» Mattei Teresa  
1921
 


 

 

«Le donne, che hanno saputo tenere accanto agli uomini il loro posto di combattimento, dimostreranno di sapere, accanto agli uomini, lavorare e costruire una nuova Italia” scriveva Teresa Mattei all’indomani della storica introduzione in Italia di un suffragio finalmente universale.

Un impegno di cui ella stessa, eletta il 2 giugno 1946, darà subito prova. “Il mandato parlamentare assumeva un significato direi religioso di assunzione di responsabilità a cui sentivamo di dover corrispondere con tutto il meglio di noi, nel più profondo disinteresse personale. Questo sentivo salendo nei primi giorni della Costituente le scale del palazzo di Montecitorio, un po’ imbarazzata dalla curiosità della piccola folla che stazionava nella piazza, e dal present’arm dei due militari di guardia al portone».

Membro più giovane dell’Assemblea costituente, con i suoi soli 25 anni (“percorrendo i lunghi corridoi, [venni] fermata da commessi che, data la mia età e l’aspetto dimesso, stentavano a riconoscermi come “onorevole”) e la sola del drappello delle 21 elette ancor oggi in vita, Teresa Mattei, laureata in Filosofia a Firenze nel 1944, si era iscritta due anni prima al Partito comunista.

Combattente nella formazione garibaldina Fronte della Gioventù (con la qualifica di Comandante di Compagnia), Teresa – detta Chicchi – partecipò attivamente alla Resistenza, insieme con il fratello Gianfranco, professore universitario e artificiere dei GAP (Gruppi d’azione partigiana). Una fine tragica la sua: catturato dai tedeschi a Roma, morirà due anni dopo in una cella di via Tasso. Un lutto molto duro per Chicchi, che andò a sommarsi alla barbarie di cui ella stessa, giovane donna, fu poi vittima a Perugia, sempre per mano tedesca.

Teresa Mattei, che contribuì alla fondazione dei Gruppi di difesa della donna a Firenze nel 1943 e fu una delle prime iscritte all’UDI, contribuì al dibattito dell’epoca sulla condizionale femminile anche scrivendo diversi articoli, intelligenti e acuti. Né, alla Costituente, si tirò mai indietro.

Un esempio della modernità e lungimiranza delle sue posizioni è dato da un intervento che ella fece in Aula il 18 marzo 1947 sul progetto dell’articolo 7, che sarebbe poi diventato il fondamentale articolo 3. La giovane comunista affermò infatti che, seppure importantissima, la sola enunciazione della parità non era sufficiente: “pur riconoscendo come una grande conquista la dichiarazione costituzionale, questa non ci basta. Le donne italiane desiderano qualcosa di più (…) che le aiuti a muovere i primi passi verso la parità di fatto, in ogni sfera economica, politica e sociale”.

Recentemente, Teresa ha ricordato un episodio che avvenne in Assemblea: quando si trattò di votare l’articolo 11 della Costituzione, quello in cui si dice che l’Italia ripudia la guerra, le Costituenti scesero al centro dell’emiciclo e si strinsero in una catena.

Questa tacita alleanza (che sarà in concreto molto preziosa, avendo dato vita ad una serie di cruciali articoli che nel tempo risulteranno decisivi per l’abrogazione, sia pur lenta e faticosa, di tanta parte di quella legislazione civilistica e penalistica di stampo fascista e misogino che rendeva le italiane cittadine di serie B) colpì molto all’epoca.

Come noterà, ad esempio, con una buona dose di paternalismo e misoginia non rara, l’Illustrazione italiana, “tutti a Montecitorio aspettano il giorno in cui le deputatesse dei vari settori si scontreranno su un qualsiasi argomento”. Ma questa forte trasversalità che unì le 21 Costituenti non era certo casuale, avendo alla base la spiegazione che ormai conosciamo: esse si sentivano, come disse proprio Teresa Mattei, “le rappresentanti del nuovo delle donne”.

Il rapporto di Teresa con la politica non fu affatto facile. Lei, donna battagliera e dai radicati principi, mal si conciliava con un mondo di accordi, sotterfugi e mediazioni. Così già nel 1948 rifiutò la nuova candidatura alla Camera, e nel 1955 venne addirittura radiata dal Partito comunista per dissenso nei confronti della guida togliattiana.

Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana (2005), Teresa Mattei ha dedicato il resto della sua vita ad occuparsi dei diritti delle donne e dei bambini. Tra le altre cose, negli anni Sessanta fondò a Milano un Centro Studi per la progettazione di nuovi servizi e prodotti per l’infanzia. Qualche tempo dopo, a Lari in Toscana, creò la Lega per il diritto dei bambini alla comunicazione.

Il nome di Teresa Mattei, però, è legato anche ad un aspetto meno noto, pur essendo ormai radicato nel nostro inconscio collettivo. Se, infatti, per noi è ormai automatico associare la mimosa all’8 marzo, questo abbinamento si deve proprio a lei.

Nel corso dei preparativi per la festa della donna del 1946, che ebbe un sapore molto particolare, Rita Montagnana suggerì di associare alla ricorrenza un fiore che ne diventasse il simbolo, come il garofano rosso era il simbolo dei lavoratori. Teresa propose il fiore giallo e profumatissimo che fioriva proprio in quei giorni e aveva il vantaggio, a quei tempi almeno, di essere relativamente economico.

Esempio paradigmatico di inguaribile pragmatismo femminile, associato con una buona dose di intramontabile poesia.

Giulia Galeotti