» Gregorio XVI  
Belluno, 18 settembre 1765 – Roma, 1° giugno 1846
 

 

 
Moneta con inciso il profilo di Gregorio XVI (1831-1846)  

 Da famiglia della piccola nobiltà locale, entrò nel 1795 nel convento camaldolese di S. Michele di Murano, prendendo il nome di Mauro.

Chiamato a Roma come segretario del procuratore generale dell’Ordine nel 1795, durante la giacobina Repubblica romana pubblicò l’opera Il trionfo della S. Sede e della Chiesa contro gli assalti dei novatori respinti e confutati dai loro stessi argomenti, in cui ribadiva il primato e l’infallibilità del potere del papa, e la piena autonomia del papato da ogni autorità temporale.

Divenuto dopo il 1814 consultore della Congregazione degli affari ecclesiastici straordinari e del Sant’Uffizio, nel 1823 fu nominato vicario generale dei camaldolesi, e nel 1826 cardinale e prefetto di Propaganda, carica rivestita da Consalvi al momento della morte.

Eletto papa il 2 febbraio 1831 dopo cinquanta giorni di conclave, assunse il nome di Gregorio XVI, e, ancora semplice prete, fu consacrato vescovo quattro giorni dopo.

Il 3 febbraio era nel frattempo scoppiata a Bologna una rivolta contro il governo pontificio, destinata ad estendersi rapidamente fin quasi alle porte di Roma, che venne sedata solo grazie all’intervento delle truppe austriache, le quali però, a parte alcuni ritiri momentanei, rimasero nello Stato della Chiesa fino al 1838 insieme a quelle francesi, sbarcate ad Ancona per fare da contrappeso all’Austria.

In seguito alla richiesta di alcune riforme, operata dalle maggiori potenze europee riunitesi proprio a Roma dal marzo al maggio 1831, Gregorio XVI favorì minime innovazioni in campo amministrativo e giudiziario.

L’avversione al governo pontificio, di cui furono spia le rivolte che tra il 1833 e il 1845 scoppiarono nell’Umbria, nel Lazio e nella Romagne, fu comunque in quegli anni diffusa in tutte le classi sociali, mentre la disastrosa situazione finanziaria e l’arretratezza economica e culturale sollevarono critiche diffuse in personalità del calibro di Metternich, Pellegrino Rossi o del cardinale Mastai Ferretti.

Chiuso di fronte alle aspirazioni delle classi liberali, Gregorio XVI si disse contrario all’introduzione delle ferrovie e ai congressi degli scienziati, dimostrandosi interessato quasi esclusivamente a difendere l’ordine stabilito.

Con l’enciclica Mirari vos, del 15 agosto 1832, condannò le dottrine di Lamennais sulle libertà civili, di culto e di stampa, diffuse attraverso il periodico «L’Avenir», mentre, tre anni dopo, nel settembre 1835, si scagliò contro il teologo tedesco Hermes e la sua concezione della fede come frutto della ragione e non come una conseguenza della grazia.

Nei rapporti internazionali si trovò ad affrontare gravi contrasti con la Prussia per la questione dei matrimoni misti, con la Russia per la persecuzione zarista contro gli uniati ruteni e i cattolici, e con la Spagna e il Portogallo, dove tematiche religiose si incrociavano a problematiche di tipo dinastico.

Relativamente alla realtà extra-europea sono da segnalare le relazioni diplomatiche stabilite con varie repubbliche dell’America latina, e l’esplicita condanna della tratta degli schiavi nel 1839. Morì a Roma dopo una breve malattia il 1° giugno 1846.


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Documenti
 

Le armi valorose

Con questa enciclica, emanata il 12 luglio 1831, Gregorio XVI elogia le truppe austriache intervenute a sedare le sollevazioni che si erano sviluppate a partire dal febbraio 1831 a Bologna e in diverse altre zone dello Stato pontificio, truppe che in quel momento si stavano ritirando dalle Legazioni. Con accenti paterni, invita inoltre tutti i suoi sudditi a dimenticare i recenti avvenimenti.

Tutte le encicliche e i principali docmenti pontifici emanati dal 1740, III, Leone XII (1823-1829) –Pio VIII (1829-1830) – Gregorio XVI (1831-1846), a cura di U. Bellocci, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1994, pp. 147-148.

 

Mirari vos

Il passo che qui si presenta è tratto dall’enciclica Mirari vos, emanata da Gregorio XVI il 15 agosto 1832. In essa, il pontefice respinse indirettamente le tesi sostenute da Lamennais sul giornale «L’Avenir», condannate come indifferentismo, e biasimò la libertà di stampa, di coscienza e di pensiero. Contemporaneamente, invitò i principi a difendere la religione cattolica, giudicata il fondamento di ogni ordine sociale e politico.

Tutte le encicliche e i principali docmenti pontifici emanati dal 1740, III, Leone XII (1823-1829) –Pio VIII (1829-1830) – Gregorio XVI (1831-1846), a cura di U. Bellocchi, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1994, pp. 173-177 (rielaborato).