» Crispi Francesco  
Ribera (Agrigento), 1818 - Napoli, 1901
 

 

 
G. Isola - Francesco Crispi (1819-1901) - 1863 - carte de visite - Archivio Storico Civico - Pavia  

Si trasferì a Napoli nel 1845 per esercitare l'avvocatura, ebbe contatti con elementi liberali e nel periodo anteriore al 1848 fece da tramite fra questi e i patrioti della Sicilia.

Scoppiata la rivoluzione a Palermo (12 gennaio 1848), fu membro del comitato di guerra e poi deputato alla Camera dei comuni, dove appartenne all'opposizione repubblicana, che appoggiò anche nel suo giornale, «L'Apostolato».

Fallita la rivoluzione (1849), andò esule in Piemonte, dedicandosi agli studî e al giornalismo. Espulso dal Piemonte dopo i moti milanesi del 1853, si recò a Malta, tenendosi in corrispondenza con Mazzini e Rosolino Pilo.

Espulso pure dall’isola, andò a Londra, poi a Parigi, finché la reazione succeduta all'attentato di Felice Orsini contro Napoleone III (1858) non lo costrinse di nuovo all’esilio.

In questi anni, intanto, i suoi intensi contatti con i fuoriusciti di parte democratica e con Mazzini lo spinsero ad abbandonare l'autonomismo siciliano e a schierarsi decisamente per la soluzione unitaria: nel 1859 si recò in Sicilia a organizzarvi l'insurrezione (luglio-agosto), e l'anno successivo contribuiva in modo determinante a decidere Garibaldi alla spedizione di Sicilia, della quale egli fu, in certo modo, il cervello politico, sia per la sua attività di amministratore, sia per la parte ch'egli ebbe nello sforzo di rinviare l’annessione finché non fossero state liberate anche Roma e Venezia.

Proclamata l'Unità, Crispi, eletto deputato (1861), sedette a Sinistra: ma persuaso ormai che la monarchia fosse garanzia di unità e generatrice di forza spirituale per la nazione, vi aderì, staccandosi clamorosamente da Mazzini (marzo 1865). Continuò tuttavia a combattere i governi di destra sui giornali e in Parlamento.

Alla caduta della Destra (1876) assunse la presidenza della Camera; l'anno successivo un suo incontro con Bismarck a Gastein e a Berlino condusse l’Italia ad assumere gravi impegni in senso antifrancese senza nessuna contropartita. Ministro degli Interni dal 27 dicembre 1877, fu però costretto a dimettersi il 7 marzo 1878, di fronte all’accusa di bigamia per aver sposato civilmente, il 27 gennaio, Filomena Barbagallo nonostante un antico matrimonio contratto con rito religioso a Malta nel 1854 con Rosalia Montmasson, che Crispi considerava privo di validità giuridica.

Tornò al ministero degli Interni il 4 aprile del 1887 con Depretis, al quale succedette il 29 luglio come presidente del Consiglio. Assertore di una politica forte all'interno e all'estero, Crispi fu strenuo sostenitore della Triplice alleanza e deciso avversario della Francia, promotore dell'espansione coloniale (col trattato di Uccialli, 1889) sperò di sottoporre l'Etiopia al protettorato italiano), e di leggi fondamentali per l'amministrazione interna. Nel 1893 e nel 1894 fronteggiò con durezza i moti popolari che allora scoppiarono (Fasci siciliani, moti in Lunigiana).

Dovette affrontare le accuse che gli si mossero in relazione agli scandali della Banca romana, tentò accordi con la Francia per alleggerire l'eccessiva soggezione italiana alla Triplice alleanza, ma, impegnatosi a fondo in Africa, fu travolto dal disastro di Adua (1º marzo 1896). Per le sue idee di governo forte all’interno e per la determinazione colonialista Crispi anticipa taluni motivi ripresi poi dal nazionalismo e dal fascismo.

Legati alla sua particolare personalità e alle sue incertezze furono i tentativi, entrambi falliti, di riavvicinamento alla Santa Sede (1887 e 1894-95).