» 32|La terza guerra di indipendenza  
 


 

 
G. Induno - La partenza dei coscritti nel 1866 - 1878 - olio su tela - Fondazione Museo "Francesco Borgogna" - Vercelli  

L’8 aprile 1866 l’Italia firmò un accordo segreto con la Prussia in base al quale si impegnava a dichiarare guerra all’Austria in caso di conflitto austro-prussiano, in cambio del Veneto e di tutti i territori italiani ancora sotto il dominio asburgico. Quindi, tre giorni dopo che lo stesso atto era stato compiuto da Bismarck, l’Italia consegnò a Vienna la dichiarazione di guerra il 20 giugno 1866, fissando l’inizio delle operazioni per il 23.


 

 
Felice Zennaro - Bezzecca - 1866 - olio su tela - Museo del Risorgimento Milano  

Iniziata così la terza guerra contro l'Austria, il comando supremo dell’esercito fu assunto formalmente da Vittorio Emanuele II, che ebbe al suo fianco La Marmora come capo di stato maggiore e comandante di alcune divisioni sul Mincio. Il generale Cialdini, che guidava un corpo d’armata sul basso Po, ebbe inoltre una non motivata autonomia da La Marmora, foriera di non pochi contrasti.

Passato il Mincio a Valeggio e a Goito il 23 giugno, La Marmora fece avanzare alcune divisioni verso Villafranca e circondare Peschiera e Mantova. Il 24, si svolse quindi a Custoza una battaglia di incontro tra i due eserciti che, spezzata in combattimenti molto aspri, mancò completamente di comando e si chiuse la sera stessa con il ritiro degli italiani sulla destra del Mincio.

A questa iniziale sconfitta, cui si sarebbe potuto rimediare nei giorni immediatamente successivi, seguì però una crisi di comando, dovuta ad un duro contrasto tra La Marmora e Cialdini, che pesò gravemente sulle sorti della guerra poiché rese impossibile una rapida controffensiva.

Dopo la dura sconfitta subita a Sadowa ad opera dei prussiani, inoltre, il governo di Vienna chiese il 4 luglio la mediazione francese e offrì all’Italia l’immediata cessione del Veneto in cambio di un armistizio. A

ccettata però l’intercessione di Napoleone III dalla Prussia l’8 luglio, l’Italia si trovò nella non facile condizione di dover ottenere un successo militare, che evitasse l’umiliazione dell’acquisto del Veneto tramite Napoleone e rendesse più forte la propria posizione al tavolo della pace.


 

 
P. Gallizioli - Lissa, 20 luglio 1866: Affondamento della "Re Galantuomo" -  olio su tela - Museo storico navale - Venezia  

Al principio di luglio Garibaldi cominciò così ad avanzare nel Trentino, mentre l’8 le forze di Cialdini passarono finalmente il Po, giungendo il 14 e il 15 luglio a Padova e Vicenza. Gli austriaci intanto, interessati soprattutto a fronteggiare i prussiani, cominciarono a ritirarsi rapidamente verso l’Isonzo, dopo aver lasciato dei presidi nel Quadrilatero e a Venezia.

Il comandante della flotta, ammiraglio Persano, decise inoltre, in esecuzione di un preciso ordine impartitogli al termine di un Consiglio di guerra il 14 luglio, di costringere alla battaglia l’armata navale nemica, occupando l’isola di Lissa, avamposto austriaco di fronte alla costa dalmata.

 


 

  R. C. Monvoisin - L'ammiraglio Persano - dipinto - Collezione Pellion di Persano - Torino

Il 20 luglio, dopo aver bombardato l’isola per due giorni con risultati mediocri, gli italiani furono però attaccati dalla flotta imperiale proveniente da Pola, e subirono l’affondamento di due navi, la corazzata Re d’Italia e la cannoniera Palestro.

Benché questa battaglia non avesse modificato realmente il rapporto di forza tra i due schieramenti, essa determinò nell’opinione pubblica italiana un senso di profonda umiliazione.

Frattanto, il 21 luglio, Garibaldi riuscì a sconfiggere gli austriaci a Bezzecca, mentre una colonna poté spingersi nei giorni successivi fino a Levico, Pergine e Civezzano, a soli 9 chilometri da Trento. Proprio quando il generale austriaco Kuhn stava per ritirarsi in Alto Adige, prussiani e austriaci firmarono il 26 luglio i preliminari di pace a Nikolsburg, mentre anche sul fronte italiano aveva inizio una tregua d’armi.

Impossibilitata a riprendere la guerra autonomamente e pressata da Napoleone III affinché accettasse le condizioni concordate fra lui e l’Austria, l’Italia ordinò quindi a Garibaldi di ritirarsi dal Trentino e il 12 firmò a Cormons l’armistizio. La clausola che prevedeva la cessione del Veneto all’Italia tramite Napoleone III, confermata il 23 agosto nella pace sottoscritta a Praga fra Prussia e Austria, fu conservata nella pace tra Italia e Austria firmata a Vienna il 3 ottobre 1866.