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La memoria e le interpretazioni del Risorgimento » Fine XIX-inizio XX secolo  
 

Già dai primi anni successivi all'unificazione il ricordo degli avvenimenti che avevano portato alla nascita dello Stato nazionale fu caratterizzato da polemiche, conflitti, rotture. C'era un'Italia monarchica e ufficiale che considerava casa Savoia come protagonista principale e quasi unica del Risorgimento, tanto da lasciare in ombra perfino il ruolo di Cavour, che pure era stato assolutamente decisivo; c'erano gli eredi della sinistra risorgimentale che invece criticavano in blocco l'unificazione perché – sostenevano – aveva coinciso in sostanza con la «conquista piemontese» del resto d'Italia ed identificavano perciò il vero Risorgimento, l'unico che meritasse d'essere celebrato, nell'azione di Garibaldi e deidemocratici.

C'erano infine quanti, su posizioni cattoliche intransigenti, condannavano il Risorgimento perché aveva sottratto al papa i suoi territori rendendolo sostanzialmente prigioniero del nuovo Stato italiano.

I primi studi storici sul Risorgimento risentivano in modo evidente di queste divisioni e spesso riproponevano le posizioni che erano state proprie delle varie correnti politiche nei decenni precedenti il 1860. Così, per citare due testi significativi di questa prima stagione di studi, il monarchico Nicomede Bianchi improntava la sua Storia della monarchia piemontese dal 1773 al 1861 (1877-1885) a una acritica esaltazione della monarchia sabauda; mentre la Storia d'Italia dal 1814 al 1863 (1863-64) del democratico Luigi Anelli considerava negativamente il ruolo svolto dal Piemonte nell'ultima fase dell'unificazione.

 

 
L. Giovanacci - Alla memoria dei grandi uomini che formarono l'Italia - stampa - Museo Centrale del Risorgimento - Roma  

Tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo prendeva forma nella cultura del paese una visione cosiddetta «conciliatorista» che mirava a smussare i contrasti esistiti tra le diverse componenti del movimento per l'indipendenza (anzitutto tra monarchici e democratici), poiché tutte avevano concorso al risultato finale.

Due opere particolarmente rappresentative di questo indirizzo furono le Letture del Risorgimento italiano 1749-1870, scelte e ordinate da Giosuè Carducci (1896), e la Storia critica del Risorgimento italiano di Carlo Tivaroni (1887-97), il quale concludeva il nono e ultimo volume dell'opera osservando appunto che «la prudenza di Cavour e di Vittorio Emanuele giovava come la costanza di Mazzini e l'audacia di Garibaldi».

Fu sulla base di simili giudizi che negli anni seguenti l'Italia monarchica riconobbe anche il repubblicano Mazzini come uno dei padri della patria e che si andarono diffondendo le stampe popolari raffiguranti i «quattro grandi» del Risorgimento tranquillamente a braccetto.

L'affermarsi, soprattutto a livello dell'Italia ufficiale, della visione «conciliatorista» non impediva che nel paese sopravvivesse un conflitto tra memorie diverse, volto a riproporre e riutilizzare nella lotta politica i contrasti del periodo risorgimentale. In particolare, il conflitto tra opposte memorie si manifestava in occasione di qualche anniversario da celebrare, dando luogo alla pratica delle due differenti manifestazioni: a quella ufficiale, con la partecipazione dei rappresentanti delle istituzioni, si contrapponeva quella della Sinistra (con la presenza dei democratici e dei mazziniani, e da un certo punto in poi anche da socialisti) che celebrava un suo Risorgimento alternativo, considerato come una rivoluzione che, interrotta da Cavour e dal re nel 1860, occorreva riprendere per costruire una Italia veramente democratica e popolare.

Non era infrequente che queste manifestazioni dessero adito a incidenti e all'intervento della polizia. Così avvenne a Milano nel 1909, in occasione del cinquantenario della seconda guerra d'indipendenza, quando alcuni socialisti, passando davanti al monumento a Vittorio Emanuele II, capovolsero le loro bandiere rosse esibendone in segno di disprezzo soltanto l'asta.

Per quel che riguarda la storiografia, i quindici o venti anni che precedettero la prima guerra mondiale videro un moltiplicarsi di studi, favorito anche dalla scomparsa della generazione che aveva partecipato alle lotte risorgimentali e aveva poi guardato a quegli avvenimenti in modo spesso retorico e apologetico.

 

 
Gaetano Salvemini  

Uno dei protagonisti di questa nuova stagione fu Gaetano Salvemini, autore di un libretto su I partiti politici milanesi nel secolo XIX (1899), duro atto d'accusa contro il «moderatume» lombardo ma anche «primo esempio d'una indagine sulla composizione sociale dei partiti politici italiani» (W. Maturi).

Pochi anni dopo, Salvemini pubblicò uno studio su Il pensiero religioso, politico e sociale di Giuseppe Mazzini (1905), poi riedito molte volte, che rappresentò uno dei primi testi sul fondatore della Giovine Italia che uscisse dal genere agiografico.

Di una biografia di Mazzini, ma anche di una Storia dell'unità italiana (1899; ediz. ital. 1909-10), fu autore l'inglese Bolton King, da ricordare anche come rappresentante di quel particolare interesse della storiografia inglese sull'Italia che sarebbe proseguito a lungo, trovando in anni più vicini a noi il suo maggior rappresentante in Denis Mack Smith.


Con una differenza importante, però: che mentre Bolton King era animato da una evidente simpatia per le vicende che avevano portato alla costruzione dello Stato nazionale italiano, Mack Smith avrebbe ispirato le sue opere – anzitutto la Storia d'Italia dal 1861 al 1958 (1959) – ad una generale condanna del processo risorgimentale, visto come l'origine dei tanti mali della successiva storia italiana a cominciare dal fascismo.

In un periodo caratterizzato da una notevole crescita degli studi, si pubblicarono ricerche importanti su Cavour (soprattutto F. Ruffini, La giovinezza del conte di Cavour, 1912) e su altri protagonisti del Risorgimento; si pubblicarono studi sulle riforme settecentesche; si tentarono prime ricostruzioni d'assieme. Nel campo della pubblicazione delle fonti sono da ricordare, per un verso, la comparsa dei primi volumi dell'opera omnia di Mazzini, per l'altro le ricerche condotte negli archivi di Vienna da Alessandro Luzio, i cui libri rappresentarono quasi una rivoluzione nel campo degli studi poiché per la prima volta ci si basava su documenti provenienti dai nemici dell'indipendenza italiana.

 

 

  Alfredo Oriani

Un'importanza non solo storiografica ebbe la ripubblicazione del libro che uno scrittore romagnolo non storico di professione, Alfredo Oriani, aveva fatto stampare nel 1892, ma che era rimasto allora totalmente ignorato: La lotta politica in Italia: origini della lotta attuale, 476-1887.

A determinare il successo dell'opera fu soprattutto l'attenzione che ad essa dedicò Benedetto Croce, con un articolo sulla sua rivista «La Critica» nel 1909 in cui ne elogiava, in polemica con la storiografia erudita, la capacità di guardare i fatti storici dall'alto, di avere una visione d'insieme.

L'idea di fondo del libro – quella che la storia italiana fosse percorsa dal contrasto fra tradizioni federaliste e tendenza all'unificazione statale – non era originale: Oriani la riprendeva da un volume di Giuseppe Ferrari.

Ma il successo del libro (riedito nel 1913 dalle edizioni della «Voce») dipese molto dal fatto che l'autore mescolava il richiamo a temi propri della democrazia risorgimentale con quelle aspirazioni alla potenza nazionale che apparivano caratteristiche dei tempi nuovi (la conquista italiana della Libia avvenne nel 1911-12).

 

Gaetano Salvemini

Nell'unica sua opera di sintesi dedicata al Risorgimento – L'Italia politica nel secolo XIX (1925) – Salvemini spiegava tra l'altro come dopo il 1860 la scelta a favore dell'accentramento amministrativo fosse inevitabile a causa della debolezza del «partito nazionale» nel Mezzogiorno. Contemporaneamente riproponeva la sua convinzione che la storia è sempre fatta dalle minoranze «consapevoli ed attive», capaci di vincere le «inerzie delle moltitudini».

G. Salvemini, Scritti sul Risorgimento, a cura di P. Pieri e C. Pischedda, Milano, Feltrinelli, 1961, pp. 432-435.

 

Alfredo Oriani

In un suo corso universitario degli anni Cinquanta del Novecento, lo storico Walter Maturi esaminava criticamente il valore storiografico della Lotta politica in Italia di Oriani.

W. Maturi, Interpretazioni del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962, pp. 393-399.

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