» Sellerio Elvira  
1936 - 2010
 

 

 

Un padre prefetto, una madre amatissima e dei fratelli cui raccontare delle fiabe sono stati il paradiso provvisorio in cui si è formata Elvira Sellerio (Palermo, 1936). Poi con la laurea in legge, l’impiego presso la Regione siciliana, il matrimonio e i figli la sua vita era sembrata simile a quella di tante altre ragazze.

La sua straordinaria vitalità non poteva però esaurirsi in quel modo. Così, nel 1969 è nata la casa editrice. Insieme a Elvira c’erano il marito Enzo, celebre fotografo, Leonardo Sciascia e l’antropologo Antonino Buttitta.

Negli anni Settanta, ossessionati dalla politica e dal pauperismo, i libri Sellerio colpivano i lettori per la voluttuosità della grafica e la piacevolezza del contenuto. L’impegno di Leonardo – rammenta Elvira Sellerio – era in ogni parola che scriveva. Le centomila copie dell’Affaire Moro di Sciascia segnarono il decollo della Sellerio. Sciascia aveva intuito il puntiglio e la determinazione di quella giovane donna energica e avvenente.

Nacque la piccola collana blu della “Memoria”: libri belli come oggetti e veramente tascabili. Mentre venivano inaugurate altre collane, la scoperta di Gesualdo Bufalino venne ratificata dal premio Campiello. Era il primo di una lunga serie di autori lanciati o riscoperti dalla Sellerio, da Luciano Canfora fino a Camilleri. Verso gli onori che ha ricevuto – dal cavalierato alla laurea honoris causa – Elvira Sellerio ha un atteggiamento divertito e distaccato.

È stata dal 1993 al 1994 un inedito consigliere d’amministrazione della Rai, estremamente sensibile ai problemi dei singoli dipendenti. Elvira Sellerio tiene molto, malgrado la notevole quantità dei libri che produce, a considerarsi ancora una piccola editrice. Per lei questo significa molte cose, dalla qualità della carta a quella del rapporto con gli autori. L’editrice legge indiscriminatamente con la massima cura tutti i manoscritti che le arrivano. È persuasa, come Sciascia, che ogni libro, anche il meno bello, abbia almeno una pagina o una frase degna di essere letta.

La casa editrice palermitana è un’isola di mobili ottocenteschi su un oceano di kilim. La Sellerio ha voluto che gli uffici fossero belli come i volumi che ne escono. Il test cui sotto pone i giovani che assume è semplice e difficile ad un tempo: «Lei ha letto Guerra e pace di Tolstoj?». Immune dallo snobismo, estranea a ogni mondanità, Elvira, invece di uscire, preferisce guardare la televisione nella sua casa tappezzata di fiabeschi dipinti su vetro siciliani: «Un editore deve starsene silenzioso, nascosto, taciturno. Il nostro è un mestiere d’umiltà».

Dall’infinita, paziente simpatia con cui guarda al mondo traspare la forza con cui ha resistito alla crisi che per anni ha investito la casa editrice. Gli altri editori vivono in attesa del bestseller, la Sellerio non lo disdegna, ma coltiva un amore donchisciottesco per le cause perse. Il suo metro non è il successo, ma la qualità del libro. L’autore che vende migliaia di copie riceve un tratta mento identico a quello che ne vende poche centinaia. La Sellerio guarda al mondo con l’ostinata indipendenza e l’ironica limpidezza di una coscienza voltairiana.

Diffida ancora del computer. Pensa che la carta, se è sincera, possa misurarsi col mondo intero. La sua infinita fiducia nel libro non sminuisce minimamente l’amore per il cinema e la televisione: bisogna essere autentici, pensa, perché chi non è autentico non si diverte.

Giuseppe Scaraffia