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Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011) » Antonetto Irma  
1920 - 1993
 


 

 
Foto cortesia A.C.I. Associazione Culturale Italiana, Torino  

Nonostante una vita dedicata a diffondere il meglio della letteratura, della cultura e della filosofia internazionali fra i ceti che nel secondo dopoguerra desideravano liberarsi dalla patina del provincialismo italiano, Irma Antonetto ebbe ampio spazio sui giornali soltanto il 21 novembre 1993. Era l'annuncio della sua scomparsa, a 73 anni, nella sua Torino.

«Addio all'ambasciatrice di cultura» titolò La Stampa e l'articolo che la commemorava spiegava: «È morta ieri mattina Irma Antonetto, la creatrice dell'Associazione culturale italiana. Attiva fino a tutto settembre, era stata operata un mese fa per tumore alle ovaie, si era ripresa. Ma nei giorni scorsi era stata ricoverata alle Molinette, per disturbi al fegato. È morta serenamente, alle 8 del mattino».

Una nuova giornata iniziava senza quella piccola donna dall'aspetto volutamente dimesso, in antitesi con la grandiosità del progetto che era riuscita a realizzare: promuovere appunto incontri tra pubblico ed esponenti di tutti i rami della cultura. In quarantasei anni di attività aveva portato in Italia oltre 400 personalità tra filosofi, scienziati, scrittori, premi Nobel.

Irma Antonetto era nata a San Mauro Torinese nel 1920. Appartenente a una ricca famiglia di imprenditori farmaceutici, si era laureata in letteratura e aveva subito vinto il concorso per la cattedra. Un concorso a cui aveva partecipato per non deludere i genitori: lei sapeva già, in quegli anni che si aprivano alla ricostruzione, che non avrebbe mai insegnato. Aveva un sogno, un grande sogno: fare incontrare persone di ogni paese per promuovere un confronto, uno scambio di opinioni e di conoscenze.

La sua convinzione era che la forza delle idee potesse aiutare a riunire, a ricostruire. Un compito immane per una ragazzina uscita allora dall'università. Eppure Irma imparò a usare il suo carisma, evitando di mostrare la fragilità legata all'aspetto e all'età: lavorò al suo progetto stando dietro le quinte e chiese aiuto alla sorella maggiore, Regina. Insieme si insediarono in una stanza di via Po 38 – una sede che non avrebbe più cambiato – e alla luce di un lume a petrolio cominciò a scrivere ai potenti della Terra, utilizzando una macchina per scrivere presa in affitto.

Interpellò soprattutto gli amici, per chiedere di aiutarla iscrivendosi all'Associazione culturale italiana, nonostante la sua “creatura” avesse vita solo nella sua mente. Ottenne gli aiuti e la fondò. Nel 1947, con i soldi delle prime iscrizioni, affittò un appartamento più grande nello stesso palazzo e diede avvio alla prima stagione. Aveva chiesto di tenere conferenze, gratuitamente, a Dogliotti, Cavallari, Murat, Levi Montalcini, Mollino. Si presentarono tutti. L'anno seguente conquistò per la sua attività il Teatro Carignano di Torino e trovò non pochi sponsor di prestigio. Dopo la sua, altre città chiesero di ospitare le conferenze organizzate dall'Associazione Culturale. Genova, Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bari, e per anni gli oratori dell'Aci andarono anche a New York.

Nomi di richiamo come Camus, Cocteau, Sabin, Ionesco, Galbraith, Spock, Ungaretti e Montale tenevano dibattiti culturali che prendevano il nome a seconda della città e del giorno in cui si svolgevano: i “Venerdì letterari” a Torino, i “Sabati” a Firenze, i “Lunedì” a Milano, e così via. I suoi “colpi” furono l'invito, nel 1965, al poeta russo “arrabbiato” Evtuscenko, cui era stato tolto il passaporto, che gli fu reso da Krusciov proprio per recarsi a Torino.

E, ancora, l'arrivo in Italia di Marcuse nel 1968, anno della rivolta studentesca. Irma Antonetto condensò in questa attività il senso della sua vita. E, se mai si innamorò, seppe farlo con quell'understatement che fu il minimo comune denominatore della sua esistenza. Nessun senso di trionfalismo la sfiorò mai, né quando nel 1964 fu nominata Cavaliere al merito della Repubblica italiana, né nel 1984, quando ottenne in Francia un analogo riconoscimento.

Gloria Ghisi

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