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Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011) » Sabatini Alma  
1922 - 1988
 

 

 
Foto cortesia A.F.F.I. Associazione Federativa Femminista Internazionale  

Personaggio davvero “radicale”, sia perché contribuì a fondare il Partito Radicale in Italia, sia perché fu una che prese di petto, radicalmente appunto, la sua vita, consegnandola tutta, senza compromessi, al servizio dell'idea femminista, esplosa nel nostro paese negli anni ‘70, unico vero motore della sua esistenza.

Alma Sabatini nasce a Roma il 6 settembre 1922 e muore tragicamente, all'età di 65 anni, sempre a Roma, il 12 aprile 1988, in conseguenza di un incidente automobilistico nel quale resta ucciso anche il marito Robert Braun.

Marito e compagno amatissimo, con il quale era riuscita a creare un rapporto di tale “miracoloso equilibrio”, da indurre i gruppi femministi, che allora gestivano l'occupazione del Buon Pastore, a operare un clamoroso – l'unico che io ricordi – strappo alla regola, rigorosamente separatista all'epoca, in virtù della quale nessun maschio (neanche bambino), per nessuna ragione, poteva accedere all'interno del palazzo, concedendo, eccezionalmente, in occasione del suo funerale – ovviamente si volle che fosse fatto lì perché sarebbe stato davvero incongruo che si celebrasse da un'altra parte, lì Alma aveva trascorso tanta parte della sua vita – che la salma di Robert fosse esposta accanto alla sua nella camera ardente allestita nella stanza delle assemblee, in modo che, insieme, ricevessero l'ultimo saluto.

Di professione insegnante di inglese, preferì ritirarsi anticipatamente dalla scuola per potersi dedicare a tempo pieno al femminismo, nel quale militò sin dai primissimi anni ‘70.

Aderì infatti al “Movimento femminista romano”, altrimenti detto “Collettivo Pompeo Magno”, dal nome della via dove era situata la storica sede, nel novembre del ‘73, dopo essersi allontanata polemicamente dal Partito Radicale quando fu costretta a misurarne l'ostilità politica che esso praticava nei confronti del separatismo femminista. E questo nonostante che, pure al suo interno, in occasione per esempio, di un seminario organizzato nel corso del 1970 sulla condizione della donna, avesse potuto entrare in contatto con alcune che “già avevano riflettuto”, per dirla con parole sue.

Nel suo diario politico personale racconta la rottura con il Partito Radicale, e, in particolare lo scontro con Massimo Teodori, con il quale aveva cominciato a lavorare politicamente sin dall'inizio. Lei, di formazione liberale di sinistra, aveva trovato infatti in un primo momento, un alloggio congeniale nella laicità radicale che si respirava nel Partito, ma poi, una volta scoperta in sé la radicalità femminista, molto più profonda, non poté tollerare la ragion politica che voleva ingabbiare la rivoluzione delle donne dentro una semplicistica rivendicazione di diritti.

Perciò attiva, senza riserve, una rottura estremamente limpida rispetto a qualsiasi ambiguità nel rapporto tra femminismo e lotta per i diritti civili. Cosa che la condurrà ad uscire non solo dal Partito, ma anche dal “Movimento di liberazione della donna” (Mld), allora ancora federato al Partito Radicale, e ad approdare, come si è detto, al collettivo “Lotta femminista”, poi Mfr.

Nella battaglia per la depenalizzazione dell'aborto, che infiammò la scena politica di quegli anni, Alma Sabatini arrivò persino ad autodenunciarsi in aula (caso Pierobon) per quella pratica, nonostante che, personalmente, non avesse mai abortito, al fine di condurre l'argomento in primo piano nel dibattito politico. Partecipò a tutte le manifestazioni di piazza e, in una di esse (nel 1972), fu addirittura ferita dalla polizia.

Fu anglista raffinata tanto da partecipare attivamente a molti congressi internazionali, attraverso i quali sviluppò l'internazionalismo dell'Mfr, e del femminismo italiano in generale, come è documentato nel volume Donnità, edito dallo stesso collettivo e curato da Edda Billi e Giovanna Pala. Negli anni ‘78-‘79 fu molto attiva nella lotta comune del Mfr, del Mld e dell'“Unione Donne Italiane” (UDI) per la conquista di una legge contro la violenza sessuale, condotta sulle strade e nelle piazze d'Italia, attraverso la raccolta di 50. 000 firme, in calce a un progetto di legge di iniziativa popolare, interamente scritto da donne, che si concluse con la consegna delle firme in Parlamento, dopo una imponente manifestazione a Roma, il 29 marzo del 1980.

Battaglia questa, che fu durissima e che si accese sia all'interno del movimento delle donne (è nota per esempio, la ferma opposizione alla procedura d'ufficio, prevista dal progetto, da parte di alcune aree molto influenti e significative del movimento milanese), sia nell'ambito istituzionale, dove ha trovato fortissime resistenze nei partiti politici, che avrebbero dovuto assumerla e che ne hanno invece ostacolato gli aspetti più qualificanti, ritardandone così di molti anni la soluzione parlamentare e, alla fine, tradendola.

Alma Sabatini si adoperò molto negli scambi con i movimenti e le istituzioni, tanto che si aprirono per lei, nel corso degli anni ‘80, nuovi itinerari di proposta e di presenza. Nel 1985 divenne membro della “Commissione Nazionale di Parità tra uomo e donna”, la prima, sotto la presidenza di Elena Marinucci e qui, forte degli studi linguistici – è stata, tra l'altro, autrice di grammatiche di lingua inglese e di didattica – che aveva curato da rigorosa autodidatta, anche nella collaborazione sin dall'‘86 con la casa editrice McGraw-Hill Companies di sede a Milano, si dedicò allo studio dell'uso sessista della lingua italiana, dopo aver approfondito simili indagini parallele in altri paesi.

Sulla linguistica applicata all'analisi dei contenuti sessisti della lingua si mosse per prima in Italia, insistendo sui suoi contenuti discriminatori che danneggiano le donne vieppiù proprio perché passano inosservati. Perciò propose ed ottenne, in Commissione, l'autorizzazione a condurre una ricerca, attraverso una apposita Sottocommissione istituita ad hoc, sul sessismo nella lingua italiana, convinta che un impegno per il cambiamento dei termini sessisti avrebbe portato con sé anche una modifica alla radice dei contenuti sociali ad essi coinvolti. Si applicò quindi ad elaborarne le possibili sostituzioni, creando così, in un certo senso, un nuovo vocabolario.

Questo lavoro, firmato da lei e pubblicato nell'‘87, con il titolo: Il sessismo nella lingua italiana, a cura della stessa Commissione, sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio, trovò larga eco sulla stampa nazionale e le procurò ulteriore credito e fama. Fu però purtroppo l'ultimo, perché, qualche mese dopo, come sappiamo, morì.

Alma Sabatini resta nel ricordo come una grande costruttrice di idee e di relazioni. Vera insegnante, era dotata della pietas necessaria per dare spazio, riconoscere errori e talenti, mantenendo però forte il senso della propria autonomia di pensiero e le proprie convinzioni.

Andava alle radici e sapeva mediare: questa era la sua migliore qualità. Formata al rifiuto più drastico delle tentazioni gerarchiche e del potere individuale, profondamente laica e libertaria nei suoi atteggiamenti, anticonformista, e però correttissima nel rispetto delle altre e degli altri, sapeva non farsi sedurre da posizioni di comando e utilizzava invece la grande autorevolezza di cui godeva per spendersi a totale beneficio delle relazioni. In questo era maestra massima.

Amava vestirsi di rosso, un colore che le donava e che trasmetteva allegria e forza. Era dotata di grande humour e di capacità vitale fuori del comune. Si divertiva più di tutte a travestirsi nelle manifestazioni e così travestita, è stata spesso fotografata.

Al Buon Pastore, attuale Casa internazionale delle donne, Alma campeggia ancora, nella sede dell'Associazione Federativa Femminista Internazionale (AFFI), col suo sorriso accattivante, ritratta in una gigantografia, spavalda in sella alla sua bicicletta, travestita appunto da suffragista d'inizio secolo.

Rosetta Stella

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