» Gallico Spano Nadia  
1916 - 2006
 


 

 
Foto cortesia L'Unità - Archivio storico  

Il 19 gennaio 2006, pochi giorni prima dell’uscita della sua autobiografia, Mabru’k, Nadia Gallico Spano è morta, novantenne, nella sua casa di Roma. Da raccontare ne aveva l’ex costituente comunista (che si definiva spesso “un’inguaribile ottimista”), la cui avventura era partita nel 1916 a Tunisi, dove ella era nata, da genitori italiani. Ventunenne, nel 1937 Nadia Gallico si iscrive al Partito comunista, partecipando alla Resistenza durante l’occupazione italo-tedesca della Tunisia.

Condannata, tre anni dopo, dal Tribunale speciale militare francese per la sua militanza antifascista, Nadia, clandestinamente, continua a lottare per la liberazione. Giunta a Napoli nel 1944, Palmiro Togliatti la incarica subito di formare un’organizzazione femminile di massa, e di fondarne il giornale.

È sotto la direzione di Nadia che Noi Donne (nato in Francia negli anni Trenta tra le emigrate del Comitato internazionale contro il fascismo e la guerra) esce dalla clandestinità. Molto attiva nei Gruppi di difesa della donna prima, e, poi, nell’UDI, Nadia fu da subito convinta che “occuparsi di assistenza in quel periodo fosse una scuola di educazione politica”. Una scuola che aveva avviato le donne italiane ad essere cittadine agguerrite e consapevoli.

Nella Roma già liberata, al liceo Visconti, l’8 marzo 1945 viene festeggiato con entusiasmo e commozione da un fronte estremamente trasversale di donne – comuniste e socialiste dell’UDI, cattoliche del CIF, sindacaliste e donne comuni. In quella occasione, fu votato un ordine del giorno prontamente spedito a Londra, dove erano riunite le rappresentanti femminili di venti paesi (questa conferenza approverà una Carta della donna che il ministro degli esteri inglese sir Anthony Eden portò poi alla conferenza di San Francisco dove si stava definendo lo statuto dell’Onu).

Nadia ricorderà in seguito il significato di quella storica giornata: “mentre parlavo, pensavo alle antifasciste che, durante il ventennio, erano, ogni 8 marzo, presenti con un volantino clandestino che conteneva rivendicazioni femminili, sebbene la loro attuazione appariva quasi impossibile, alle donne della Resistenza che sfidavano l’occupante tedesco (…) a quelle che in tutte le piazze d’Italia, in quello stesso momento, esigevano una nuova collocazione della donna per la ricostruzione materiale e morale del paese; e a quelle che sarebbero venute dopo, alle giovani, alle quali dovevano spianare la strada”.

Nonostante il timore iniziale (“intimidita e emozionata entrai in un’Assemblea prestigiosa per la qualità dei suoi componenti”), la trentenne Nadia Gallico (che si era intanto sposata con il sardo Velio Spano, presente anche lui alla Costituente – come Ugo Martegani aveva già notato, “la novità più bella di questa Assemblea è costituita dalla presenza in quasi tutti i settori di gruppi famigliari”), fu estremamente lucida ed agguerrita durante i suoi interventi.

“Non feci parte della Commissione dei Settantacinque, ma quando l’Assemblea discusse articolo per articolo la stesura del testo definitivo della Costituzione, presi la parola per tener fede al mandato ricevuto dalle donne. La famiglia e l’uguaglianza dei coniugi, il diritto al lavoro e alla parità salariale, la tutela dei figli anche illegittimi (…), ma soprattutto il concetto che la donna non doveva più avere soltanto dei doveri ma d’ora in poi dei diritti di pari opportunità e dignità in ogni campo della vita del paese”.

Del resto (episodio significativo, sebbene in apparenza marginale), il 25 luglio 1946 Nadia aveva presentato un ordine del giorno firmato anche da Rita Montagnana, Lina Merlin, Teresa Mattei, Teresa Noce, Maria Maddalena Rossi, Bianca Bianchi, Filomena Delli Castelli e Angela Gotelli. “Era stata approvata la concessione di un Premio della Repubblica, 3.000 lire ai reduci per far fronte alle loro prime spese. Dovemmo firmare tutte insieme, deputate dei vari partiti, un ordine del giorno che estendeva tale beneficio alle vedove di guerra e alle mogli dei prigionieri perché i Costituenti si accorgessero di averle dimenticate”. Di interventi di tal genere, volti a ricordare ai colleghi maschi clamorose dimenticanze, ce ne furono parecchi.

Come altre donne elette il 2 giugno 1946, anche la Gallico Spano ha più volte sottolineato la forte trasversalità che unì le Costituenti, giacché esse si sentivano, più che rappresentanti delle elettrici o degli elettori comunisti, democristiani o socialisti, le rappresentanti delle donne. E se, come ha lucidamente notato Nadia, è indubbio che tipicamente femminili furono “gli argomenti che paternalisticamente i Costituenti lasciarono al nostro impegno”, è parimente indubbio che “altrimenti [questi] sarebbero stati scarsamente affrontati”.

Nel tempo, Nadia ha fatto parte di diversi organi parlamentari, come la Commissione speciale incaricata di esaminare la proposta di legge Fadda per la “sistemazione” della Sardegna. L’isola fu sempre al centro dei suoi interessi, tanto che vi si trasferirà, impegnandosi con grande lena nel tentativo di farle superare lo stato di arretratezza in cui versava. La Gallico Spano, in questa sua difficile impresa, si dedicò in particolare al miglioramento della condizione femminile, in qualità di membro della presidenza dell’Unione donne sarde, convinta – ancora una volta – che l’emancipazione muliebre sarebbe stata l’apripista per l’emancipazione della società tutta.

Fu poi Pajetta, divenuto responsabile della sezione esteri del PCI, ad affidarle un altro incarico importante, quello di responsabile delle relazioni con la Cecoslovacchia prima e, poi, con l’Africa.

Giulia Galeotti