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Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011) » Maselli Titina  
1924 - 2005
 


 

 
Titina Maselli durante l'allestimento di una sua mostra a Milano, 1967 - Foto cortesia Fototeca AAMOD/F&M, Roma  

La vita di Titina Maselli è una continua sfida al reale che si realizza attraverso la pittura. Il coraggio di rompere tradizioni, di saper camminare anche da sola pur di mantenere piena autonomia di pensiero e di sperimentazione, la forza di un'intelligenza lucida che ha saputo cogliere l'essenza tragica ed insieme energica della società contemporanea, ne fanno una grande artista, un'artista che ha inventato qualcosa di nuovo, e che quindi è a pieno titolo nella storia dell'arte del ‘900.

Dopo aver compiuto studi classici, Titina s'incammina ragazza sulla strada della pittura, incoraggiata anche dal padre, il critico d'arte Ercole Maselli. All'età di vent'anni vende il suo primo quadro fuori dalla cerchia familiare; lo compra Riccardo Gualino, un collezionista che a Torino, negli anni del dopoguerra, aveva creato un clima culturale molto fertile.

La prima mostra personale è del 1948. Ha appena 24 anni, ma la mostra è importante e segna un esordio che viene notato negli ambienti della critica: «Ella ardisce di mettere in un quadro un telefono, una macchina da scrivere, una di quelle cartacce che la notte fanno un grumo bianco sull'asfalto della città», scrive Corrado Alvaro presentando la mostra.

In effetti i suoi quadri non hanno nulla di accattivante, anzi comunicano «profondo disagio, le passioni di una generazione ancora acerba, ma già provatissima dalla paura e dalla disperazione» (Renzo Vespignani). Nel 1950 partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia (vi sarà ancora presente nel ‘54, nel ‘56, nel ‘64, nell'‘84). La città è sin dall'inizio, e rimarrà sempre, al centro della poetica di Titina.

Nel 1952 va a New York. È una necessità, un viaggio di ricerca: «La città della vita è New York – dirà in un'intervista a Lea Vergine – nel ‘52 sapevo già cosa era, già la volevo questa città sotto i fari, fissata dal lampo del magnesio, [...] non morbida [...] non condita dal lirico dolente». Vi rimarrà tre anni, per poi trasferirsi nella provincia austriaca dove, in una condizione di isolamento, si concentrerà in una ricerca accanita sul colore.

Tornata a Roma,Titina vi trascorre tutti gli anni ‘60. Sono gli anni in cui in America nasce la Pop art, e la pittura di Titina Maselli, alla luce di questa nuova corrente, sembra poter trovare una «sistemazione».

«Questi giovani artisti vogliono dipingere la cosa in sé. Io invece intendevo dipingere dei conflitti»; anche la valutazione della pittura astratta differenzia la pittura di Titina dalla Pop art: seppure sicuramente figurativa, la pittura di Titina deve molto all'astrattismo, che lei stessa riconosce come fondamentale nelle sue corde.

Negli anni ‘70 si trasferisce a Parigi in una piccola casa-studio, dove gli oggetti e gli strumenti della vita quotidiana convivono con le tele arrotolate, i quadri incompiuti o accatastati che nascono misteriosamente potenti e che sono la sua vera casa.

Nel corso degli anni ‘80 le sue tele si fanno grandissime e lo spazio irrompe prepotente come dimensione fondamentale della sua poetica. La vediamo stagliarsi, sagoma esile ed elegante, ma anche forte e provocante davanti a una vertigine di piccoli segni, dai colori violentissimi che visti a distanza sufficiente ci riportano sempre alla città, alla sua anima. In questi anni nasce anche l'interesse per il teatro e la collaborazione con registi come Gilles Aillaud, Bernard Sobel e Carlo Cecchi.

Raffaella De Pasquale

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