» Beccari Gualberta  
1842-1906
 


 

 

L’impegno e la notorietà di Gualberta Alaide Beccari, scrittrice, pubblicista, autrice di teatro, sono legati alla rivista La donna, una delle più importanti espressioni dell’emancipazionismo femminista italiano del secondo Ottocento. Gualberta impara dalla famiglia l’amore per il teatro e la passione politica: il padre, Girolamo Giacinto Beccari, è autore e traduttore di opere teatrali, la madre recita, entrambi sono di fede repubblicana e vicini a Mazzini.

È probabilmente per motivi politici che nel ‘59 i Beccari si trasferiscono a Modena: qui la famiglia viene in contatto con l’ambiente degli esuli e Gualberta aiuta attivamente come segretaria il padre nel lavoro amministrativo al servizio dell’esercito piemontese, guadagnandosi stima e considerazione per l’efficienza del proprio impegno ma anche molta diffidenza per un ruolo “pubblico”, considerato inadatto ad una donna. Durante la giovinezza viene in contatto con molti esponenti dell’ala più radicale del patriottismo italiano: Garibaldi, Maurizio Quadrio, Francesco Domenico Guerrazzi, Laura Solera Mantegazza, Sara Nathan e i figli Ernesto e Giuseppe, Adelaide Cairoli, forse lo stesso Mazzini, tutti forti modelli di riferimento politico, nell’ambito di un’adesione al mazzinianesimo appassionata e vissuta con forte coinvolgimento sentimentale. È proprio all’interno del mazzinianesimo e del patriottismo che Gualberta matura l’orientamento femminista: essa intende il rinnovamento morale delle donne come una necessità prioritaria per il rinnovamento della nuova nazione, in cui il ruolo femminile dovrà essere moralmente centrale ai fini di garantire la formazione e l’educazione dei cittadini. Non a caso, proprio Adelaide Cairoli, che ha perso quattro figli nelle battaglie del Risorgimento, è per lei un ideale dal forte valore simbolico, esempio stoico di virtù civica, Madre per eccellenza, la considera incarnazione della “nuova donna” italiana.

Il 12 aprile del 1868, esce la rivista La donna, pubblicata a Padova e diretta dalla Beccari. «Parleremo dei doveri e dei diritti – scrive il Programma del primo numero a firma della direttrice –. La donna buona, saggia, onesta cittadina, laboriosa è lo impulso alla civilizzazione di un popolo: ambiziosa, vana, civetta, concorre a formare viziata la società». Il periodico si caratterizza per la particolarità, unica nell’Italia liberale, di essere redatto da sole donne, e comprende un ampio ventaglio di collaboratrici, raccogliendo i contributi di molte delle scrittrici e pubbliciste attive nei decenni del secondo Ottocento: Giorgina Saffi, Angelica Palli Bartolomei, Erminia Fuà Fusinato, Rosa Piazza, Emilia Mariani, Malvina Frank, Anna Maria Mozzoni, Luisa Tosco, Aurelia Cimino Folliero de Luna, per citarne alcune. Nonostante i limiti dell’impostazione originaria, i temi trattati e le campagne intraprese dalla rivista sono tutt’altro che scontati e facili: l’istruzione superiore e universitaria delle donne, le professioni femminili, la parità salariale, i diritti politici, il divorzio, la prostituzione, tutti argomenti “scomodi” nell’arretratezza dell’Italia liberale riguardo alla questione femminile.

Il contributo di Gualberta alla pubblicazione è decisivo, sia sul piano della direzione culturale che su quello finanziario: vi investe tutte le proprie sostanze e le proprie energie, nonostante i frequenti disturbi nervosi che la obbligano per lunghi periodi alla reclusione in casa e ad un vero calvario medico. Il momento migliore per il giornale è il decennio dal ‘70 al 1880: poi sembra destinato ad un lento declino, testimoniando il superamento di quell’emancipazionismo, ancora legato alla fase eroica del Risorgimento e alimentato da progetti utopici e grandi idealità, di cui la Beccari è certo una delle più appassionate esponenti. Il giornale chiude nel ‘91: la vita di Gualberta, sempre più minata dalla misteriosa malattia (molte le terapie tentate, dall’idroterapia all’ipnosi) si fa separata, solitaria, chiusa tra le quattro mura della sua cameretta. Muore poverissima nel 1906 a Bologna, dove si era trasferita dal 1873. Ha scritto opere teatrali (qualche titolo: Fidanzati senza saperlo, È storia, Un caso di divorzio) e raccolte di racconti (pubblicati a volte con lo pseudonimo di Flaviana Flaviani); ha diretto, oltre a La donna, Mamma, periodico rivolto ad un pubblico infantile.

Maria Teresa Mori