» Genni (Jenny Wiegmann Mucchi)  
1895 - 1969
 


 

 

La carriera artistica di Genni, nata a Spandau con il nome di Jenny Wiegmann, presenta una serie di fratture che corrispondono a tre periodi diversi che alla fine si ricompon gono nella mostra Esistere come donna (Milano, 1983), per quella capacità tutta femminile di sapersi rinnovare.

La prima formazione artistica in Germania ha punti in comune con quella di Kathe Kollewitz, una medesima frequentazione di scuole private, prevalentemente femminili, dove l’insegnamento si basava sul disegno e sulla grafica, ma la Wiegmann predilige fin da giovane la scultura e segue i corsi dello scultore August Kraus, basati sulla approfondita conoscenza dell’arte greco-romana, considerata “norma e modello”. Dal 1919 al ‘23 segue a Berlino un corso di scultura in legno, tecnica che per antica tradizione perseguiva una linea di realismo.

Del 1920 è la famosa terracotta Testa maschile (Berlinische Galerie), gelidamente classica ma “stilizzata” e moderna; dal ‘25 al ‘30 crea una serie di sculture di cui la più famosa è il “San Gregorio” che fu esposto in Vaticano nella mostra missionaria; sposa lo scultore tedesco Berthold Muller e insieme partecipano a molte mostre, tra cui la Secessione berlinese, ma pur conoscendo l’avanguardia espressionista tedesca non ne fa parte.

Dal 1930 Genni è a Parigi, mentre a Berlino, dalla caduta del governo Bruning, dopo le tre elezioni nazionali del ‘32 si arrivava all’incendio del Reichstag. L’ascesa al potere di Hitler aveva distrutto il mondo artistico totalmente, a Parigi la Wiegmann frequenta casualmente in particolare l’ambiente degli italiani di Parigi: Severini, De Pisis, Savinio, De Chirico; nel 1933 sposa Gabriele Mucchi, architetto e pittore italiano, e con lui si trasferisce a Milano. Mucchi aveva partecipato alla mostra del Novecento del ‘29, l’esposizione in cui lo schieramento novecentista si era allargato fino a comprendere pittori di varie città italiane e di vari schieramenti.

Mucchi era con i giovani, Menzio, Paulucci e Lilloni. Il Novecento non ha prevalso e nel 1933 la situazione italiana è molto fluida. Il nuovo ambiente milanese è determinante per Genni, che era già stata presentata al pubblico italiano dal bell’articolo di Gino Severini sulla rivista Corrente e partecipa alla Triennale del 1933 con la scultura in cemento Fanciulla nel sole.

Quella Triennale, che potremmo dire di Sironi, rimase in tutti i campi storica, per la scultura si hanno anche altre opere in cemento, materiale povero, trattato dagli architetti, che ben rispondeva alle esigenze di una poetica espressionista. Sia Fontana che Sironi scolpivano il cemento. Molti giovani che avevano esposto alla Triennale si ritrovarono nel gruppo di Corrente, gruppo che si era formato a Milano attorno alla rivista. Lo studio di Mucchi e di Genni a Milano fu uno dei punti di ritrovo di letterati e artisti e in particolare degli artisti del realismo di Corrente.

«Figurativo e non figurativo non sono in sé termini irriducibili, ma dialettici, in quanto uno può entrare nell’altro e viceversa. Ciò che conta è la verità finale» (da una pagina del diario di Guttuso del 1939). Nel 1939 la situazione era di fatto come la descriveva Guttuso. Partendo dalle discussioni sulle tendenze artistiche il discorso finiva sulla politica artistica e proprio dai Guf nasce va, nel campo dell’arte, la prima fronda al regime.

Nel 1940 la rivista Corrente veniva soppressa e l’intervento censorio funse da acceleratore del movimento di denuncia e di polemica del gruppo. Genni, Mucchi, come molti altri, nel corso della guerra furono partigiani, portando nella vita la carica morale della loro arte. Genni, essendo artista e tedesca aveva prima degli italiani vissuto il suo dramma politico. Dopo la guerra, opera tra Berlino e Milano, ma sempre più ricerca le sue radici in Germania, e in particolare nella Germania dell’Est, sulla linea del fronte della guerra fredda.

La sua lotta si concentra contro il nuovo nemico: la rimozione storica. La sua opera è caratterizzata dall’impegno politico, come i titoli delle sue opere dimostrano: il Ritratto di Rosa Luxemburg, terracotta del 1956, Fuoco in Algeria, Donne algerine, Anno 1965 e II grido, due sculture dedicate al dramma vietnamita. A Milano, dove insegna a una scuola d’arte la tecnica del lavoro a sbalzo su metalli, esegue oggetti preziosi e le cinque figure per il Monumento dei partigiani caduti, di Bologna. Nella mostra L’altra metà dell’Avanguardia curata da Lea Vergine (1990) la Wiegmann è giustamente riconosciuta come una protagonista dell’avanguardia.

Rosanna Barbiellini Amidei