» Origo Iris  
1902 - 1988
 


 

 

Il padre di Iris Origo, William Bayard Cutting jr., discendeva da una famiglia americana di mercanti, imprenditori, finanzieri, ma scelse la diplomazia e divenne segretario dell’ambasciatore degli Stati Uniti a Londra dove conobbe e sposò Lady Sybil Cuffe, figlia di un Lord anglo-irlandese. Era colto, ricco, intelligente, ma aveva il “mal sottile”.

Fra la prima diagnosi e la morte passarono nove anni che il giovane William impiegò in buona parte alla ricerca del luogo e del clima in cui i suoi poveri polmoni gli avrebbero dato un po’ di respiro. Iris nacque in Inghilterra nel 1902 e ricevette da lui la sua prima formazione culturale. Il padre le raccontava una storia, le insegnava una poesia o recitava le battute di un dramma shakespeariano e le chiedeva di ripeterle ad alta voce nel momento in cui si affacciava sulla porta di una stanza.

Era un gioco, ma era anche l’inizio di una severa educazione letteraria. William morì in Egitto nel 1909, ma in una lettera alla moglie, poco prima della morte, chiese che Iris venisse allevata «libera da tutto questo sentimento nazionalistico che rende la gente tanto infelice. Adesso deve essere inglese, così come sarebbe stata americana se io fossi vissuto e tu no. Ma vorrei che fosse anche un poco, così da essere, quando sarà cresciuta, veramente libera di amare e sposare chiunque vorrà, di qualsiasi paese, senza difficoltà».

Non sappiamo se la madre di Iris, quando comprò la splendida villa dei Medici sulla collina di Fiesole, abbia obbedito a queste raccomandazioni o più semplicemente al desiderio di avere una piccola reggia accanto a una delle città più belle del mondo. Sappiamo che Iris, dopo avere perduto il suo primo maestro, crebbe per molti anni fra Lord inglesi, ricchi turisti, poeti, musicisti, collezionisti, geniali dilettanti e uno stuolo di governanti svizzere, francesi, tedesche. Poche ragazze della sua età ebbero la fortuna di ascoltare la conversazione di Bernard Berenson, Edith Wharton, Axel Munthe e Compton Mackenzie. A questi maestri cosmopoliti, tuttavia, preferì i suoi insegnanti italiani.

Con la signora Ines Signorini lesse Pinocchio, Cuore, Le mie prigioni, i versi di Pascoli e di Manzoni. Con il professor Solone Monti, geniale latinista e grecista, lesse Omero, Virgilio, Dante. La Grande guerra, nel frattempo, forzava le porte di Villa Medici. Per Iris cominciò nell’ottobre del 1917 quando un altro insegnante italiano, il professor Vaccari, «comparve in ritardo per la lezione, con un’aria sconvolta e triste». Veniva dalla stazione, dove aveva dato una mano ad accogliere i profughi veneti che erano fuggiti dai loro paesi dopo la rottura del fronte a Caporetto, e chiese «qualche coperta, vestiti caldi, stivali, cibo, qualunque cosa». Quando Iris riempì una stanza di cibo e indumenti, Vaccari le disse bruscamente: «Non la ringrazierò, ma se sua madre lo permette, la porterò con me». Durante quella notte, passata «ad avvolgere nelle coperte bambini addormentati e infreddoliti», Iris trovò una patria. Non smise mai di essere «anglo-americana» ma si liberò dell’elegante cosmopolitismo di Villa Medici e «mise radici».

L’amore ebbe la sua parte. Tre anni dopo incontrò «un giovanotto ventottenne, alto, bruno, riservato e dotato di una buona dose di fascino». Era Antonio Origo che avrebbe sposato a ventidue anni. Comperò con il marito 1400 ettari nella val d’Orcia, in una delle zone più povere della provincia di Siena, e passò dalla elegante dimora rinascimentale di Fiesole a una specie di Medioevo arcigno, duro e austero. Era medioevale la casa in cui decisero di abitare: una fattoria-locanda, concessa in feudo, con le terre circostanti all’ospedale senese di Santa Maria della Scala. Ed era medioevale il Castelluccio, comprato nel 1934.

In pochi anni Iris e Antonio dissodarono i campi, restaurarono le case coloniche, piantarono i cipressi, crearono asili e ambulatori. La locanda divenne una villa e si arricchì di un grande giardino, disegnato con una felice combinazione di gusto italiano e stile inglese. Ma non fu mai “Villa Medici” e rimase sempre il “quartier generale” di una tenuta agricola. Un amico di casa, Compton Mackenzie, previde per Iris, quando era ancora bambina, «un nome nella letteratura». Aveva ragione. La giovane proprietaria terriera era una scrittrice e i lettori lo scoprirono quando apparve la prima di una fortunata serie di biografie storiche. Il grande ritratto di Leopardi, quello di San Bernardino da Siena, la tempestosa esistenza di Cola da Rienzo, gli amori pisani e veneziani di Byron e la vita di Marco Datini, “mercante di Prato”, hanno alcuni caratteri comuni. La materia del racconto è prevalentemente italiana, ma ogni libro è scritto con la finezza letteraria e l’acume psicologico di cui gli inglesi danno prova, dall’epoca di James Boswell e Samuel Johnson, quando ricostruiscono un personaggio storico.

I libri di Iris, tuttavia, non sono soltanto gradevoli e leggibili. Dietro lo stile elegante e il gusto per la narrazione storica si nascondono una solida documentazione e una straordinaria precisione filologica. Dopo la lettura del Mercante di Prato, gli storici capirono che nessuno, da quel momento, avrebbe potuto occuparsi di commercio europeo fra Trecento e Quattrocento senza consultare il libro di Iris Origo. Accanto agli studi storici aveva una straordinaria capacità di osservare e descrivere le persone, umili o importanti, con cui aveva rapporti di amicizia e familiarità. Ne dette una prima prova in un diario del periodo fra il 1943 e il 1944, apparso a Londra nel 1947 (Guerra in Val d’Orcia), che è tuttora uno dei documenti più vivi e umani apparsi sulla seconda guerra mondiale. Più tardi capì che alcune delle persone incontrate durante la sua vita non meritavano meno attenzione di quella che aveva dedicato a grandi personaggi.

Cominciò così una fase letteraria in cui i profili biografici diventano più agili e s’inseriscono in un genere che potrebbe definirsi di memorialistica personale e civile. La prima di tali opere è l’autobiografia, apparsa a Londra nel 1970: ritratto di una famiglia, affresco di un’epoca e, per molti aspetti, “romanzo di formazione”. Il secondo è Bisogno di testimoniare, apparso all’inizio degli anni Ottanta, in cui parlò di quattro persone che avevano avuto, direttamente o indirettamente, una parte nella storia politica italiana della prima metà del Novecento: Lauro de Bosis, Ruth Draper, Gaetano Salvemini, e Ignazio Silone. Il terzo, infine, è L’amica, apparso nel 1988. Il protagonista è Elsa Dall’Olio che fu crocerossina durante la Grande guerra e si dedicò da allora, con Umberto Zanotti Bianco, al risana mento del Mezzogiorno.

Ma il libro di Iris Origo si allarga per cerchi concentrici sino a comprendere tutta la rete di amicizie che Elsa e Iris tessevano instancabilmente intorno a se stesse: Salvemini, Zanotti Bianco, Giovanni Cena, Gianni Stuparich, Giovanna Benzoni, Umberto Morra, Bernard Berenson, Marguerite Caetani, Manara Valgimigli, Don Celso Costantini, Don Orione. Mentre Immagini e ombre è un omaggio alla sua grande famiglia anglo-americana, L’amica è un tributo alla grande famiglia italiana che Iris costruì nel corso della sua vita. E fu scritto, per rendere l’omaggio ancora più gradito, in italiano. Prima di morire suo padre aveva espresso la speranza che non sarebbe cresciuta in un clima nazionalista. Con la sua vita e la sua opera letteraria Iris Origo ha dimostrato che nulla vieta a una persona intelligente di amare contemporaneamente tre paesi: l’Inghilterra, l’America e l’Italia.

Sergio Romano