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  Margherita Hack nell'Osservatorio Astronomico di Trieste, 1961 - © Olycom-Publifoto

"Cosa vuoi fare da grande?": alla più classica (e banale) delle domande, sono ancora poche le bambine italiane che rispondono "la scienziata".

Eppure negli anni, una volta cresciute, alcune intraprendono questa strada, smentendo nei fatti lo stereotipo – ancora ben radicato –  secondo cui esisterebbe una estraneità biologica tra mente femminile e scienza.

Nella storia del nostro Paese, infatti, non v'è solo la neurobiologa Rita Levi Montalcini – anche se certo ella resta la sola scienziata italiana ad essere stata insignita del Nobel.

Sebbene per la gran parte invisibili, infatti, altre italiane hanno scelto di dedicare la propria vita alla ricerca collaborando al progresso scientifico, nonostante le enormi difficoltà che, quotidianamente, hanno  incontrato. Basti pensare che all’apertura delle università alle donne, la prima laureata d’Italia fu proprio una scienziata: si chiamava Ernestina Paper e nel 1877 ottenne la laurea in medicina all’Università di Firenze.

Alcune scienziate impossibilitate ad esercitare furono costrette a reinventarsi. Fu il caso di Ginestra Amaldi (moglie di Edoardo): laureata a Roma in astronomia, avrebbe voluto fare ricerca a via Panisperna, ma il misogino Corbino non voleva donne in Istituto. Il colpo fu duro, ma Ginestra - testimone diretta dei rapidissimi sviluppi della fisica – decise di scrivere un libro di divulgazione scientifica con Laura Capon, moglie di Enrico Fermi. Fu solo l’inizio: arrivarono poi altri libri, la televisione e la radio. Spiegando la scienza al pubblico, brillante divulgatrice scientifica, Ginestra Amaldi finì per diventare più nota del marito.

Con quante scelsero di non mollare, il fato, invece, non sempre fu benigno. Tante, infatti, si sono ritrovate al di fuori della scienza ufficiale, restando tutta la vita nell'ombra a lavorare per mariti, fratelli o padri, divenuti poi celebri. Le scienziate del passato quasi mai erano citate nelle pubblicazioni scientifiche, e fu così facile per loro scomparire letteralmente dalla storia del nostro Paese. Non solo, ma alle poche che riuscirono a emergere con il loro nome e il loro volto, accadde spessissimo che – insieme alle straordinarie capacità – venisse costantemente rimarcata anche l'eccentricità del loro comportamento. Un tentativo maldestro e volgare di smorzarne la genialità.

Per lo più, infatti, non si trattò di vite eccezionali, se non nella caparbia determinazione di perseguire il proprio oggetto di studio e le proprie ricerche. Come dire, la propria
vocazione.
 

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