» Nievo Ippolito  
Padova, 1831 – Mar Tirreno, 1861
 
 
A. Pavia - Ippolito Nievo in tenuta militare - Musei Civici, raccolta Bertarelli - Milano  

Le sue prime prove poetiche sono degli anni 1847-1848. Nievo era allora un adolescente e quei versi sono il tipico esercizio di uno studente di retorica. Figlio di un pretore, il giovane Nievo segue il padre nei suoi spostamenti da una città all’altra.

Prima a Mantova poi a Cremona, dove si trasferisce nel 1848. Qui conosce Matilde Ferrari e se ne innamora. Ne deriva un epistolario che rappresenta la prima opera in prosa di Nievo. Espliciti sono i riferimenti a Foscolo (Ortis) e a Rousseau (Nouvelle Héloïse). Nel 1849 lo ritroviamo in Toscana, a Firenze e a Pisa, dove partecipa ai moti contro il Granduca. Ritorna a Cremona per terminare il liceo e si iscrive all’Università di Pavia, dove studia legge.

La fine dell’amore per Matilde trova espressione in un romanzo satirico, l’Antiafrodisiaco per l’amor platonico (1851).

Il romanzo resta inedito fino al 1956, ma ha una grande importanza per l’interpretazione della figura di Nievo, il quale sceglie la linea comica, sulle tracce di Lawrence Sterne. Scrive poesie e collabora ai giornali («Alchimista Friulano» 1851-1855).

Nei versi predomina la tematica politico-sociale e la lezione classicista. Le lucciole (1858) si fanno notare perché illustrano un ulteriore tratto stilistico del Nievo: la tendenza all’idillio.

Chiudono la sua carriera poetica gli Amori garibaldini, che celebrano, su di un registro eroico, il «personaggio» Nievo, volontario nella guerra del 1859, combattente a San Fermo e a Rezzate.

Al 1859 risale anche la traduzione dei Canti popolari della Grecia moderna, che si muove lungo una linea di ricerca folklorica tipica dell’epoca romantica. Nel 1860 è di nuovo con Garibaldi in Sicilia, con il grado di colonnello e l’incarico di intendente della spedizione. Muore nella notte fra il 4 e il 5 marzo 1861, per il naufragio dell'Ercole, sul quale era imbarcato nel viaggio di ritorno verso il Continente.

Tanto le poesie che la prosa di Nievo (vanno ricordate le novelle, particolarmente Il Varmo del 1856, i due romanzi, Angelo di bontà, 1855 e Il conte pecoraio, 1856; le tragedie, Spartaco, I Capuani, 1857) interessano soprattutto perché aiutano a comprendere la sua opera maggiore, Le confessioni di un italiano, lungo romanzo composto in 8 mesi nel 1858 (pubblicato solo nel 1867, col titolo di Confessioni di un ottuagenario).

Le Confessioni sono un capolavoro della letteratura dell’Ottocento italiano.

Raccontano la storia di una giovinezza, e della giovinezza, che indugia sulla soglia di una maturità che non vuole varcare, fa l’oggetto di una struggente nostalgia. Il lettore vi si trova di fronte ad una autobiografia sentimentale in cui le vicende personali dell’autore sono trasposte nelle peripezie amorose di Carlino Altoviti, diviso tra gli amori di Pisana e della sorella Clara che incarnano gli estremi erotico-sentimentali della situazione psicologica del protagonista.

Tutta la vicenda romanzesca è inquadrata in una cornice temporale compresa fra l'estrema decadenza veneziana e la disfatta di Novara. La fine della Repubblica veneta rivissuta con animo a un tempo umoristico e nostalgico, la psicologia e gli amori infantili del protagonista e della contessina Pisana, il bizzarro, volitivo, passionale carattere di quest’ultima dalla prima infanzia alla prima giovinezza, quello della sorella Clara e del dottor Lucilio, nonché una folla di tipi minori comici tragici e borghesi, vi hanno espressione ricca, originale e forte, e Pisana resta una delle grandi figure umane della letteratura d'ogni tempo.

Documenti
 

Frammento sulla rivoluzione nazionale

In queste pagine rimaste a lungo inedite, Nievo tratteggia con straordinaria acutezza il difficile rapporto tra città e campagna, borghesia e contadini, che contraddistinse negativamente le vicende risorgimentali.

I. Nievo, Frammento sulla rivoluzione nazionale, in I. Nievo, Scritti politici e storici, a cura di G. Scalia, Rocca San Casciano, Cappelli Editore, 1965, pp. 160-161, 163-167.

 

Lettera al fratello Carlo

La concitazione e l’eccitazione per una grande impresa traspaiono dalle parole al fratello. La paura della morte è nascosta dalla consapevolezza di partecipare ad un evento straordinario.

Nievo, Lettere garibaldine, a cura di A. Ciceri, Torino, Einaudi, 1961, p. 3.

 

Lettera alla cugina Bice

Una vivida descrizione dello sbarco in Sicilia e della prima fase della spedizione dei Mille nelle parole che Nievo rivolge alla cugina Bice.

I. Nievo, Lettere garibaldine, a cura di A. Ciceri, Torino, Einaudi, 1961, pp. 7-9.

 

Lettera alla madre Adele

La realtà della Sicilia e dei siciliani è ben diversa da quella attesa. Ecco alcune impressioni avute nel comportamento di coloro che dovevano aiutare i Mille a liberare l’Italia.

I. Nievo, Lettere garibaldine, a cura di A. Ciceri, Torino, Einaudi, 1961, p. 27.

 

Alla cugina Bice

Nievo confessa la stanchezza e la delusione per la poca riconoscenza dell’opinione pubblica moderata verso i garibaldini.

I. Nievo, Lettere garibaldine, a cura di A. Ciceri, Torino, Einaudi, 1961, pp. 114-115.