» Valla Ondina  
1916 - 2006
 


 

 
© Farabolafoto, Milano  

Aveva un nome che sembrava inventato da D’Annunzio: Ondina; che, insieme al cognome, Valla, evoca un’idea di morbido ma continuo movimento, già quasi l’anticipo di un destino. Illusione che svapora subito dinanzi alla prosa del dato di cronaca: Ondina altro non era che l’abbreviazione del bizzarro Trebisonda, impostole in quel 20 maggio 1916 che la vide nascere, a Bologna, da un padre che vagheggiava la turca Trabszonospor come capitale di tutte le meraviglie del mondo. Un nome, dunque, da calviniana città invisibile.

Il talento di Ondina, per contro, era visibilissimo: sontuosamente dotata dalla natura per la corsa veloce e i salti, primeggia tra tutte le italiane di regime già a soli 13 anni, nel 1929, subito eletta dal fascismo, ansioso di icone che confermino la supremazia della razza italica, a dea con “il sole in un sorriso”. Poi, che sia una sportiva a fare grande quell’Italia dove Mussolini impone di circoscrivere il destino femminile essenzialmente all’identità biologica della procreazione può meravigliare, considerato che a essere esaltata, nel suo caso, è una fisicità fatta di forza, rapidità e destrezza, ma il regime ha fame di eroi, e comunque Ondina Valla resta un caso davvero isolato.

Il fascismo per lo sport significa un’attenzione particolare, strutture, tempo e accurati programmi di allenamento, soprattutto in vista di impegni internazionali in cui un paese che pretende di dare del tu alle superpotenze e di sedersi al tavolo dove si decidono i destini e le spartizioni del mondo non può sfigurare. Così, protetta e privilegiata dal regime, Ondina Valla ottiene risultati sempre più lusinghieri in varie specialità: corsa piana, a ostacoli, salti. E il suo giorno di gloria sboccia il 6 agosto del 1936.

Sono le olimpiadi di Berlino, quelle organizzate da Hitler per celebrare la potenza di una Germania dominatrice e che invece faranno conoscere al mondo un atleta americano di colore: Jesse Owens. Ondina Valla ha scelto la specialità degli 80 metri a ostacoli. I risultati delle semifinali, in cui le è riuscito di eguagliare il record del mondo di 11”6’ le hanno dato ragione.

Sulla pista dell’Olympiastadion la finale è mozzafiato: insieme a Ondina arrivano sul traguardo altre tre atlete. Occorre la verifica del fotofinish, che all’epoca si chiamava zielzeitkamera. Il trionfo di Ondina, già avvertito a occhio nudo, è netto: il suo tempo di 11”7’ le accredita 61 centesimi di vantaggio sulla seconda, la tedesca Steuer. Piuttosto, la delusione è per l’altra italiana, Claudia Testoni, avversaria di sempre della Valla, che passa dalla gioia del terzo posto all’amarezza del quarto che le toglie il bronzo, finito invece alla canadese Taylor.

Se la Testoni avrà come consolazione il titolo europeo di due anni dopo e come vendetta assai poco sportiva la decisione di togliere il saluto a Ondina, la Valla continuerà a gareggiare a livelli di eccellenza ancora a lungo, ormai preceduta dalla gloria di unica medaglia d’oro olimpica femminile e coprimatista mondiale con quell’11”6’ ottenuto in presenza di vento ma comunque valido, perché risultati “ventosi” (più di 2 metri al secondo) all’epoca erano omologabili.

Nel suo curriculum di atleta eletta da straordinarie doti naturali ci sono anche numerosi titoli italiani: sei sugli 80 ostacoli, due sui 100 metri, uno sui 60, uno di staffetta 4x100, cinque di salto in alto e uno di salto in alto da fermo (disciplina ormai scomparsa). Infine, a conferma del suo eclettismo, un trionfo nel pentathlon, nel 1935.

Aurelio Magistà