» Pucci Elda  
1928 - 2005
 

 

 
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Elda Pucci, alta, slanciata, bionda, capelli sempre corti, si definisce la vincitrice di due grandi battaglie: nel lavoro e in politica.

Medico pediatra si è fatta accettare come tale nella sua Sicilia, nonostante tanti pregiudizi, benché donna. Ancor più difficile all’università ed in ospedale, quale docente e primario quando ancora le donne venivano chiamate indistintamente “signora” e mai “professoressa” o “dottoressa”. È stata anche, prima in assoluto in Italia, presidente di un Ordine provinciale dei medici, quello di Palermo.

«Elda Pucci rappresentò un forte elemento di novità nel Consiglio nazionale della Federazione dell’Ordine dei medici – ricorda l’on. Danilo Poggiolini già presidente della Fnom e allora vicepresidente – non solo per il suo fascino di donna, ma per i suoi interventi sempre improntati ad una rigorosa aderenza ai principi deontologici della professione».

L’altra vittoria l’ha conseguita in politica. In Sicilia, quando in una Palermo ferita per le collusioni con la mafia, fu eletta sindaco e si oppose al sistema. Le dissero «tu sei pazza».

Lei resistette, sola, a difendere l’utilizzo del denaro pubblico per la città e per l’interesse generale e non per i partiti o per singoli loschi individui. In un articolo apparso sul Corriere della Sera del 26 gennaio 1987, con il titolo “Contro la mafia, in nome della legge” sarà Leonardo Sciascia a ricordare che «il Comune di Palermo si è costituito per la prima volta parte civile, in un processo di mafia, nell’ottobre del 1983, sindaco Elda Pucci».

Tutto ciò le costò l’aggressione del mondo mafioso e l’estraniazione dal mondo politico: «È il fatto amaro della mia vita», dice. Elda non sa farsene una ragione: ricandidata al comune di Palermo viene aggredita, la sua villa salta in aria con il tritolo, ma il mese dopo, nonostante sia stata premiata da una valanga di voti, la Democrazia Cristiana di allora la mette definitivamente da parte. Lei definisce tutto ciò «fatti angosciosi che descrivono il punto cui era giunto il degrado in Sicilia».

Viene poi recuperata dai liberali e dai repubblicani di Zanone e di La Malfa ed eletta al Parlamento Europeo, del quale apprezza il livello culturale e soffre «i nazionalismi duri a morire».

«Ho due grandi rimpianti – dice – il primo riguarda la scarsa presenza delle donne nelle istituzioni; una presenza che col tempo diminuisce invece che aumentare. E ciò rende più povera la politica – afferma – perché più donne in politica ne migliorerebbero la qualità».

Un’affermazione che fatta da Elda Pucci non appare priva di fondamento: si illumina, infatti, quando ricorda le colleghe di tanti paesi della Sicilia dove ha trovato volontà, chiarezza e «una moralità sicuramente maggiore di quella esistente fra gli uomini». E infatti nella sua Sicilia, in vari piccoli comuni, ha lasciato il segno la presenza di donne sindaco, in genere piccole di statura – ma Elda Pucci è alta e slanciata – dai principi solidi, persone di qualità che difficilmente prendevano decisioni contrarie agli interessi e al bene dei loro amministrati. Donne per lo più solitarie, proprio come lei.

Lei che si definisce «una persona serena, con un’infanzia piena di docilità, rimasta dentro tranquilla e in pace. La vita mi ha forse temperato, mai indurito, regalandomi maggior forza e serenità verso me stessa e verso gli altri».

Il secondo rimpianto è personale e politico: il non essere più al servizio della cosa pubblica. E non esserlo stata in questo periodo di transizione e cambiamento, a partire dal momento del crollo dei partiti storici, quando la società civile con i due famosi referendum sulla preferenza unica e sul maggioritario, tentò di imporre il rispetto delle regole, dei valori civili ed etici alla politica: ma la politica non accolse proprio allora Elda che pur era stata all’avanguardia rispetto a tale volontà di riscossa. Fu considerata probabilmente una mina vagante: «È troppo intransigente, meglio di no, mi dicevano» lei ricorda ancora con dolore.

Parecchi anni prima della vincente battaglia contro il crimine che costò la vita a Giovanni Falcone, Elda Pucci, testimone dei mali della sua Sicilia, rimasta viva forse perché donna e forse perché pediatra dei figli di famiglie mafiose, aveva anticipato la necessità dell’internazionalizzazione, con mezzi moderni e informatici, della lotta al crimine ed a tutte le mafie: ed infatti da parlamentare europea propose «un sistema legislativo comunitario che porti alla nascita di un corpo di polizia sovranazionale specializzato nella lotta al crimine organizzato».

La sua testimonianza di impegno e di valore, filtrata da un’attenta ed intelligente analisi su persone ed avvenimenti, oggi si traduce in profonda saggezza e libertà intellettuale.

Ed è per questa libertà in cui vive, che Elda può permettersi giudizi taglienti, non solo sui partiti ma anche sulla cosiddetta società civile: «Da persona che vive a Palermo assisto ad una scarsa capacità di dare il meglio da parte della classe politica; che però viene scelta dalla società civile più per interessi opportunistici, per motivi affaristici o privati che in base a forti valori condivisi», afferma.

«È quindi colpa anche della società civile – conclude – se si hanno i politici che oggi abbiamo».

Gli anni che precedono e seguono il mandato di sindaco della Pucci sono anni di terribili omicidi di mafia. 1980: 6 gennaio Piersanti Mattarella; 5 maggio Emanuele Basile; 6 agosto Gaetano Costa. 1982: 30 aprile Pio La Torre e Rosario Di Salvo; 3 settembre Carlo Alberto Dalla Chiesa. 1983: 29 luglio Rocco Chinnici. 1984: 23 dicembre attentato al treno 904 Napoli-Milano, sedici morti, 262 feriti. 1985: 28 luglio Beppe Montana, 6 agosto Ninni Cassarà. Anni che costituiscono un intenso capitolo della strage di politici, magistrati e poliziotti che combattono la mafia.

Ad Elda Pucci, che è stata presidente nazionale del Soroptimist International, fra gli altri è andato il Premio “Coraggio” dell’Ande, Associazione nazionale donne elettrici, la cui prima edizione si svolse nel 1983: esso è stato conferito ad autorevoli testimoni femminili del nostro tempo, quali Tullia Zevi e Danuta Walesa.

 

Carla Mazzuca