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Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011) » Garofalo Anna  
1903 - 1965
 


 

 

Nella collana «Libri del tempo» di Laterza che ospitava testi di Arturo Carlo Jemolo, Tommaso Fiore, Ernesto Rossi, Gaetano Salvemini, Danilo Dolci, esce nel 1956 L'Italiana in Italia di Anna Garofalo.

Il libro raccoglie le trasmissioni che l'autrice aveva fatto per otto anni a partire dal settembre 1944, intitolate Parole di una donna in cui tratta da un punto di vista femminile temi che si potevano per l'epoca considerare di avanguardia come quelli sul gallismo degli italiani e sul rapporto uomo donna, il valore della verginità, il divorzio, l'adulterio, la prostituzione, a confronto con la condizione della donna negli altri paesi europei e negli Stati Uniti. Tra le sue ospiti oltre a centinaia di donne comuni Palma Bucarelli, Alba de Cèspedes, Sibilla Aleramo.

Anna Garofalo è quindi la prima giornalista e scrittrice che affronta senza veli ideologici questi problemi. È una giornalista di formazione liberale che abbraccia la causa dell'emancipazione della donna e tratta i problemi sociali da intellettuale consapevole e indipendente senza i paraocchi comunisti o cattolici.

Le trasmissioni che vanno in onda dalla radio del PWB, controllata dagli americani, suscitano reazioni da parte dei giornali cattolici e di destra ma Anna Garofalo non si cura di questi attacchi. La spregiudicatezza con cui tratta temi come il voto alle donne, la libertà sessuale, il lavoro femminile, l'impegno politico e sociale, provoca le preoccupazioni dei dirigenti della Rai, che aveva ereditato la rubrica del PWB. Essi spostano la trasmissione in un'ora di minor ascolto e le vietano espressamente di parlare di divorzio. Ma Anna Garofalo ha un'autorevole e prestigiosa alternativa, Il Mondo di Mario Pannunzio su cui pubblica le sue inchieste. Proprio su un quotidiano d'opposizione che aveva lo stesso nome, diretto da Giovanni Amendola e poi soppresso dal fasci smo, aveva pubblicato i suoi primi scritti. Anna Garofalo, antifascista, è costretta al silenzio.

Tra il ‘40 e il ‘45 vive la sconvolgente esperienza di madre con il figlio al fronte, in marina; per quattro anni il giovane sarà ufficiale di rotta dapprima sull'incrociatore Eugenio di Savoia, poi sul Giuseppe Garibaldi.

La vicenda si tradurrà nel libro In guerra si muore, Universale Editoriale, 1945. Lo stile caratterizzato da frasi brevi, scarsa aggettivazione, ritmo, parole ossessivamente ripetute come lo sono i fatti della guerra – i bombardamenti, la propaganda, l'attesa di notizie – fa di questa sorta di diario un documento di straordinaria attualità, che prescinde dal fatto singolo per assumere un significato universale.

La riconquistata libertà porta linfa nuova nelle vene di questa giornalista di razza. Più che degli articoli, i suoi lavori pubblicati sul Mondo di Pannunzio hanno lo spessore, la serietà, la documentazione puntigliosa propria dei saggi. «Ricerche che ho compiuto da scrittrice e non da esperta» dice a proposito delle sue inchieste, spesso scottanti, che accendono polemiche che a volte si trascinano per mesi, scatenano reazioni violente perfino a livello governativo, inducendo a interrogazioni alla Camera e al Senato. In un caso, il suo atto d'accusa nei confronti delle colonie ex GIL (Gioventù Italiana del Littorio), innesca una polemica che si conclude nel 1952 con un disegno di legge presentato alla Camera.

Sorprende nei suoi articoli di denuncia – della situazione degli illegittimi, dello stato in cui si trova la scuola laica, della condizione ospedaliera in generale e degli ospedali psichiatrici in particolare, del sistema carcerario – e nelle sue battaglie in favore della donna, dell'abolizione della case di tolleranza, dei controlli delle nascite, ancora una volta lo stile.

Mentre nel diario In guerra si muore emerge la donna passionale, viscerale, animata soprattutto da sensazioni e sentimenti – odio contro la guerra, contro i politici che hanno trascinato nella tragedia una generazione, paura che si trasforma in panico e arriva al limite della follia quando teme per la vita del figlio – nelle inchieste traspare esclusivamente un essere razionale, che esercita un controllo totale delle proprie emozioni: stile asciutto, mai retorico, dalle frasi brevi, incisive. Eppure, è una passione, la passione civile alla base del suo impegno nel giornalismo e nella politica.

La sua difesa dello Stato laico e democratico, il suo coinvolgimento in partiti laici e democratici, come Unità popolare e il Partito radicale, che la vede nel consiglio nazionale fin dalla sua formazione, fanno della sua esperienza un fatto un po' unico se pensiamo ai tempi in cui la sua vita si svolge e si compie: pochissime donne negli anni Cinquanta riuscivano ad affermarsi nel giornalismo, ed ancora meno erano quelle che militava no in partiti che non fossero DC e PCI.

Le sue inchieste che appaiono tuttora di grande attualità, sono state raccolte in Cittadini sì e no (Nuova Italia Editrice), e L'italiana in Italia (Laterza, 1956). Ed hanno contribuito a far conoscere la società italiana non attraverso la lente deformante dell'ideologia, ma attraverso l'analisi attenta dei fatti. L'esame della realtà, compiuto con spirito laico ha evidenziato la contraddizione e la carenza di una società da poco emersa dal sopore acritico nel quale l'avevano immersa venti anni di dittatura.

«Individualmente – scrive la Garofalo in In guerra si muore – molti di questi italiani intossicati (dalla gonfia retorica che nasconde la povertà degli argomenti) sono forse dei cittadini onesti e capaci, ma essi mancano di sensibilità politica e non s'accorgono che divenendo folla diventano gregge. [...] Quando questi buoni italiani avranno imparato a dosare, a condizionare i loro entusiasmi e si raccoglieranno più spesso a riflettere, a criticare, invece di sbracciare e applaudire, comincerà a formarsi la loro maturità di cittadini e quindi di militari e di politici».

Non è casuale che Gaetano Salvemini, nella presentazione di Cittadini sì e no scriva: «I suoi scritti, raccolti in questo libro, possono servire di modello a chi, disgustato dalle estrazioni dei partiti che si chiamano «laici», cerchi informazioni esatte e proposte ragionevoli su quei problemi immediati della vita italiana che i capi di quei partiti ignorano, mentre risolvono altri problemi per via di licitazioni private».

Giovanni Russo

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