» Caetani Marguerite  
1880 - 1963
 


 

 
Marguerite Caetani alla presentazione della rivista "Commerce" presso la Fondazione Primoli, 1958 - Foto cortesia Fondazione Camillo Caetani, fondo fotografico, Roma  

«Lei è buona e terribile, amica affettuosa e tigre crudele. Si ha l’impressione che per quanto si faccia per nascondersi, scendendo agli Inferi, trasformandosi in rondine, facendosi crescere la barba, portando gli occhiali neri, tutto sia inutile; non si può sfuggire al suo incanto o alle sue frecce». Così scriveva Paul Valéry alla carissima amica Marguerite Caetani, fondatrice, finanziatrice e anima della rivista letteraria francese Commerce (1924-32), di cui Valéry era direttore.

Il Novecento è appena iniziato – siamo nel 1902 – Parigi è una fucina d’innovazioni artistiche, musicali e letterarie, quando la ventiduenne Marguerite Chapin vi giunge per studiare canto. È una giovane piena di fascino e di curiosità intellettuali, nata oltreoceano, a New London, nel Connecticut.

A discapito dell’origine alto borghese, trascura le frequentazioni mondane e d’istinto si avventura intrepida nel cuore dell’ambiente artistico della capitale francese.

È in questo ambiente che Miss Chapin conosce il giovane compositore italiano Roffredo Caetani, principe di Bassiano, anch’egli a Parigi per studio e anch’egli amante delle arti. Innamorati, i due si sposano a Londra nel 1911. I circuiti intellettuali sono l’humus naturale della giovane coppia, dove Marguerite si muove sempre più a proprio agio e dove comincia a tessere il proprio destino.

Quando finalmente la prima guerra mondiale volge al termine, Marguerite e Roffredo Caetani ritornano in Francia, e si stabiliscono nei pressi di Parigi, a Versailles. Qui, la loro bella Villa Romaine diventa in poco tempo un abituale luogo di ritrovo di artisti e letterati. Tra i più fedeli, Larbaud, Paulhan, Fargue, St. John Perse, e Valéry appunto. Un giorno – è il 1924 – matura l’idea di trasformare quelle conversazioni amichevoli in pagine scritte: nasce Commerce, commercio d’idee. «I direttori furono designati immediatamente: Larbaud, Valéry, Fargue – racconta Marguerite – Adrienne Monnier ed io ci incaricammo della partenza, e iniziammo subito».

Per otto anni l’impegno di Marguerite è inesauribile. Al di là dei direttori, è soprattutto lei che fa la rivista. Ricerca nuovi talenti, nuove esperienze artistiche in ogni direzione, legge, traduce, intreccia rapporti epistolari. Su quelle pagine, senza programmi né proclami, si affacciano poeti, saggisti, romanzieri come Aragon, Claudel, Ungaretti, T. S. Eliot, Gide, Giono, Artaud, Breton, Faulkner, Joyce, Virginia Woolf, Poe, Kafka, Pasternak.

Sono sempre scelte rigorose e testi di qualità. Marguerite ne è spesso promotrice con intuito e finezza d’orecchio. Non a caso, quando, nel 1932, decide di lasciare Versailles, per trasferirsi col marito a Roma, Commerce chiude. Ma la cerchia di scrittori e letterati che ruotano attorno alla rivista francese, continua a ruotare attorno a Marguerite, e alla sua generosa ospitalità – ora non più a Villa Romaine, ma a Roma, e soprattutto a Ninfa.

È qui, nella splendida proprietà dei Caetani nell’Agro Pontino, in quel romantico giardino cinto da diroccate mura medievali e magistralmente curato da Marguerite, e dalla figlia Lelia, che si riforma il primo germe di quella cerchia culturale da cui sorgerà Botteghe Oscure. Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, le riunioni intellettuali poco alla volta si diradano, e Ninfa diviene con l’occupazione tedesca rifugio dei partigiani della zona.

Nel frattempo, su Marguerite è calata un’ombra terribilmente dolorosa: è morto l’unico figlio, Camillo, sul fronte albanese, morte resa ancor più straziante in quanto dovuta a una causa a cui il giovane non credeva. «Ho pensato molto a te – scrive T. S. Eliot all’amica e cugina Marguerite – Si fa quel che si può e si trascina quanto rimane di vita». Ma con la liberazione, le porte di Palazzo Caetani si spalancano nuovamente, soprattutto ai giovani artisti di ogni provenienza.

Spinta dalla «sua natura inquieta e molto vitale, irriducibilmente giovanile [... ] assillata da nostalgia di intraprese», come di lei dice l’amica Elena Croce, Marguerite è ormai sulla soglia dei settant’anni quando si lancia nella nuova impresa di Botteghe Oscure, la rivista letteraria internazionale per la quale si adopera anima e corpo dal 1948 al 1960. «Credo, ed ho sempre creduto, che lei voglia far troppo e tutto da sola [... ]. Non è possibile leggere, accettare, rifiutare, correggere bozze ad infinitum» le scrive l’ammirato Truman Capote, di cui un paio di romanzi appaiono per la prima volta su quella rivista.

È una pubblicazione spessa, fino a 500 pagine a volte, forse non è raffinata come Commerce, forse è più disuguale e varia, ma spazia in orizzonti più vasti possibile per offrire – tra l’altro – possibilità di espressione alla nuova scrittura di ogni lingua e nazione, soprattutto poetica.

Così leggiamo per la prima volta le poesie di Dylan Thomas, e poi Auden, Cummings, Montale, Saba, Agee, e poi ancora Calvino, Morante, Silone, Pasolini, Tennessee William, Hofmannsthal, Camus, Malraux, Rilke, Brecht, MacLeish, Bassani (a lungo direttore); anche il Gattopardo vede i primi lettori su quelle pagine.

«La vecchiaia viene come una ventata, cade su di noi, è caduta mentre non ci pensavamo» dice Marguerite accomiatandosi dalla città, da Botteghe Oscure. È il 1960. Si ritira a Ninfa, dove muore tre anni dopo, e dove è sepolta: una donna generosa, appassionata, che ha rinnovato in senso moderno la grande tradizione del mecenatismo rinascimentale.

Marina Premoli