» De Filippo Titina  
1898 - 1963
 


 

 
Titina De Filippo mentre recita nella compagnia del fratello Eduardo - © archivio Bruni-Archivi Alinari, Firenze  

Forte già nei tratti del volto, dura, aspra e fiera, Titina De Filippo è figlia illegittima – con i fratelli Eduardo e Peppino – di Eduardo Scarpetta, attore e drammaturgo napoletano.

Attrice di grandissimo spessore, fu anche autrice di poesie e di lavori teatrali apprezzabili, tra i quali: Mariantonia e l’educazione, Era lei si, si (nel 1929), Vih cha m’ha cumbinato sorema (nel 1930) e Virata di bordo (nel 1960).

Più che lo status di figlia d’arte, a formare la sua personalità è quello di figlia “bastarda”, cosa che nei primi anni del Novecento costituiva un peso di enorme gravità, per vincere il quale bisognava avere un fortissimo temperamento, oppure svilupparlo. Come ricorda Peppino De Filippo in Una famiglia difficile essere una figlia illegittima significava «esser considerata, dalla inciviltà di alcune leggi cattoliche del nostro paese, una figlia falsa. A scuola, in chiesa, le avrebbero insegnato a vergognarsene pur riconoscendo di non averne una colpa, è a meravigliarsi e poi sconcertarsi alla vista di due “enne” inesorabilmente segnate sul primo rapportino di scuola».

Ancor più sorprendente, nel quadro sociale in cui muove i primi passi, è il modo in cui riesce a costruire la propria autostima di donna. La famiglia De Filippo sembra improntata sul patriarcato più inossidabile e l’unico riferimento femminile – Luisa De Filippo, la madre e nipote del padre – è una donna mite e accondiscendente che accetta le brevi visite quotidiane di Scarpetta, pretendendo da parte dei figli, la massima devozione nei suoi riguardi.

Unica attenzione – messe da parte quelle morbose riservate, come al fratello Peppino, probabilmente anche ad Eduardo e Titina ancora bambini – è l’insegnamento del pianoforte. Alla piccola Titina bisogna assicurare un avvenire a tutti i costi e quello musicale sembra il più efficace.

Ma ben presto in Titina avviene una ribellione, per piccoli passi, quasi sottovoce, una ribellione che le è connaturata, indispensabile e che si manifesta nella difesa del suo diritto a vivere, ad esserci, nella famiglia prima e nel lavoro poi. E così, già in giovanissima età acquisisce il diritto ad accompagnare la madre a teatro dando chiaro segno di voler seguire una strada il cui fascino non può restarle estraneo.

Il debutto in teatro avviene ancora bambina, in un ruolo maschile, quando, all’età di sette anni interpreta la parte di Peppeniello nella commedia Miseria e nobiltà dello stesso Scarpetta, personaggio che costituisce il banco di prova per tutti i figli d’arte dell’epoca. Da allora si può dire che non ha mai più lasciato il palcoscenico cimentandosi con incredibile disinvoltura nella recitazione e nel canto, nei ruoli drammatici e in quelli brillanti.

Dopo l’esordio nella compagnia di Vincenzo Scarpetta Titina recita e canta per molti anni nella compagnia di rivista del Teatro Nuovo di Napoli, diretta da Gennaro Di Napoli, nella quale, però, copre sempre ruoli minori non incarnando quella bellezza muliebre cui il pubblico dell’epoca non sapeva rinunciare.

Ventenne, è già dotata di quella voce spiccatamente teatrale, chiara e aperta che la contraddistinse sempre eppure viene considerata semplicemente una “ragazza simpatica” ma, come ricorda ancora il fratello Peppino, «quei suoi occhietti bruni e lampeggianti di furberia e malizia, quel suo sorriso che le segnava sulle gote due fossettine a volte sbarazzine, erano le sue personali simpatie e il destino per sua fortuna, che meglio conosceva le sue vere doti artistiche di grande attrice le aveva serbato ben altro successo».

È quando si unisce ai due fratelli che raggiunge le più alte vette della recitazione e del successo, con consensi unanimi. Un primo tentativo di formare una compagnia viene fatto da Eduardo nell’estate del 1930, il complesso viene chiamato “Teatro umoristico di Eduardo De Filippo con Titina e Peppino”, dopo un breve rientro dei fratelli nella Compagnia Molinari, hanno un piccolo debutto al Teatro Nuovo di Napoli; e successivamente al Teatro Palazzo di Montecatini.

Dopo questi primi timidi tentativi il vero e proprio debutto della Compagnia avviene a Napoli il 25 dicembre 1931 con Natale in casa Cupiello, al Teatro Kursaal. I tre fratelli attraversano vicende alterne, legate alla povertà e all’esiguità di pubblico, soprattutto in tempo di guerra, per il rischio dei bombardamenti prima e per il coprifuoco poi. Eduardo e Peppino, di dichiarate posizioni antifasciste, rischiano di essere deportati al nord, ma si salvano grazie a Totò, loro compagno di gavetta, che corre ad avvertirli del pericolo comune.

I rapporti con i fratelli non furono sempre dei migliori, la scontrosità di Titina cozza con il temperamento aggressivo e a volte crudele di Eduardo che in più occasioni limita le sue possibilità espressive e le fa pesare i suoi limiti estetici: resta nota la terribile risposta che le diede, nell’affollato foyer del teatro Sannazzaro di Napoli in seguito alle sue lamentele per aver scritturato una giovane e bellissima cantante: «Ma che pretendi? – le urla lui – Ti vuoi mettere con quella? Tu sei brutta!».

Nel ‘38, stanca delle continue aggressioni psicologiche e del malcelato astio di Eduardo nei confronti del marito – l’attore Pietro Cartoni – Titina lascia la compagnia al teatro Politeama Margherita di Genova gridando: «Basta! Me ne vado! Non voglio starci più».

Passano parecchi anni prima che avvenga il ricongiungimento celebrato nel migliore dei modi: è infatti soprattutto la splendida interpretazione di Titina a decretare il grande successo di Filomena Maturano, il maggior capolavoro scritto da Eduardo.

Nel 1953, dopo l’inaugurazione del Teatro San Ferdinando, Titina comincia ad accusare i primi sintomi della grave malattia cardiaca che la costringerà ad abbandonare il teatro e dalla quale non si riavrà più.

Dover lasciare il teatro così all’improvviso e in giovane età è per Titina inevitabilmente una tragedia, trascorre gli ultimi anni in lunghe ore di ozio, in cui nascono i suoi collages molto apprezzati nell’ambiente artistico dell’epoca e circolati in numerose mostre.

A questo ultimo guizzo di creatività subentra una progressiva crisi di coscienza che approda ad un certo eccesso mistico, che la porta a circondarsi di innumerevoli immagini sacre e a dedicarsi a numerosissime opere di bene. Titina De Filippo muore nella sua casa romana il 23 dicembre del 1963. Tra i tanti messaggi di dolore che giungono, uno recita: «La dolce Regina della famiglia Reale De Filippo è morta, ma ancora, e per sempre, vive».

Tjuna Notarbartolo