» Agnelli Susanna  
1922 - 2009
 


 

 

E’ sempre stata il personaggio meno torinese e, verrebbe da aggiungere, più pubblico della famiglia Agnelli.

Nel senso che ha raccontato dall’interno la saga infantile e adolescenziale dei “Kennedy italiani”: una storia in bilico tra educazione ai valori e gusto estetico.

È stata senatrice, sottosegretario (con Giulio Andreotti e Gianni De Michelis alla Farnesina) e poi perfino ministro degli Esteri durante il governo presieduto da Lamberto Dini, a metà degli anni Novanta del secolo scorso.

Ha ricoperto la carica di sindaco all’Argentario, in Toscana. Insomma, a guardare bene, la sua proiezione istituzionale ha quasi fatto il paio con quella del fratello maggiore, Gianni, per il quale aveva una predilezione ricambiata.

Eppure, Susanna Agnelli, detta “Suni” con un diminutivo che in realtà è sempre suonato come vezzeggiativo tremendamente snob per il solo fatto che lo portasse lei, è rimasta sempre una donna misteriosa: paradossalmente, appartata. Una figura alta, imponente, dal sorriso ironico come lo sguardo, della quale si conoscono a malapena la vita privata, i figli e gli amici. Una sorta di manifesto femminile all’emancipazione silenziosa. Ma mai, in fondo, ostentata; e forse, anche pagata a caro prezzo.

Per questo, è sempre risultato difficile andare oltre il cliché dell’appartenenza ad un’aristocrazia industriale non solo dei soldi ma delle frequentazioni culturali e internazionali. Per i più, Susanna Agnelli è quella di Vestivamo alla marinara, il fortunato best seller che rappresenta l’autobiografia non della sua famiglia, ma in qualche misura del mito natole intorno. Ancora, è “la sorella dell’Avvocato”: una semplificazione che evoca la verità di un affetto e una complicità fra i due, che le altre Agnelli e il fratello minore, Umberto, non hanno mai avuto; ma forse limita ingiustamente la sua personalità.

Poco, invece, si sa dell’“altra Suni”: quella che emerge dal cono d’ombra degli ultimi dieci anni; che vive il dramma della malattia fisica dell’Avvocato e di quella industriale dell’impero Fiat; che percorre una vita piena, fatta anche di generosità e di passioni, tra uomini, figli, figlie e nipoti.

Sotto questo aspetto, si tratta di una figura sorprendente. Si scopre che l’unica donna nella storia del nostro paese a essere stata ministro degli Esteri, coltiva una vena religiosa e caritatevole, ignorata dai più. È una fede molto privata e riservata. Senza ostentazioni, né scivoloni cleri cali. Eppure profonda, radicata, nutrita da gesti che mostrano una volontà quasi disperata di credere e di trovare un aiuto nella religione.

Periodicamente, raccontano, Susanna Agnelli va in pellegrinaggio al santuario di Sarsina, sull’Appennino tosco-emiliano, poco distante da Cesena. È un borgo frequentato da migliaia di fede li che onorano San Vicinio, un sacerdote guaritore e esorcista al quale da oltre millecinquecento anni uno spicchio di Italia anonima si rivolge perché, nella vulgata popolare, aiuta a guarire dalle malattie e a liberarsi dal demonio. Nel santuario è custodita la sua “catena”: un cilicio di ferro che i fedeli toccano o si mettono al collo, o attraverso il quale fanno passare le foto dei propri familiari.

La signora Agnelli si è arrampicata fino a Sarsina anche il 24 aprile 2003, giorno del suo compleanno. Raccontano che vada regolarmente a Messa: di solito nelle chiese romane di San Silvestro o dei SS. Apostoli. Che non si perda un solo “miracolo di San Gennaro” a Napoli, quando il sangue del santo si scioglie in chiesa nell’ampolla sacra.

Sembra quasi una favola, una storia inverosimile. Lei, la signora del capitalismo italiano più blasonato e celebrato, che chiede l’intercessione del Cielo. È qualcosa che fa pensare alle tragedie, oltre che all’esistenza solo apparentemente dorata di questo clan. Evoca i lutti che hanno colpito anche negli ultimissimi anni i figli di Gianni e Umberto.

Consegna l’immagine di una donna impastata di valori magari contraddittori, ma forti. E portata a un impegno che spazia dalla rubrica sul settimanale Oggi in cui risponde alle lettere e dà consigli, a quello più concreto della comunità II Faro: la vecchia scuola per infermiere fondata dalla madre, Virginia Agnelli, nella strada romana omonima. È stata Susanna a trasformarla in un istituto professionale per extracomunitari, alla periferia della capitale. L’ex ministro degli Esteri decise di metterla su, spendendoci molti soldi, dopo essersi imbattuta in un bambino lavavetri a Milano. Il piccolo, uno straniero, la riconobbe e la salutò con un “Buongiorno ministro”, che la colpì e la commosse.

Da tempo, sembra che Il Faro sia a corto di fondi. Ma l’immagine di donna impegnata di questa signora, con i capelli corti e candidi e un’aria laicamente benedicente, rimane intatta.

Anche se negli ultimi anni della sua vita ha rischiato di essere quasi oscurata da un altro membro della famiglia: suo nipote Pietro Sermonti, dal 2003 senz’altro il più famoso di tutto il clan, in un’Italia dominata dalla dittatura televisiva e nazionalpopolare. Pietro Sermonti è l’attore che ha recitato la parte di Guido, il dottore di casa Martini, nella seconda serie televisiva della Rai: Un medico in famiglia.

Nella vita reale, i suoi genitori sono Vittorio Sermonti e Samaritana Rattazzi, figlia di Suni. In fondo, il primato di notorietà di questo Agnelli per via materna sarebbe un segno dei tempi. Ma pare che l’ex ministro degli Esteri non fosse d’accordo sulla graduatoria.

Quando la figlia Samaritana le diceva che non riusciva più a andare a passeggio con Pietro, perché per la strada la gente non faceva che fermarlo e chiedergli l’autografo, si racconta che nonna Susanna replicasse, con una punta di orgoglio e civetteria: «Se Pietro andasse in giro con me, non so se si fermerebbero per lui».

Massimo Franco