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Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011) » Accardi Carla  
1924
 


 

 

Carla Accardi nel suo studio di Roma, 1999 - Foto cortesia di Mireille Hoster

 

Carla Accardi è un caso esemplare di emancipazione femminile sia dal punto di vista geografico che da quello storico: nell'immediato dopoguerra, la giovane siciliana di Trapani si afferma come l'unica donna in un'avanguardia pittorica che si forma a Roma (con Turcato, Sanfilippo, Consagra e Attardi). Nel ‘47 tra Roma e Parigi (con Dorazio, Guerrini e Penili), il gruppo firma il manifesto “Forma 1” che salda Astrattismo e Informale. L'anno successivo, a 24 anni, la giovane donna espone già alla Biennale di Venezia.

Nella sua vita accelerata, a 27 anni è già sposata (con il pittore Antonio Sanfilippo) e madre di una bambina, Antonella, inizia una carriera internazionale tra Europa, Stati Uniti e Giappone, esponendo di volta in volta a fianco di artisti come Magnelli, Hartung, Fontana, Burri, Manzoni, Tapies, Twombly.

Lo slancio vitale dal quale scaturisce “Forma 1” è di discendenza futurista, perlomeno il futurismo di Balla. Nel caso della Accardi, il dinamismo ottico tra forme astratte e colori, nonché la scelta dei colori nel corso del tempo, sono molto significativi: all'inizio, i suoi labirinti di segni sono in bianco e nero, suggerendo una calligrafia (piuttosto di tipo arabo), ma ripensandoci più tardi, dirà «erano i due colori nella salina di mia madre»; poi passa a colori brillanti, sempre contrastati due a due, ai fluorescenti e all'argento, con ritorni ciclici al bianco e nero.

Spesso intitolati “labirinti” o “integrazioni” questi segni creano comunque condizioni ipnotiche per lo sguardo. Il dinamismo avviato tra superficie e profondità, tra negativo e positivo, si svolge in germinazione ininterrotta, metafora dell'impulso che è al cuore dell'esistenza.

A metà degli anni Sessanta, sostituisce la tela con una materia “innaturale” e trasparente, il sicofoil, che lei cosparge di segni dipinti e presenta non al muro ma in “ambienti”: in tubi verticali, in coni o a ombrello al suolo, o montato al muro su telai triangolari; comunque il sicofoil permette di creare nuovi spazi di luce e colore. Poi venne per lei una stagione di attiva militanza femminista, non come tappa emancipatrice, superflua nel suo caso, ma come esplorazione di sé, quasi un “lusso” di verità, non esente da rischi. E fu pioniera anche in questo: fece parte del primissimo gruppo italiano, “Rivolta femminile”, a fianco di Carla Lonzi. Era stata la Lonzi a presentarla alla Biennale di Venezia del ‘64.

Nella prima metà degli anni Settanta, con i suoi dipinti su tele libere come lenzuola, con il sicofoil incannucciato sul telaio di legno grezzo, con certi grandi “ambienti” (le Tre tende concentriche e un altro chiamato Origine), Carla Accardi divenne un simbolo della “femminitudine”. Nel ‘76 scrissi nella rivista Data: «L'iniziale appartenenza di Carla Accardi all'Astrattismo, lei stessa la chiama a volte “il mio impedimento”, a volte “la mia robustezza”. Io la chiamerei la dolorosità e il rigore del suo primo percorso. La sua arte pone drasticamente la diversità di vissuto che si può celare dietro linguaggi apparentemente affini [...]. Ora con le Tre tende, labirinto rosa e luminoso, lei si pone come corporeità, dimensione del piacere femminile, realtà tanto più imbarazzante quanto la trasgressione è casta e non aggressiva».

Lei stessa scrisse: «Alla mia mostra del ‘69 con le Tende, mi hanno abbracciata ma non mi hanno registrata culturalmente». Non tutti videro nel labirinto di luce rosa quell'alveo metaforico. Nel frattempo scomparve prematuramente Carla Lonzi e comunque Carla Accardi si sentì imprigionata nel femminismo (gli artisti, uomini e donne, sono insofferenti alle intuizioni che si fissano in ideologie). Il mondo dell'arte non le chiedeva altro.

Carla riprese strade meno appartate, non a caso con un “Omaggio a Matisse” nell'81. Oggi in molti musei in Giappone e California, a Madrid e Parigi (Musée de la Ville de Paris nel 2002), i suoi segni colorati su grandi tele grezze, sempre più aerei e semplificati, si librano con una felicità che ricorda quelle forme essenziali che il vecchio pittore a Nizza sforbiciava nelle carte colorate che poi incollava. La Accardi assume tuttora una sicilianità distillata all'estremo, «quella luce e quei colori mediterranei, e lo spirito di confine che vi si respira», come scrisse lei stessa.

Anne Marie Boatti Sauzeau

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