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Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011) » Anselmi Tina  
1927
 


 

 
Tina Anselmi al Quirinale, 1976 - © Associated Press Photo, Milano  

Nata a Castelfranco Veneto, da adolescente Tina Anselmi entra nella Resistenza come staffetta della Brigata autonoma Battisti, e successivamente fa parte del Comando Regionale del Corpo Volontari della Libertà. La molla del suo impegno fu un episodio molto concreto: la visione, indelebile, di un gruppo di giovani partigiani impiccati dai fascisti. Nel 1944, appena 17enne, si iscrive alla neonata Democrazia cristiana, e gradatamente emergerà nel partito, fino a divenirne una esponente importante.

Laureata in lettere, insegnante elementare, nel dopoguerra la Anselmi è dirigente sindacale (dal 1945 al 1948 del Sindacato Tessili, dal 1948 al 1955 del Sindacato Maestre), e poi responsabile nazionale delle giovani della Dc (dal 1958 al 1964), nonché (1963) vice-presidente dell'Unione europea femminile. Nel 1959 entra nel consiglio nazionale dello Scudo Crociato ed è deputata dal 19 maggio 1968 fino al 1992.

Durante il suo lungo mandato parlamentare (tra l'altro, è a lei che si deve la legge sulle pari opportunità), l'Anselmi si occupa di donne, famiglia, sanità, lavoro, dimostrando capacità critica, tenacia e passione. Il contesto generale – né all'interno del suo stesso partito né nella politica o nella società italiana nel suo complesso – le fu mai veramente favorevole.

Per tre volte sottosegretario al Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, nel 1976 Tina Anselmi raggiunge una tappa storica: incaricata del dicastero del Lavoro nel terzo governo Andreotti, è la prima donna a diventare ministro della Repubblica italiana. L'immagine di lei che entra al ministero segna un momento significativo nell'emancipazione femminile (in seguito, è stata ministro della Sanità nel quarto e quinto governo Andreotti). A distanza di qualche anno, Tina ricorderà quella data con parole importanti, sconfessando lo stereotipo secondo cui le donne (e le cattoliche in particolare) avrebbero fatto politica senza strategie e senza ambizione. “Non voglio dire che non ci avessi mai pensato, non avessi fatto progetti sul mio futuro professionale; anch'io ero ambiziosa. Ero stata sottosegretario al Lavoro, avevo fatto parte della Commissione lavoro della Camera, avevo avuto una lunga militanza nel sindacato; conoscevo la realtà di cui, come ministro, mi sarei dovuta occupare e, cosa molto importante, avevo dimestichezza con la cultura, la psicologia, il modo di pensare dei sindacalisti e dei lavoratori che essi rappresentavano”.

Prima di essere dimenticata dalla politica ufficiale, in netto anticipo rispetto a molti colleghi di partito, già nei primi anni Settanta Tina Anselmi (insieme con altre parlamentari democristiane) iniziò a segnalare che la Dc stava perdendo in concretezza, dimostrandosi incapace di vedere e comprendere il paese, ed i suoi effettivi bisogni. Un messaggio, evidentemente, difficile e non gradito, per questo destinato a rimanere del tutto ignorato (ciò che si renderebbe necessario, sostenne l'Anselmi, è “cominciare a fare un nuovo Partito: non nuovo nelle idee, non nuovo nelle finalità, ma nuovo nei modi di essere”). “Ognuno di noi ha oggi una consapevolezza amara che non abbiamo utilizzato fino in fondo quanto era nelle nostre possibilità (…). Ognuno di noi non ha cercato di essere un elemento di propulsione di idee ma soltanto un raccoglitore di voti (…). Ognuno di noi è stato messo troppo spesso nelle condizioni di fare un monologo con la propria parte, ma mai di poter discutere con tutto il Partito”: è il 1973. Le parole di Tina Anselmi sono lucide e preveggenti.

Con questo bagaglio di esperienza, coraggio e capacità di analisi maturato negli anni, Tina Anselmi è stata chiamata a svolgere un incarico estremamente delicato nella storia dell'Italia repubblicana. Ha, infatti, presieduto la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, composta da 40 tra deputati e senatori: nominata il 9 dicembre 1981, per trenta mesi e in quasi 150 sedute, ha ascoltato testimoni, ordinato operazioni di polizia giudiziaria e raccolto centinaia di migliaia di atti. Il risultato fu l'accertamento del coinvolgimento di esponenti della loggia massonica P2 in molte delle trame oscure del nostro Paese, “motivo di pericolo per la compiuta realizzazione del sistema democratico”, come scrisse poi Tina Anselmi nella sua relazione. Non a caso, per questo suo incarico, ella è stata a lungo e pesantemente criticata e bersagliata.

Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito (1998), dimenticata (come già ricordato) dalla politica ufficiale, l'Anselmi è stata più volte candidata alla carica di Presidente della Repubblica. Sempre, però, fuori dai palazzi della politica. Nel 1992 fu il settimanale Cuore a fare il suo nome, mentre nel 2006 un forte passaparola partì da un gruppo di giovani, attraverso il blog “Tina Anselmi al Quirinale”. Un bel riconoscimento per chi la politica l'aveva sempre intesa come missione e impegno sul campo, e non solo sui banchi di Montecitorio.

“Ci sono dei momenti nella vita politica in cui la nostra coscienza, sia di credenti sia di non credenti, ha molto da fare. Mi piace sottolineare credenti e non credenti perché ricondurre il peso di certe scelte che mettono in discussione principi consolidati solo dai credenti, o peggio ancora solo dai cattolici, è un atteggiamento riduttivo, non rispettoso della verità, che crea artificiose lacerazioni nel tessuto connettivo del paese”. Così ha scritto Tina Anselmi.

Giulia Galeotti

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