» Spaziani Maria Luisa  
1922
 


 

 

Maria Luisa Spaziani nasce a Torino da una agiata famiglia borghese nel 1922. Il padre produce macchinari per l’industria chimica e dolciaria. Dopo tre anni di scuole commerciali, Maria Luisa prende lezioni private e affronta da privatista l’esame di maturità classica.

Dopodiché frequenta l’Università di Torino, facoltà di Lingue, laureandosi con una tesi su Proust, relatore il francesista Ferdinando Neri. Da lì in poi la Francia sarebbe sempre rimasta una sorta di stella polare nel suo immaginario e nella sua biografia (il primo di una lunga serie di soggiorni a Parigi cadrà nel 1953, in seguito all’ottenimento di una borsa di studio). Intanto, ancora studentessa, a soli diciannove anni dirige una piccola rivista, prima chiamata Il Girasole e poi Il Dado, che la fa conoscere negli ambienti letterari.

Ottiene per le pagine di questi giovanili quaderni di letteratura e poesia inediti di grandi nomi nazionali come Penna, Sinisgalli, Pratolini, e internazionali, come Virginia Woolf.

All’appello mancava Montale, che quasi per troppa reverenza la giovane si era astenuta dal contattare. Ma l’occasione per conoscerlo cade nel gennaio 1949, quando l’autore degli Ossi di seppia e delle Occasioni tiene una conferenza al teatro Carignano di Torino. Il poeta, avendola già sentita nominare proprio come direttrice della rivistina Il Dado, le rivolge una battuta, rimproverandola di non averlo mai chiamato a collaborare. Ne segue un invito a desinare nella casa di famiglia della Spaziani.

Da allora si stringe fra i due un fervido rapporto, con un periodo di assidua frequentazione a Milano: sodalizio intellettuale ma anche affettuosa amicizia, che forse Montale avrebbe voluto spingere con decisione verso una stabile relazione sentimentale (il cospicuo epistolario indirizzatole dal poeta è stato ceduto al Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia e non ancora reso noto). Montale canta la giovane amica in alcune poesie de La bufera e altro (1956) con il senhal di Volpe, in particolare in Da un lago svizzero, componimento acrostico che forma con le iniziali di ogni verso il nome della dedicataria. Fiorisce in questi anni anche la prima stagione poetica della Spaziani, che mette insieme un gruppo di liriche spedendole a Mondadori, la casa editrice da cui aveva sempre sognato di essere pubblicata.

Durante il soggiorno francese del ‘53 scrive nuovi testi, che vengono aggiunti all’originario disegno della raccolta. Mondadori risponde favorevolmente e pubblica nel 1954 Le acque del Sabato, libro ancora intonato alla temperie ermetica, nella prestigiosa collana Lo Specchio.

Intanto alcuni rivolgimenti modificano le condizioni di vita della famiglia Spaziani. Il padre della giovane conosce nel ‘56 un brusco rovescio economico, che costringe la figlia, appena tornata da un viaggio-premio negli Stati Uniti promosso per giovani di talento da Henri Kissinger, a cercare un impiego stabile. Lo trova, attraverso un’inserzione, come insegnante di francese in un collegio di Treviglio: qui vive una stagione di luminosa felicità, a contatto con gli studenti, nel clima di una adolescenziale festosità.

L’esperienza le detta il frutto più originale della sua prima produzione poetica, Luna lombarda (1959), poi confluita nel volume complessivo Utilità della memoria (1966). Da Treviglio le era anche possibile frequentare la vicina Milano, dove tuttora si trovava Montale. Tuttavia la vita preme e il lungo fidanzamento che la legava da oltre un decennio a Elémire Zolla, poi celebre studioso della tradizione mistica ed esoterica, si concretizza nel 1958 con il matrimonio. Testimone per la sposa fu Alfonso Gatto. Il legame con Zolla, pur nato sulla scia di una lunga consuetudine, si incrina ben presto e nel 1960 è già sciolto. Da un altro rapporto la Spaziani avrebbe avuto in seguito, nel 1964, la sua unica, amatissima figlia, Oriana.

Dal punto di vista professionale, la Spaziani intraprende l’insegnamento universitario di Lingua e letteratura francese, che la conduce da pendolare all’Università di Messina. In ambito accademico cura volumi come Pierre de Ronsard fra gli astri della Pléiade (1972) e Il teatro francese del Settecento (1974). Fervida l’attività di traduttrice, dal francese (Ronsard, Racine, Flaubert, Toulet, Gide, Yourcenar fra gli altri) ma pure dall’inglese e dal tedesco.

La statura intellettuale della Spaziani supera i confini nazionali: nei viaggi in Francia e negli Stati Uniti ha tra l’altro modo di conoscere personalità di rilievo assoluto del Novecento letterario come Pound, Eliot, Sartre.

All’esperienza vissuta in Sicilia, con i suoi paesaggi e il suo mare a fare da sfondo alla docenza universitaria, è ispirato in buona parte il libro di versi L’occhio del ciclone, del 1970, cui fanno seguito raccolte sempre più “diaristiche” e “impure” come Transito con catene (1977) e Geometria del disordine (1981, che si aggiudica il Premio Viareggio). Intanto, nel 1979, l’autrice ormai affermata aveva avuto l’onore di vedere accolta un’antologia del proprio lavoro poetico negli “Oscar” Mondadori, con introduzione di Luigi Baldacci (una seconda, ampia antologia sarebbe poi uscita nel 2000).

Nel 1982, a Roma, fonda il “Centro Internazionale Eugenio Montale” per onorare la memoria del poeta. Il Centro promuove il Premio omonimo. Del 1986 è uno dei picchi della sua carriera poetica, La stella del libero arbitrio (1986), volume dettato da una sorta di rivisitazione delle epifanie di una vita, scritto in una lingua cristallina ma anche disponibile al quotidiano: linea che porterà al successivo I fasti dell’ortica (1996).

La scommessa forse più azzardata della storia poetica dell’autrice (che ha scritto anche testi teatrali e alcune prose narrative) è comunque rappresentata da Giovanna d’Arco (1990), poema in finte-ottave che corona un lungo interesse per questo personaggio e che si propone di reinventare una narrazione popolaresca e fabulosa in versi.

Tema-cardine della più recente, generosa produzione è infine quello amoroso: vero e proprio canzoniere d’amore per uno sconosciuto dedicatario è La traversata dell’oasi (2002), volume composto da ben 180 liriche, che vedono in un contrastato e intenso amore della vecchiaia il coronamento e l’apice dei tanti affetti della vita. La sottolineatura vitale dunque non viene meno: forse proprio il diuturno motivo della gioia creaturale, della positività, dell’energia nascosta anche nelle piccole rivelazioni quotidiane è quello che più a fondo connota l’intera poesia e, perché no, l’intera vita di Maria Luisa Spaziani. In una sorta di rispettoso e ammirato controcanto al suo stesso grande mentore di sempre, il disilluso e scettico Montale.

Daniele Piccini