» 02|La Giovine Italia  
 

Nel 1831 il fallimento delle insurrezioni nei Ducati di Modena e di Parma e nelle Legazioni pontificie – scoppiate come diretta conseguenza della rivoluzione del luglio 1830 in Francia – segnarono la crisi irreversibile, strategica e organizzativa, della Carboneria. Progetti unitari e repubblicani erano già stati prospettati, nel decennio precedente, nell’ambito dell’emigrazione italiana, ad esempio da Filippo Buonarroti, ma soltanto all’inizio degli anni Trenta del XIX secolo si diffuse l’idea, grazie soprattutto all’opera di Giuseppe Mazzini, che l’unità d’Italia dovesse conseguirsi attraverso un’effettiva guerra di popolo senza ricorrere alle cospirazioni settarie o ad accordi segreti con i principi.

Il 10 febbraio del 1831, Giuseppe Mazzini, dopo alcuni mesi di carcere, lasciò l’Italia e, nel giugno dello stesso anno, scrisse una lettera al re Carlo Alberto di Savoia, in cui chiedeva di stringere “a lega l’Italia” e di mettersi alla testa della nazione scrivendo sulla propria bandiera “Unione, Libertà, Indipendenza”.


 

 
Mazzini "fonda" la Giovine Italia  

Nel luglio del 1831, a Marsiglia, convinto che il re non avrebbe potuto fare quello che gli veniva richiesto, il genovese redasse l’Istruzione generale per gli affratellati della Giovine Italia. Nel documento, Mazzini condannò il ruolo svolto fino ad allora dalla Carboneria – definita come “un vasto e potente corpo ma senza capo” che era “priva non del sentimento nazionale, ma di scienza e logica per ridurlo in atto” – ed espose con chiarezza i valori dell’Associazione – libertà, uguaglianza, umanità – e gli obiettivi politici della Giovine Italia: unità nazionale, indipendenza e repubblica. La nuova associazione adottò come vessillo la bandiera tricolore, simbolo dell’unità italiana.

La Giovine Italia era segreta soltanto per i nomi degli affiliati, che dovevano scegliere un nome di battaglia, ma, a dispetto delle precedenti società segrete, aveva un programma pubblico per raccogliere intorno all’ideale di un’Italia unita, libera e repubblicana i giovani disposti a sacrificarsi per la diffusione della fede italiana. Caratteristica essenziale dell’opera di apostolato di Mazzini, infatti, era il legame inseparabile tra pensiero e azione e nessuna insurrezione aveva significato senza una fede che la ispirasse.

Gli affratellati dell’associazione erano divisi in iniziati e iniziatori, iscritti in congreghe provinciali composte ciascuna da 3 membri propagatori che facevano capo ad una congrega centrale che, dall’estero, dirigeva e coordinava le iniziative nelle varie città italiane. L’associazione ebbe anche un periodico, «La Giovine Italia», che fu annunziato nel novembre del 1831 come una «serie di scritti intorno alla condizione politica, morale e letteraria dell’Italia, tendenti alla sua rigenerazione». Del periodico, però, ne uscirono soltanto 6 numeri tra il 1832 e il 1834.

 
  G. Mazzini - "Fratelli miei! La Giovine Italia ha ricominciato il suo lavoro…" - Londra 30 aprile 1840 - manifesto

Nonostante ciò, a partire dal 1831, la Giovine Italia si diffuse rapidamente sia fra gli esuli che in Italia. Si formarono dei nuclei dell’associazione in tutta la penisola, dal Lombardo-Veneto al Granducato di Toscana fino al Regno delle Due Sicilie, ma l’obiettivo principale dell’azione mazziniana rimase il Regno di Sardegna dove la Giovine Italia riuscì a fare vasti proseliti, soprattutto nelle file dell’esercito.

Nell’aprile del 1833, però, l’azione cospirativa – che doveva allargarsi a tutti gli Stati italiani – fu scoperta e tutta la rete organizzativa dell’associazione venne distrutta. Nonostante ciò, nel febbraio del 1834, Mazzini progettò un nuovo tentativo insurrezionale imperniato, da un lato, su una spedizione di volontari che avrebbe dovuto penetrare in Savoia dalla Svizzera e, dall’altro, da un’insurrezione a Genova a cui avrebbe dovuto partecipare anche Garibaldi, in quel momento marinaio di terza classe della Regia marina sarda. Anche in questo caso il tentativo insurrezionale ebbe un esito fallimentare e la serie di arresti che seguirono – Garibaldi, latitante, fu condannato a morte e riuscì a fuggire a Marsiglia – insieme alle critiche dei vecchi rivoluzionari come Buonarroti, segnarono il declino della Giovine Italia.

Dopo la breve parentesi della Giovine Europa – fondata da Mazzini il 15 aprile del 1834 a Berna e che cessò le proprie azioni nel 1836 – l’esule genovese, rifugiatosi a Londra, alla fine del 1838 riprese l’antico progetto della Giovine Italia fondando alcune congreghe, la più importante delle quali si trovava a Parigi, e un giornale l’Apostolato popolare.

L’azione politica mazziniana ispirò, pur senza curarne direttamente l’organizzazione, alcuni sfortunati tentativi insurrezionali, il più noto dei quali è, senza dubbio, quello organizzato, nell’estate del 1844, dai fratelli Attilio ed Emilio Bandiera che si concluse con l’ennesimo fallimento e la condanna a morte di ben otto protagonisti, tra cui i fratelli Bandiera. Nel 1848 Mazzini sciolse definitivamente la GiovineItalia e, il 5 marzo 1848, fondò l’Associazione Nazionale Italiana.

Documenti
 

Il programma della Giovine Italia

Il documento riprodotto è la prima formulazione del programma della Giovine Italia scritto da Giuseppe Mazzini, esule a Marsiglia, nel luglio del 1831. L’associazione è un’associazione tendente «ad uno scopo d’insurrezione» ma anche «essenzialmente educatrice» e si propone di costruire un’Italia unita, indipendente, sovrana e repubblicana.

G. Mazzini, Istruzione generale per gli affratellati nella “Giovine Italia”, in G. Mazzini, Scritti politici, a cura di T. Grandi e A. Comba, Torino, Utet, 1972, pp. 164-172.

 

Il Manifesto della Giovine Italia

Nel 1831 viene pubblicato il Manifesto della Giovine Italia che sottolinea la centralità dell’idea repubblicana e democratica, la polemica con l’alta gerarchia del clero, l’abolizione dell’aristocrazia, la promozione dell’istruzione pubblica e il riconoscimento dei diritti del cittadino e dell’uomo. Il documento riprodotto evidenzia, inoltre, sia la centralità della dimensione educativa che la “spiritualità” del pensiero di Mazzini secondo il quale ogni rivoluzione è prima di tutto un fatto spirituale.

G. Mazzini, Manifesto della “Giovine Italia”, in G. Mazzini, Scritti politici, a cura di T. Grandi e A. Comba, Torino, Utet,1972, pp. 173-179.