» Whitaker Tina, Delia e Norina  
Tina 1858 - 1957 – Delia 1885 - 1971 – Norina 1884 - 1954
 


 

 
Fotomontaggio. Da sin. Delia, Norina e Tina - Foto cortesia Archivio Fondazione Giuseppe Whitaker  

La Palermo fin de siècle è rimasta nella mitologia dei palermitani come uno dei momenti più felici della loro storia, annoverata tra le glorie patrie, come i parlamenti normanni e i vespri siciliani. L’aristocrazia europea ne fece in verità una delle sue stazioni più esclusive ancora nei decenni del primo Novecento e la presenza di una nutrita colonia inglese ne accentuò il tono cosmopolita. Nelle più famose ville urbane e suburbane furono ospiti Wagner e Mussolini, il Kaiser e Edoardo VII, l’imperatrice Eugenia e la regi na Mary e tanti altri ancora, sullo sfondo di un mondo che sarebbe sopravvissuto fino alla seconda guerra mondiale.

La nostra storia comincia all’inizio dell’Ottocento con l’arrivo nel 1806, al seguito delle truppe inglesi durante le guerre antinapoleoniche, di Benjamin Ingham che intravede le possibilità offerte dal vino dell’area di Marsala – così simile al Porto – che impone in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, accumulando una grande fortuna. Alla sua morte, nel 1861, gli succede il nipote Joseph Whitaker senior, da cui discendono tutti gli altri. Il figlio Joseph junior, familiarmente Pip, ornitologo, studioso di botanica, appassionato archeologo (a lui si devono l’acquisto e gli scavi dell’insediamento punico nell’isola di Mozia), nel 1883 sposa Tina (1858-1957), la giovane figlia del colonnello Alfonso Scalia e di Giulia Anichini, coppia di ardenti e squattrinati patrioti, esuli in Inghilterra nel periodo preunitario.

Tornati in Italia dopo l’impresa garibaldina – Scalia è intanto divenuto colonnello dell’esercito regolare – vivono a Palermo, a Messina, a Napoli, a Parma, a Cuneo, finché non si ritirano nella natia Palermo. Qui Tina, voce da soprano e buona educazione, incontra Pip e sceglie di diventare la moglie di un giovane potenzialmente ricchissimo, piuttosto che la carriera operistica per la quale si stava preparando (canta davanti a Wagner pezzi dal Lohengrin. «Mi pare ancora di vedere il maestro accanto al pianoforte: fu così soddisfatto della mia interpretazione da balzare in piedi e richiedermi il bis, cosa che mi imbarazzò moltissimo» – scrive nel diario). Dopo una breve permanenza a Marsala, la coppia si stabilisce nel 1889 a Villa Malfitano; nel frattempo erano nate Norina (1884-1954) e Delia (1885-1971).

La Villa con il suo esotico parco fa parte della rete di artistiche residenze dei Whitaker che in quegli anni costellano la città, insieme a Villa Sofia, casa di Robert e Maude e alla villa tardogotica di via Cavour di Joshua e Euphrosyne.

L’arredamento viene acquistato in Inghilterra, dove i padroni di casa fanno frequenti puntate per rifornirsi di tappeti, mobili e capi di abbigliamento e importa no altresì l’uso dei garden parties con grandi tende montate nei parchi e sontuose tables-à-thè colme di prelibatezze; coltivano e diffondono la passione per il tennis, il maneggio e la vela; contribuiscono con la colonia inglese alla edificazione della chiesa anglicana della città. La loro vita è solo apparentemente un ozio dorato, consumato tra Fiuggi, Roma, Monaco, Venezia: la tensione, l’impegno e la fatica si legge nelle loro lettere e nei diari, la coazione alla mondanità, la gara tra famiglie e l’impegno a tessere e mantenere rapporti sociali sembrano assorbire completa mente le energie di queste donne.

L’impegno principale di Tina è rivolto verso un’adeguata sistemazione matrimoniale delle due ragazze, riversando su di loro le sue ambizioni e le frustrazioni artistiche di cui il diario reca ampie tracce. «Sono rassegnata a non essere nessuno – scrive nel 1895 – a non aver creato nulla, a non aver fatto niente di ciò che la gioventù e l’energia mi inducevano a sognare. Mi accontento di proiettarmi nel futuro attraverso le mie figlie e nel presente in mia madre. Mio marito non ha bisogno di me». Questa proiezione condiziona pesantemente la scelta del marito per le ragazze a cui faceva da chaperon per consentire che frequentassero i balli e le serate di gala.

A Londra Norina viene presentata a corte, senza badare a spese. Ma più il tempo passa «più loro sono di difficile contentatura» e i pretendenti sempre più ispirati da motivi di interesse. Madre e figlie sembrano orientate nella ricerca di un medesimo modello ideale di matrimonio che coniughi amore e denaro, l’appartenenza ad un nobile lignaggio, una passione disinteressata e un’età conveniente, nessuna fama di donnaiolo o di giocatore e possibilmente un bell’aspetto. L’assenza di uno di questi requisiti fa scartare uno dopo l’altro i pretendenti di Norina che, essendo la primogenita, deve sposarsi per prima.

Le richieste diventano esagerate man mano che le ragazze invecchiano. «Mais pour vous vos filles sont une idée fixe!» viene rimproverato a Tina, mentre Norina comincia a soffrire di asma quando non riesce a risolversi di fronte a un pretendente. Nel 1918 scrive sul diario: «Come madre il mio è stato un fallimento. Le ragazze non si sono sposate. Non sono felici».

Nel 1921 entra nella loro vita il generale Antonino Di Giorgio, parlamentare nel 1913, interventista, con un grande stato di servizio per essersi distinto in colonia e durante la guerra; si innamora di Norina, ne vince le resistenze e la sposa l’anno successivo.

Il generale ha 54 anni, la sposa 37. La coppia si trasferisce a Roma per gli impegni del generale che nel 1924 diventa ministro della Guerra di Mussolini (ma già nel 1928 rompe con il regime e si ritira a vita privata). Norina si ammala di “alterazione ormonale”, mentre aumentano le sue ossessioni che diventano fobie per i batteri, per la salute e per la pulizia: le sue lettere alla madre e alla sorella sono dei veri bollettini medici su insonnia e placche alla gola, tosse e gorgoglii dei bronchi, febbri e stanchezza. E Delia che non si sposa più le fa «da balia», come scrive il generale, finché sarà sposata e da governante e infermiera quando nel 1932 resterà vedova. La assisterà fino alla morte (nel 1954, all’età di 70 anni) insieme alla madre (che muore nel 1957 a 99 anni), realizzando quello che ha sempre ritenuto un suo dovere.

Il “sistema inglese”, il modello matrimoniale incentrato sulla libera scelta del partner, si somma nel nostro caso con la spinta al “matrimonio come si deve”: Tina, che condivide il sentimento ansioso dell’epoca del “non ci si sposa!”, rappresenta la somma dei due modelli: la libera scelta sentimentale che pretende le figlie realizzino deve avere anche tutti i requisiti di contorno tipici dei matrimoni combinati.

Nella difficoltà di sommare i due modelli sta la “difficile contentaura” delle due ragazze, il matrimonio tardivo e sterile di Norina e il nubilato definitivo di Delia. Mentre Joseph, disinteressato ai riti e alle lunghe trasferte mondane, inseguiva i suoi sogni e praticava i suoi interessi imprenditoriali, archeologici, ornitologici per lo più lontano dalla famiglia.

Delia muore a Palermo nel 1971, appena compiuti 86 anni. Lascia un patrimonio cospicuo, parte in opere benefiche, destinate soprattutto all’infanzia abbandonata, altri beni, tra cui l’isola di Mozia, l’annesso museo e Villa Malfitano, conservati il più possibile nel loro stato originano, divengono patrimonio della Fondazione Joseph Whitaker, tra i cui scopi c’è la promozione dello studio e della conoscenza della cultura punica nel Mediterraneo.

Giovanna Fiume