» Vittorio Emanuele II  
Nasce a Torino il 14 marzo del 1820 e muore a Roma il 9 gennaio 1878
 


 

 
Vittorio Emanuele II (1820-1878) - 1857 - carte de visite - Museo del Risorgimento - Brescia  
La vita pubblica
 

Figlio di Carlo Alberto di Savoia Carignano e Maria Teresa Asburgo Lorena di Toscana. Divenuto duca di Savoia nel 1831, e ammesso per la prima volta nei Consigli della corona nell’agosto del 1847, propose di porre le armi piemontesi a disposizione di Pio IX, alle prese in quel momento con l’occupazione austriaca di Ferrara. Quando, l’anno seguente, il Piemonte dichiarò guerra all’Austria, si dimostrò soldato coraggioso nei combattimenti di Pastrengo, S. Lucia, Goito e Custoza alla testa della divisione di riserva che gli era stata affidata.

All’inizio del 1849 prese parte alle difficili giornate di Mortara e Novara e, il 23 marzo, divenne re di Sardegna in seguito all’abdicazione di Carlo Alberto. Accettate a Vignale le condizioni dell’armistizio imposte da Radetzky, chiamò alla presidenza del Consiglio il generale savoiardo De Launay, inviso ai democratici.

L’occupazione austriaca di Alessandria, che ledeva il sentimento nazionale, lo indusse però a troncare le trattative di pace e nominare capo del governo Massimo d'Azeglio. Sgomberata nel giugno la città e assicuratosi la riduzione delle indennità di guerra e l’amnistia agli emigrati lombardo-veneti, nell’agosto ratificò il trattato di Milano. Ma la maggioranza parlamentare era rimasta di orientamento democratico anche dopo le elezioni del 15 luglio: per questo sciolse nuovamente la Camera e nel novembre indirizzò agli elettori il noto proclama di Moncalieri, con il quale li invitava a votare candidati disposti ad approvare il trattato di pace.

Nell’aprile seguente sanzionò con difficoltà le leggi Siccardi, avversate con forza dalla regina madre Maria Teresa, con cui veniva soppresso il foro ecclesiastico e si riduceva la manomorta. Acconsentì alla designazione di Cavour alla carica di presidente del Consiglio ad opera della maggioranza della Camera e, nel 1852, accettò l’elezione di Rattazzi a presidente della Camera, ottenendo l’affossamento del disegno di legge sul matrimonio civile, presentato nel frattempo da d’Azeglio.

Convintosi, nel maggio del 1855, a firmare il provvedimento che aboliva le congregazioni religiose solo dopo un duro scontro con il presidente del Consiglio, proprio per aver sottoscritto quella legge fu colpito da scomunica nel luglio seguente.

 


 

  G. Induno - Vittorio Emanuele II - dipinto - Collezione Cugini - Bergamo

In occasione della guerra di Crimea compì viaggi diplomatici a Parigi e a Londra, e divenne sempre più, agli occhi dei patrioti italiani, il simbolo dell’unità nazionale. Nel gennaio del 1859, superata la tensione con Napoleone III derivata dall’attentato di Felice Orsini, firmò l’alleanza antiaustriaca con la Francia voluta da Cavour, sanzionandola con il matrimonio della primogenita Clotilde con il principe Girolamo Napoleone.

Durante la seconda guerra di indipendenza si guadagnò i galloni di caporale degli zuavi per il coraggio mostrato nella battaglia di Palestro, e avviò una cordiale relazione con Garibaldi, permettendo ai Cacciatori delle Alpi la campagna che fruttò le vittorie di S. Fermo e di Varese.

Nonostante la violenta opposizione di Cavour, che non esitò a rassegnare le dimissioni, e in parte con l’intento di liberarsi dell’ingombrante statista, nel luglio del 1859 acconsentì a firmare l’armistizio di Villafranca, ottenendo la Lombardia; solo nel marzo del 1860, e grazie all’abile azione diplomatica di Cavour richiamato due mesi prima alla presidenza del Consiglio, sottoscrisse i decreti di annessione di Emilia e Toscana, anche se dovette accettare la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia, come promesso negli accordi di Plombières.

Favorevole alla spedizione dei Mille, ma risoluto nell’impedire l’occupazione garibaldina di Roma, nel settembre 1860 invase alla testa del suo esercito l’Umbria e le Marche, dirigendosi su Napoli dopo la sconfitta inferta dai generali Fanti e Cialdini all’esercito pontificio. In seguito ai risultati dei plebisciti del 21 e 22 ottobre poté annettere Napoli e la Sicilia e, dopo essere stato omaggiato nell’incontro di Teano da Garibaldi, al quale negò la possibilità di continuare a governare il Mezzogiorno, si trasferì per circa due mesi nella città partenopea.

Il 17 marzo del 1861 assunse il titolo di re d’Italia, conservando, nonostante il parere contrario dei democratici, il suo nome originario, a dimostrazione di un forte attaccamento alla continuità storica della dinastia.

Dopo l’improvvisa morte di Cavour nel giugno 1861, tentò di riprendere una politica personale e favorì l’ascesa di Rattazzi, divenuto da tempo suo consigliere di fiducia, preferendolo al capo della maggioranza Ricasoli. L’anno seguente, fu costretto a far arrestare Garibaldi sull’Aspromonte, dopo aver provato a dissuaderlo dal tentare un’azione su Roma. Nel frattempo, dopo le dimissioni di Rattazzi, aveva appoggiato la nascita del ministero Minghetti.

Il desiderio di riprendere la lotta contro l’Austria lo avvicinò momentaneamente a Mazzini nel corso del 1864, ma i segreti contatti tra i due furono bruscamente interrotti perché improvvisamente svelati da un giornale di Torino. Dopo che Minghetti aveva concordato con Napoleone III il ritiro delle truppe francesi da Roma in cambio del trasferimento della capitale del Regno da Torino a Firenze, inviò il generale Manabrea a Parigi, nel vano tentativo di ritirare la concessione fatta dai suoi ministri; poi, a malincuore, fu costretto a firmare la cosiddetta Convenzione di settembre, che avrebbe subito provocato a Torino giornate di disordini.


 

 
Vittorio Emanuele II primo re d'Italia, fotografato in abiti da caccia accanto a uno dei suoi cani.  

Nel 1865 promosse la missione di Malaguzzi Valeri per tentare di ottenere il Veneto pacificamente. Scoppiata la terza guerra di indipendenza, ebbe profondi dissidi con i generali La Marmora e Cialdini, tali da provocare una vera crisi di comando e portare nel giugno del 1866 allo scontro di Custoza.

Dopo questa pesante sconfitta, pur preferendo continuare la guerra e liberare il Trentino, su insistenza di La Marmora acconsentì a firmare con l’Austria la pace di Vienna e ad accettare il Veneto dalla Francia.

Nel 1867 fermò Garibaldi a Mentana per assecondare l’ostinazione di Napoleone III, anche se avrebbe voluto mandare le truppe regie a ristabilire l’ordine nello Stato pontificio dopo che i nuclei garibaldini fossero corsi in aiuto dell’insurrezione scoppiata nella città eterna: cercava così di ripetere l’operazione cavouriana che nel 1860 aveva permesso l’annessione dell’Umbria e delle Marche.

In seguito alla guerra franco-prussiana, alla quale avrebbe voluto prendere parte a fianco dell’imperatore francese, riuscì ad ottenere Roma nel settembre 1870 (dove peraltro si trasferì solo nel luglio del 1871) e a portare a compimento l’unità nazionale.

Tra il 1873 e il 1875 intensificò le relazioni diplomatiche con Vienna e Berlino e, dopo aver accolto con favore la vittoria di Depretis nel 1876, nel 1877 appoggiò il tentativo di Crispi di ottenere il Trentino in compenso dell’espansione austriaca nella Penisola balcanica. Si spense a Roma, nel palazzo del Quirinale, il 9 gennaio 1878, a causa di una pleuropolmonite.

L'uomo
 

Nato a Torino il 14 marzo del 1820, in seguito ai moti piemontesi del 1821 si trasferì con la famiglia in Toscana; qui il 16 settembre del 1822 un incendio divampato nella sua camera nel palazzo del Poggio Imperiale gli procurò vaste ustioni e causò la morte della sua nutrice, Teresa Zanotti Racca. Da questo evento nacque la leggenda che il principe non fosse sopravvissuto all’incendio e che fosse stato sostituito con un bambino di origini popolane, figlio di un macellaio locale.

 


 

  G. Induno - Vittorio Emanuele II a San Martino - olio su tela - Museo del Risorgimento - Milano

Educato al rispetto degli ordinamenti legittimisti e affidato assieme al fratello Ferdinando alle cure del prete savoiardo Andrea Charvaz e di padre Lorenzo Isnardi, dotto scolopio, non mostrò grande interesse per lo studio, riuscendo meglio negli esercizi fisici e militari nei quali lo impegnava il cavaliere Cesare Saluzzo di Menusiglio, dal 1830 al 1839 governatore dei due principi.

Fu amante della scherma, della caccia, delle lunghe cavalcate e delle pericolose escursioni alpine; ebbe numerose avventure amorose, cui non pose fine neanche dopo il matrimonio con Maria Adelaide, figlia dell’arciduca Ranieri e di Elisabetta Savoia Carignano, avvenuto il 12 aprile del 1842, e dal quale ebbe numerosa progenie (Maria Clotilde, Umberto, Amedeo, Oddone, Maria Pia; altri tre figli, nati tra il 1851 e il 1855, ebbero breve vita).

Di una religiosità sincera ma meno problematica rispetto a quella del padre Carlo Alberto, firmò nel maggio del 1855 la legge sui conventi, benché qualcuno avesse visto nei gravi lutti che lo avevano colpito tra il gennaio e il maggio di quell’anno il castigo divino per la normativa antiecclesiastica (in meno di un mese il re perse la madre, la moglie e il suo unico fratello; successivamente venne a mancare anche il neonato Vittorio Emanuele).


 

 
Fratelli Alinari - Vittorio Emanuele II e Rosa Vercellana, contessa di Mirafiori -1867 - fotografia - Collezione privata - Milano  

Di indole fiera e coraggiosa, rifuggì ogni mondanità e fu spesso annoiato dall’etichetta di corte, apparendo il più delle volte mal disposto durante le celebrazioni ufficiali che seguivano le annessioni, e non mostrandosi a proprio agio neanche dinnanzi alle manifestazioni di giubilo con cui fu accolto dalla popolazione meridionale e dai notabili locali. Poco incline alla lettura, possedeva buone doti di soldato, che pure lo portavano ad avere aspri confronti con i generali a lui più vicini.

Artefice di una politica personale indipendente da quella dei suoi ministri, fu conscio delle prerogative monarchiche e, ben lungi dal voler rappresentare un inerte simbolo, fu determinato nel rivendicare il proprio ruolo.

Ebbe un temperamento autoritario, benché dai modi piuttosto schietti e persuasivi, e rapporti non facili con Cavour, nel quale vedeva colui che aveva ridotto il suo potere personale; fin dal 1859 strinse invece una cordiale relazione con Garibaldi, probabilmente affascinato dalle sue capacità di condottiero, e sostenne nascostamente molte delle sue imprese, per lo più con il proposito di avvantaggiarsene.

Legato sentimentalmente per lunghi anni a Rosa Vercellana, figlia di un militare addetto alla persona di Carlo Alberto e alla quale aveva concesso il titolo di contessa di Mirafiori e Fontanafredda nell’aprile del 1859, ne ebbe due figli e la sposò con rito morganatico dieci anni dopo, pur non rinunciando a numerose altre avventure sentimentali.

I giudizi storici
 

Vittorio Emanuele: l’Agamennone della nostra Iliade

Alfredo Oriani esalta la figura di Vittorio Emanuele II, «perno» dell’intero processo risorgimentale.

A. Oriani, Quartetto, Bari, Laterza, 1919, pag. 36.


Tradizione monarchica

L’articolo di Gramsci, pubblicato originariamente sull’edizione piemontese dell’«Avanti» il 14 marzo 1920, in occasione del centenario della nascita di Vittorio Emanuele II, svuota di ogni idealità il mito del «Re Galantuomo», e sostiene, piuttosto, che il Regno d’Italia era nato dalla confluenza dell’interesse dinastico con quello della borghesia.

A. Gramsci, L’ordine nuovo: 1919-1920, Torino, Einaudi, 1954, pp. 327-330.

 


 

 
Roma. Il funerale di Vittorio Emanuele II esce dal Quirinale il 17 gennaio 1878 - fotografia - Musei Civici, raccolta Bertarelli - Milano  

Vittorio Emanuele tra il sentimento religioso e gli interessi della patria

Monti sottolinea come Vittorio Emanuele, educato al più sincero sentimento religioso, seppe però anteporre gli interessi della patria alla sua religiosità.

A. Monti, La giovinezza di Vittorio Emanuele II (1820-1849), Milano, Mondadori, 1939, pp. 20-21.

 

Vittorio Emanuele, l’armistizio di Vignale e l’amnistia per i lombardi

Nel testo si sottolineano gli aspetti positivi dell’azione politica di Vittorio Emanuele a Vignale, e si pone l’accento sull’abilità mostrata dal nuovo sovrano, capace tra l’altro di ottenere l’amnistia a favore di tutti i profughi lombardi rifugiatisi in Piemonte.

F. Cognasso, Vittorio Emanuele II, Milano, Dall’Oglio Editore, 1986 (I ed. 1942), pp. 9-11.

 

Vittorio Emanuele e il Parlamento tra il luglio e il novembre 1849

Grave fu il contrasto creatosi tra il re e il Parlamento tra il luglio e il novembre 1849, e valide le ragioni della Corona. Come è noto la crisi determinatasi per la mancata approvazione della pace di Milano venne superata con la convocazione di nuove elezioni e il Proclama di Moncalieri.

F. Cognasso, Vittorio Emanuele II, Milano, Dall’Oglio Editore, 1986 (I ed. 1942), pp. 34-39.

 

Vittorio Emanuele e il Risorgimento

Sincero ammiratore del sovrano, Cognasso sottolinea il ruolo rivestito da Vittorio Emanuele lungo tutto il Risorgimento. Indotto nella sua opera dal desiderio di conservare intatto il prestigio di casa Savoia, Vittorio Emanuele, secondo l’autore, fu in grado di trasformare la sua dinastia in un istituto del tutto italiano e di dare vita ad una «monarchia popolareggiante».

F. Cognasso, Vittorio Emanuele II, Milano, Dall’Oglio Editore, 1986 (I ed. 1942), pp. 342-346.

 

Vittorio Emanuele e i rapporti tra Stato e Chiesa

Jemolo sottolinea come Vittorio Emanuele, che pure avrebbe voluto evitare la rottura con Pio IX, si esprimesse molto spesso con toni risoluti sulle questioni relative ai rapporti fra lo Stato e la Chiesa.

A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino, Giulio Einaudi, 1955, pp. 132-134.

 

Vittorio Emanuele e Il Rinnovamento di Gioberti

Salvatorelli sostiene che fu la lettura del Rinnovamento di Gioberti a convincere Vittorio Emanuele della necessità di porsi alla guida del movimento nazionale italiano, e a fargli comprendere che solo ponendosi alla testa del moto risorgimentale avrebbe potuto trasformare il Regno sabaudo in una grande potenza europea.

L. Salvatorelli, Spiriti e figure del Risorgimento, Firenze, Le Monnier, 19623, pp. 285-286.

 

Vittorio Emanuele e l’armistizio di Vignale: un giudizio critico (I)

Secondo Mack Smith, Vittorio Emanuele non manifestò alcuna fermezza nelle trattative con Radetzky; anzi, invece di difendere lo Statuto davanti al suo interlocutore, si mostrò pronto a schiacciare la corrente liberale del parlamento di Torino.

D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1983 (I ed. 1972), pp. 24-27.

 

Vittorio Emanuele e l’armistizio di Villafranca: un giudizio critico (II)

Mack Smith ritiene che Vittorio Emanuele, il quale sostenne di non aver saputo nulla dell’armistizio di Villafranca fino al momento della firma, fosse stato invece informato delle trattative di pace con tre settimane di anticipo, e che non avesse manifestato a tale riguardo alcun dissenso.

D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1983 (I ed. 1972), pp. 91-94.

 

Vittorio Emanuele, Garibaldi e Cavour

Mack Smith sostiene che Vittorio Emanuele tentò nel 1860 di alimentare l’antagonismo tra Cavour e Garibaldi nell’intento di sfruttare colui che fosse risultato vincitore, e di sconfessare, per contro, l’azione dell’altro. Tale disegno avrebbe però richiesto un’abilità di cui il sovrano era sprovvisto, e si rivelò inattuabile di fronte all’azione diplomatica di Cavour.

D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1983 (I ed. 1972), pp. 130-135.

 

Vittorio Emanuele e le sconfitte del 1866

Secondo Mack Smith, la sconfitta dell’Italia nella guerra del 1866 dipese principalmente dalla titubanza del re, che non fu mai chiaro nella scelta del comandante in capo della campagna antiaustriaca; ciò fece sì che l’esercito avesse sul campo tre comandanti, ognuno dei quali investito di una indefinita autonomia.

D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1983 (I ed. 1972), pp. 228-233.

 

Il mito del «Re Galantuomo» e l’uomo Vittorio Emanuele

Dopo aver sottolineato l’importanza del mito del «Re Galantuomo», divenuto simbolo fondamentale del liberalismo risorgimentale, Romeo compie una rapida descrizione di Vittorio Emanuele, accennando anche ad aspetti contrastanti della sua personalità.

R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Bari, Laterza, I-III, 1969-1984: II, 1977, pp. 594-597.

 

Vittorio Emanuele e il Piemonte tra il 1849 e il 1855

Il passo ripercorre la prima fase del regno di Vittorio Emanuele, descrivendo la progressiva marginalizzazione del ruolo del sovrano e la conseguente trasformazione del regime costituzionale.

R. Romeo, Cavour e il suo tempo, Bari, Laterza, I-III, 1969-1984: III, 1984, pp. 144-148.

 

Vittorio Emanuele, l’armistizio di Villafranca e lo scontro con Cavour

De Paoli respinge le critiche avanzate al sovrano da Mack Smith e ritiene che in occasione dell’armistizio di Villafranca Vittorio Emanuele abbia mostrato maggior realismo politico dello stesso Cavour, incapace in quel frangente di mantenere nervi saldi.

G.E. De Paoli, Vittorio Emanuele II. Il Re, l’uomo, l’epoca, Milano, Mursia, 1992, pp. 177-179.

 

 
G. Induno - Visita di Garibaldi a Vittorio Emanuele II in Roma - dipinto - Museo del Risorgimento - Milano  

Vittorio Emanuele e Garibaldi

Il testo accenna ai rapporti intercorsi tra Vittorio Emanuele e Garibaldi dopo l’incontro di Teano, quando il re respinse alcune richieste del generale, mostrandosi anche piuttosto freddo verso l’esercito garibaldino.

G.E. De Paoli, Vittorio Emanuele II. Il Re, l’uomo, l’epoca, Milano, Mursia, 1992, pp. 206-208.


La morte di Vittorio Emanuele II

Il passo analizza la reazione dell’opinione pubblica di fronte alla morte del primo re d’Italia, e insiste sull’immediato ricompattamento del sentimento nazionale che essa determinò. Indagando quindi la creazione del mito di Vittorio Emanuele, si analizzano le espressioni che più vennero utilizzate per definirlo: «Re Galantuomo», «Padre della patria» e «Gran Re».

U. Levra, Fare gli italiani. Memoria e celebrazione del Risorgimento, Torino, Comitato di Torino dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, 1992, pp. 8-15.

 

Vittorio Emanuele, la nazione e la dinastia

Mazzonis sottolinea come il primo re d’Italia non volle legittimare le nuove istituzioni con la propria autorità, identificando la dinastia con la nazione. Come si evince anche dalla scelta di conservare il nome originario, Vittorio Emanuele fu invece indotto a compiere l’operazione inversa e a far coincidere la nazione con la dinastia.

F. Mazzonis, La Monarchia e il Risorgimento, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 136-140.

I documenti
 

Il Proclama di Torino del 27 marzo 1849

Emanato a pochi giorni dall’armistizio di Vignale, questo breve Proclama è il primo indirizzato dal nuovo re al popolo di Torino.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 30-31.

 

Il Proclama di Moncalieri

Con questo proclama, emanato il 20 novembre 1849 e scritto da Massimo d’Azeglio dopo lo scioglimento della Camera a maggioranza di sinistra eletta nel luglio precedente, Vittorio Emanuele invitava il popolo a mandare in Parlamento degli elementi moderati, disposti a ratificare il trattato con l’Austria.

D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Roma-Bari, Laterza, 1999 (I ed. 1968), pp. 248-250.

 

Vittorio Emanuele, Pio IX e la legge sui conventi

Nella lettera, scritta il 9 febbraio 1855, Vittorio Emanuele tenta di convincere Pio IX a fare delle concessioni al Piemonte sulle questioni religiose. Solo in questo modo il re avrebbe potuto evitare l’approvazione della legge sull’abolizione delle Congregazioni religiose presentata da Cavour, e liberarsi del suo ingombrante primo ministro.

D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Roma-Bari, Laterza, 1999 (I ed. 1968), pp. 280-281.

 

Vittorio Emanuele II visto dalla regina Vittoria

Il ritratto che qui si presenta, e la breve descrizione ad esso collegata, fu eseguito dalla regina Vittoria nel dicembre del 1855, in occasione di una visita di Vittorio Emanuele II a Londra.

D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1983 (I ed. 1972), pp. 356-357.

 

Il grido di dolore

Il discorso, pronunciato a Palazzo Madama il 10 gennaio 1859, a pochi giorni dalla firma del trattato di alleanza franco-piemontese, contiene l’espressione, poi divenuta celebre ma suggerita al re da Napoleone III, relativa al grido di dolore che si levava verso il Piemonte da varie parti d’Italia.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 197-198.

 

All’esercito per annunciare l’avvio della seconda guerra di indipendenza

Il proclama è rivolto all’esercito il 27 aprile 1859, lo stesso giorno in cui il Piemonte, aggredito dall’esercito austriaco, può dare inizio alle operazioni che porteranno alla seconda guerra d’indipendenza.

 


 

  L. Montabone - Valsavaranche. Vittorio Emanuele II a caccia - 1860 - fotografia - Collezione privata - Milano

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 210-211.

 

Ai popoli d’Italia per annunciare l’inizio della seconda guerra di indipendenza

Il proclama, rivolto a tutta la nazione, è datato 29 aprile 1859, ed è quindi formulato due giorni dopo l’inizio della seconda guerra d’indipendenza.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 211-212.

 

Il re a Cavour

La lettera, datata 10 maggio 1859, mostra il duro contrasto che si venne a determinare tra il re e Cavour durante la seconda guerra d’indipendenza. I toni piuttosto accesi evidenziano profonde divergenze caratteriali, oltre a mettere in luce incomprensioni di tipo più strettamente strategico.

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da F. Cognasso, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1966, pp. 518-520.

 

Al popolo di Lombardia per annunciare l’annessione

Il proclama, datato 13 luglio 1859, è rivolto ai popoli di Lombardia due giorni dopo l’armistizio di Villafranca e le conseguenti dimissioni di Cavour.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), p. 232.

 

Alla figlia Clotilde dopo Villafranca

La lettera, scritta alla figlia una settimana dopo l’armistizio di Villafranca, il 18 luglio 1859, mostra l’amarezza provata da Vittorio Emanuele II in quel frangente.

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da F. Cognasso, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1966, pp. 551-552.

 

Vittorio Emanuele, Pio IX e le Legazioni

Con questa lettera, datata 6 febbraio 1860, Vittorio Emanuele tenta di convincere Pio IX a raggiungere un compromesso relativamente a quelle zone dello Stato pontificio che si erano ormai rese autonome: in cambio del riconoscimento della sovranità suprema del papa, il re spera infatti di ottenere il permesso di occupare militarmente quelle regioni.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 257-259.

 

Vittorio Emanuele, Pio IX e il plebiscito nelle Romagne

La lettera è scritta da Vittorio Emanuele a Pio IX il 20 marzo 1860, due giorni dopo la firma del decreto di annessione delle Romagne al Regno di Sardegna, a seguito del plebiscito svoltosi in quella regione.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 260-261.

 

Alle popolazioni dell’Italia centrale

Il proclama, datato 25 marzo 1860, è rivolto alle popolazioni dell’Italia centrale a pochi giorni dalla firma dei decreti di annessione di Emilia e Toscana al Regno di Sardegna.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), p. 265.

 

Vittorio Emanuele a Francesco di Borbone nell’aprile del 1860

La lettera, con la quale Vittorio Emanuele offre a Francesco di Borbone di dividere l’Italia fra le loro due monarchie, dimostra che il 15 aprile del 1860, una ventina di giorni prima della partenza da Quarto dei garibaldini, il re non ha ancora in mente un progetto concreto sull’unificazione d’Italia.

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da F. Cognasso, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1966, pp. 599-601.

 

Il re a Garibaldi

Le due lettere, datate entrambe 22 luglio 1860, mostrano l’ambiguo atteggiamento del re verso Garibaldi. Invitandolo ufficialmente a non passare con le sua truppa sul continente napoletano, Vittorio Emanuele esorta infatti segretamente il generale a proseguire nella sua azione.

F. Cognasso, Vittorio Emanuele II, Milano, Dall’Oglio Editore, 1986 (I ed. 1942), p. 209.

 

Ai popoli dell’Italia meridionale

Il proclama, scritto da Farini, è firmato dal re il 9 ottobre del 1860, poco prima che questi lasciasse Ancona per raggiungere le province meridionali.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 284-287.

 


 

 
C. Ademollo - Incontro di Garibaldi e Vittorio Emanuele - 1878 - olio su tela - Museo di Capodimonte - Napoli  

L’incontro di Teano

Alberto Mario descrive l’incontro avvenuto il 26 ottobre a Teano fra Vittorio Emanuele II e Garibaldi, durante il quale il generale cede al re l’Italia meridionale.

D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano. Storia e testi, Roma-Bari, Laterza, 1999 (I ed. 1968), pp. 481-483.

 

Vittorio Emanuele a Garibaldi nel novembre 1860

Con questa lettera, datata 7 novembre 1860, Vittorio Emanuele respinse la richiesta di Garibaldi di continuare a governare Napoli come luogotenente del re. Il giorno successivo il generale, che pure aveva ottimamente amministrato il Meridione, si decise a partire per Caprera.

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da F. Cognasso, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1966, p. 647.

 

Il re al Parlamento

Il discorso, pronunciato alla Camera il 18 febbraio 1861, inaugurò i lavori dell’Assemblea nella quale sedevano per la prima volta i rappresentanti di tutte le province del Regno d’Italia.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 299-300.


Ammonimento a Garibaldi

Il proclama, indirizzato agli italiani il 3 agosto 1862, è una implicita risposta a Garibaldi che il 20 luglio aveva pronunciato a Marsala il giuramento “o Roma o morte”.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 318-319.

 

Il re a Costantino Nigra

In questa lettera, datata 16 ottobre 1864, Vittorio Emanuele mostra tutto il suo disappunto per la Convenzione di settembre, conclusa dal governo Minghetti all’insaputa della corona; con essa il governo italiano si impegnava a trasferire la capitale da Torino a Firenze.

F. Cognasso, Vittorio Emanuele II, Milano, Dall’Oglio Editore, 1986 (I ed. 1942), pp. 294-296.

 

La terza guerra di indipendenza

Il proclama è indirizzato agli italiani il 20 giugno 1866, lo stesso giorno in cui si dà inizio alla terza guerra d’indipendenza.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 349-351.

 

Il re al Parlamento dopo l’annessione del Veneto

Il discorso, in cui si accenna anche al ritiro delle truppe francesi da Roma come stabilito dalla Convenzione di settembre, venne pronunciato al Parlamento il 15 dicembre 1866, dopo che i rappresentanti delle province venete ebbero prestato giuramento.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 362-364.

 

Il re a Pio IX nel settembre 1870

La lettera, scritta da Firenze l’8 settembre 1870, a poco più di dieci giorni dalla presa di Roma, ha accenti piuttosto concilianti e palesa il desiderio di Vittorio Emanuele di preparare l’azione delle truppe piemontesi e di presentarla come necessaria alla tutela del papato.

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da F. Cognasso, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1966, pp. 1488-1489.

 

Vittorio Emanuele alla signora Erminia Ghisolfi

Dalla lettera, scritta ad un’amica di Parma il 21 settembre 1870, il giorno dopo la presa di Roma, emerge la soddisfazione di Vittorio Emanuele II, pago di aver portato a termine l’unificazione italiana e conscio di aver così adempiuto al proprio compito.

Le lettere di Vittorio Emanuele II raccolte da F. Cognasso, Torino, Deputazione subalpina di storia patria, 1966, p. 1492.

 

Il re al Parlamento dopo la presa di Roma

Il discorso, datato 5 dicembre 1870, apre la nuova legislatura, ed è l’ultimo che il sovrano pronuncia a Firenze.

G. Massari, Vita di Vittorio Emanuele II, Sesto S. Giovanni, Ed. Barion, 1935 (I ed. 1878), pp. 421-423.

Consigli di lettura per approfondire
 

In questa sezione sono riportate indicazioni bibliografiche generali per approfondire le vicende storiche che hanno visto protagonista Vittorio Emanuele II

D. Mack Smith, Vittorio Emanuele II, Bari, Laterza, 1972.

F. Mazzonis, La Monarchia e il Risorgimento, Bologna, Il Mulino, 2003.

C. M. Fiorentino, La corte dei Savoia, Bologna, Il Mulino, 2008.