» Bellisario Marisa  
1935 - 1988
 


 

 
Foto cortesia Fondazione Bellisario, Roma  

Marisa Bellisario è una delle figure più rappresentative nella storia dell’imprenditoria italiana. Anche se sono tanti gli anni trascorsi dalla sua scomparsa, avvenuta a soli 53 anni, viene ancora ricordata come la donna manager più famosa d’Italia.

L’allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, affermò che «il suo impegno è per la storia femminile un simbolo dell’affermazione della parità tra uomo e donna». Ed è così.

Marisa Bellisario nacque a Ceva, in provincia di Cuneo nel luglio del 1935 (da padre pugliese e madre ligure). Gli anni che seguirono la guerra, segnarono anche il trasferimento della famiglia Bellisario a Cuneo.

In quel periodo, grande era la nostalgia della piccola Marisa per i luoghi di origine: le corse sui prati, in bicicletta e le passeggiate lungo il torrente Cevetta, dove le donne si radunavano a lavare il bucato.

Immagini, suoni e ricordi che a lungo solcarono la sua memoria e che affascinarono tanto profondamente quella bambina che addirittura sognava, una volta grande, di fare la lavandaia.

Laureatasi in discipline economiche presso l’Università di Torino nel 1959, decise poco dopo di abbandonare la provincia e portarsi nella grande Milano per avere il suo primo colloquio di lavoro.

Fu alla divisione elettronica dell’Olivetti, il settore al quale la giovane neo-laureata si presentò. Aveva di fronte Franco Tatò.

Le venne proposto di lanciarsi nell’esplorazione dell’elettronica, il nuovo mondo dei computer, e lei raccolse la sfida.

Il 1963 ricorda la fusione dell’Olivetti con la Bull, ma il clima teso di quegli anni e la crisi ventilata da più parti, fecero da elemento di depressione al settore della divisione elettronica, che nel 1964 venne ceduto alla General Elettric.

Fu proprio quest’ultimo evento che stravolse l’agenda di Marisa che, da quel momento, cominciò ad arricchirsi di viaggi all’estero, di contatti esterni e di crescenti e frequenti scambi internazionali.

Nel 1965 giunse in America, e le sue doti, ampiamente riconosciute anche sulla piazza americana, coniugate all’esperienza maturata nei sofisticati ambienti aziendali, la resero, negli anni successivi, indiscussa protagonista della Honeywell. Fu un’ascesa talmente brillante che, nel gennaio del 1979, venne invitata ad assumere la conduzione della Olivetti Corporation of America, in qualità di presidente.

Solo nel 1981, Marisa Bellisario fece ritorno in Italia per assumere la responsabilità della Italtel. In quegli anni, Italtel viveva una fase di acuta regressione: era un colosso che raggruppava ben 30 aziende elettromeccaniche e quasi trentamila addetti, tutte fabbriche obsolete e in grave perdita.

Marisa aveva contro la politica aziendale, i sindacati che non credevano alla ristrutturazione. La stampa scriveva che era stata scelta una donna per rendere più soft la chiusura dell’intero complesso.

Chi le diede fiducia fu il ministro Gianni De Michelis che conosceva la sua professionalità. De Michelis non si sbagliava: Marisa riuscì nel miracolo di trasformare un complesso di fabbriche da rottamare in una moderna azienda elettronica. Cambiò 180 dirigenti su 300; avviò progetti innovativi che suscitarono interesse anche negli Stati Uniti; portò in tre anni il fatturato a 1300 miliardi con un cospicuo attivo; ottenne il consenso dei sindacati al suo piano di ristrutturazione e la benedizione dei lavoratori ai quali era riuscita ad assicurare il lavoro.

L’opera da lei compiuta viene ancora ricordata come un modello innovativo di rilancio di un’azienda in cui nessuno credeva più. Marisa aveva intuito che una grande azienda moderna non si evolve, né si guida senza una profonda rivalutazione dei rapporti umani. Non più gerarchie burocratiche, ma gerarchie di merito; non più dipendenti ma collaboratori, tutti, dai livelli più bassi fino ai vertici dell’azienda.

Quanto fossero allora ancora pesanti i pregiudizi contro una donna lo dimostrò la brutta vicenda della Telit. Telit era il grande polo italiano delle telecomunicazioni che doveva nascere dalla fusione dell’Italtel, ente pubblico, con la Telettra, un’azienda del settore Fiat.

L’accordo saltò per l’ostinazione della Fiat nel negare a Marisa l’incarico di amministratore delegato: pregiudizio antifemminile, ma anche timore dell’indipendenza di una donna che aveva dimostrato di ubbidire solo alle proprie convinzioni.

Chi la conobbe, ricorda che Marisa amava spesso raccontare dello stupore e dell’incredulità che suscitava negli interlocutori nel presentarsi come leader di una società.

Agli inizi della carriera, raccontava Marisa, «qualche volta, rispondendo al telefono, mi è capitato di sentirmi dire: c’è il signor Bellisario?» pensando subito alla segretaria di amministrazione piuttosto che alla manager woman. In alcune interviste, la “signora con i baffi” (così ironicamente definita), sosteneva che per ottenere successo nella vita, era necessario avere fiducia in se stessi, pensare positivo ed avere tanta voglia di lavorare. L’uguaglianza di genere, intesa come opportunità e come rimozione degli ostacoli in vista della scalata ai vertici, rimase un costante richiamo che Marisa proiettava dentro e fuori la sua vita professionale.

Era di convinzioni socialiste. Nel suo libro autobiografico – un testo scritto con gaiezza, senza falsa modestia, con grande gioia di vivere, con velate e strazianti allusioni al male che l’aveva colpita – esprimeva il suo rammarico per non aver fatto di più per le altre donne: «Non ho vissuto da protagonista il femminismo nei suoi anni più caldi: ero impegnata nel mio lavoro all’estero e poi a Ivrea. Lavoravo e facevo carriera, dimostrando che potevo fare quello che facevano gli uomini, e forse farlo meglio. Ho però il rimpianto di essere mancata a quel momento storico».

Per questo, probabilmente, accettò l’invito a far parte della Commissione Nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna, istituita dal presidente del Consiglio Bettino Craxi nel 1984.

Nella Commissione per la parità scelse per sé la presidenza della sezione per le nuove tecnologie e ci ha lasciato un documento di cui, ormai a tanti anni dalla sua morte, possiamo ancora riconoscere la piena validità tecnica ed umana. In quel documento invita a studiare le nuove tecnologie, a ricercare, comparare, innovare perché – dice – nella capacità tecnologica è il futuro delle nazioni; e alle donne dice: «Studiate anche voi, applicatevi perché la tecnologia è il migliore alleato che la donna abbia mai avuto da che mondo è mondo».

Nel 1969 sposò Lionello Cantoni, professore universitario e EDP manager della Olivetti e della Fiat Auto, che per questo grande amore, lasciò la prima moglie. A lui restò legata per tutta la vita. La loro era una coppia molto unita ed innamorata, unico cruccio: la mancanza dei figli. Questo vuoto affettivo era forse la ragione che animava il suo costante desiderio di dare affetto agli altri. Ma Marisa adorava tantissimo anche gli animali, e la sua villa, sulla collina torinese, era comodo ed agiato rifugio per cani e gatti. Questi ultimi in particolare, erano la sua autentica passione: Calliope, Ermione, Mario e Donda, per citarne solo alcuni.

Era una donna molto attraente (in America era stata soprannominata “The legs”, in quanto aveva delle splendide gambe), e lei, ben consapevole del suo fascino, spendeva molto del suo tempo libero nella cura della persona, tra estetiste e boutique alla moda. Gli abiti che indossava erano ricercati e solitamente firmati Armani.

Alcune volte, le pettinature corte ed originali di Marisa, il frequente cambiamento di colore dei capelli che andavano dal biondo platino per la riunione della mattina, al blu corvo per gli appuntamenti pomeridiani erano spunti di vivace dialogare con il marito.

Nell’autunno del 1984, il suo taglio di capelli, terribilmente corto, quasi da punk, spinse Capital a dedicarle una foto ed un articolo.

Una malattia irreversibile la colpì e la trascinò lentamente verso la fine. La sua grande volontà di non darsi per vinta la portò, fino al termine dei suoi giorni, a programmare il lavoro per telefono, a presiedere improvvisate riunioni, a coordinare dall’esterno i lavori del suo ufficio.

Il 4 agosto del 1988, in un pomeriggio particolarmente afoso, Marisa scomparve. Finì prematuramente così la storia di una vita, di una donna, di una imprenditrice che è modello ancora oggi di difficili imitazioni.

A lei sono intitolati la Fondazione e il Premio che ogni anno viene assegnato alle donne che si sono distinte nel mondo dell’imprenditoria e della dirigenza.

Lella Golfo