigilia della rivoluzione del 1848 e della guerra, le donne italiane diventano protagoniste a tutti gli effetti.

Sulle barricate, nell’esercito e tra i Mille le donne, anche se poche, furono presenti e protagoniste.

Giulia, moglie di Gustavo Modena, portò la bandiera dei volontari delle Venezie, mentre Colomba Antonietti pur di seguire il marito volontario si tagliò i capelli e si travestì da ufficiale dell’esercito. Cadde nel 1848 nella difesa del Gianicolo.

Anita Garibaldi, da parte sua, riuscì invece a mettersi in salvo con il marito dopo la caduta della Repubblica, ma la sua fuga si concluse nelle paludi di Comacchio. Jessie White, una donna inglese conquistata alla causa garibaldina, prese parte all’impresa dei Mille con il compito di organizzare gli ospedali da campo.


Schede collegate: La nascita della famiglia borghese; La nuova religiosità cattolica

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Eterna e colpevole

L’Italia dei romantici si declina al femminile. Nell’Ottocento il viaggio tradizionale delle aristocrazie europee in Italia cambia di segno. In un’Europa che si va facendo moderna, l’Italia rappresenta ciò che moderno non è. L’amore, tema centrale della nuova esperienza dei viaggiatori stranieri nella penisola, diventa l’occasione per un indagine più ampia sul costume e sul carattere degli italiani. Dal modo in cui amano gli italiani il discorso si sposta sulle cause della loro servitù. L’Italia è una nazione femmina, in cui anche gli uomini hanno la dolcezza e l’artificio del carattere delle donne, perché agli uomini in una nazione sottomessa sono preclusi la carriera militare e il libero confronto delle idee. Come potrebbero mai acquistare dignità e forza, si chiedono i viaggiatori del Nord?

Le pagine che pubblichiamo sono tratte dal romanzo di Madame de Staël, Corrine ou de l’Italie. Vi si tratta un tema che avrà un’ampia eco nel dibattito italiano, come si può vedere anche dai documenti successivi: i costumi sessuali delle élites della penisola.

M. me de Staël, Corinna o L’Italia (1807), Milano, Mondadori, 2006, pp. 141-155.

 

Emilio allattato al seno

La nuova sensibilità ottocentesca nei confronti dell’infanzia e in particolare del rapporto fisico tra madre e figlio, ha nell’Emilio di Rousseau il suo libro capitale. In quel romanzo pedagogico, i lettori ottocenteschi non trovarono solo l’indicazione di una nuova concezione dell’allevamento dei bambini, ma i principi di una politica, per essere più precisi del rapporto tra educazione dei costumi e forme politiche. Pubblichiamo di seguito alcune pagine del libro primo dell’Emilio che Rousseau dedica alla «puericultura» e una breve novella di Piero Borsieri, apparsa sulle pagine del «Conciliatore», dove è posto in maniera molto netta il confronto tra la nuova donna romantica e il vecchio stile di vita delle aristocratiche ancien règime.

J.-J. Rousseau, Emilio, Milano, Mondadori, 2009, pp. 16-24.

P. Borsieri, Storia di Lauretta (1819), in Il Conciliatore. Foglio scientifico-letterario, a cura di V. Branca, vol. II, anno II, gennaio-giugno 1819, Firenze, Le Monnier 1953, pp. 386-392, 402-408, 419-426.

 

La donna italiana

Moralizzazione del matrimonio, riforma dei costumi, rigenerazione, virtù da ristabilire: battendosi contro i matrimoni combinati e l’indifferenza coniugale, il romanticismo si oppone in realtà alla tradizione aristocratica nella morale familiare. Su questo terreno una nuova immagine della donna viene elaborata a partire dal secondo decennio dell’Ottocento. In questo scritto di Foscolo troviamo rappresentato un tentativo di fissare il problema politico della nazione sul terreno di una riforma del costume degli italiani.

U. Foscolo, Le donne italiane (1826), in Id., Opere, XII, Scritti vari di critica storica e letteraria (1817-1827), Firenze, Le Monnier, 1978, pp. 418-469.

 

Una protagonista

La discussione sulle donne giunge nei decenni centrali dell’Ottocento a individuare e segnalare i modelli della nuova donna italiana. Ne è un esempio il ritratto che pubblichiamo di Bianca Milesi Mojon, tracciato da Cattaneo nel 1854 e nel quale l’autore riconosce una testimonianza, tra le più importanti, del rinnovamento dei pensieri e dei costumi che la rivoluzione e il dominio francese hanno prodotto a Milano.

C. Cattaneo, Bianca Milesi Mojon (1854), in Id., Scritti letterari, editi e inediti, a cura di P. Treves, I, Firenze, Le Monnier, 1981, pp. 474-492.

 

Una voce femminile

La presenza delle donne sulla scena pubblica dell’Italia risorgimentale è segnalata tra l’altro dal consolidamento di un filone di scrittura femminile, fatta non più esclusivamente di verseggiatrici ma da intellettuali che intervengono sui più scottanti temi di attualità. Caterina Franceschi Ferrucci ne è un esempio. Pubblichiamo di seguito alcune pagine in cui l’autrice si rivolge alle donne, creature pensanti, scrive, ragionevoli e perfettibili.

C. Franceschi Ferrucci, Scritti letterari educativi e patriottici, Reggio Emilia, Collezione storico-letteraria Tipografia Editrice Guidetti, 1932, pp. 107-113, 114-126, 167-175.