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Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950) » Varale Mary  
1895 - 1963
 


 

 
Mary Varale sul Gruppo dell'Ortles, 1924 - Fondo Varale, Biblioteca Civica di Belluno  

Insieme a Ninì Pietrasanta è una delle pioniere dell'alpinismo femminile italiano, scalando in undici anni, fra il 1924 ed il 1935, ben 217 montagne sia in cordata che in solitaria.

Mary Gennaro, la “signora di Milano”, nasce a Marsiglia nel 1895. Iniziato fin da giovanissima a frequentare la montagna nel gruppo dell'Ortles e del Disgrazia, e nel 1924 effettua le prime scalate nelle Dolomiti, alle Torri del Vajolet, dove la guida Tita Piaz rimane impressionata dal suo talento. Proprio in questa occasione, nel 1925, la Varale vive un'avventura che ricorderà più avanti negli anni e che dimostra il carattere forte e deciso della giovane scalatrice.

Così racconta la stessa Varale cosa accadde quando, giunti in vetta, chiese alla sua guida in che modo affrontare la discesa: «Non rispose, ma preparata la corda e fattala passare nel cordino penzoloni dal chiodo conficcato nella roccia, me la avvolse sotto la gamba e poi mi ordinò: Si butti giù! Se fossi stato un uomo mi sarei detta fra me: questo è il momento di fare l'uomo! A una donna è permesso di avere paura, specialmente se le si ordina così bruscamente di buttarsi giù da una torre sotto la quale si apre una voragine di trecento metri; ma siccome non volevo far vedere di impaurirmi davanti a quel celebre arrampicatore col quale dovevo scalare ancora tante vette e che considero come il mio maestro, non battei ciglio, e con la massima freddezza, fattami sull'orlo della torre con le spalle rivolte al vuoto mi lasciai andare. Sono momenti di emozione che non dimenticherò più».

Negli anni seguenti, in cordata con le migliori guide dell'epoca (Piaz, Dimai, Agostini, Pederiva, Comici), Mary realizza molte difficili scalate, quasi tutte «in prima femminile»; una dozzina sono le sue prime ascensioni assolute: fra queste, la Cima dei Tre, nel gruppo Civetta-Maiozza, con Renzo Videsot e Domenico Rudatis (1930); la Punta Angelina nelle Grigne, lungo la Via Mary – così chiamata proprio in onore della Varale – con Riccardo Cassin (1931), lo Spigolo Giallo alla Cima Piccola di Lavaredo, con Emilio Comici e Renato Zanutti (1933); la Via diretta alla parete Sud-Ovest del Cimon della Pala, con Alvise Andrich e Furio Bianchet (1934).

Il carattere forte e puntiglioso della «appassionata ed ardimentosa arrampicatrice» – come l'ha definita Renato Zanutti – porta la Varale a realizzare anche molte salite da capocordata e qualcuna anche in solitaria: fino a metà degli anni Trenta è dunque una delle pochissime donne a misurarsi con le alte difficoltà in montagna. Proprio per questo, Mary scrive per le lettrici della rivista Vita femminile, rievocando qualche episodio della propria vita alpinistica, per sottolineare l'importanza della sua attività sportiva come esempio per il genere femminile: «Credo che ciò non sia del tutto inutile, se non altro per dimostrare o ricordare a chi finge di non saperlo, che noi donne non siamo poi quegli esseri pavidi e debolucci che i signori uomini vogliono far credere».

Ma la passione di Mary per le cime, come scrive suo marito Vittorio Varale, giornalista sportivo, «non era soltanto roccia e strapiombi, gridi gioiosi dalle vette raggiunte, ma anche le passeggiate sui prati e nei boschi alla ricerca di fiori e funghi mangerecci». L'amore per la montagna, infatti, viene vissuto attraverso gli aspetti più semplici e immediati della vita fra i monti: «Vi rimaneva per lunghi periodi, dividendo la semplice esistenza dei montanari della Val Malenco e della Val Masino nelle loro rustiche abitazioni, aiutandoli nelle bisogna quotidiane. Quando occorre va si caricava del fieno nelle gerle, accudiva alle faccende domestiche».

Alla fraternità montanara e alla bontà umana, al buon umore e alla cordialità, Mary accosta anche la forza e l'animosità del carattere, pronto a esprimere con decisione dissensi e contrarietà. Cosi, in seguito alla mancata concessione da parte del Coni, che agisce su proposta del Cai, delle Medaglie al valore atletico – non riconosciute nemmeno ai suoi compagni di scalata al Cimon de la Pala, ma concesse ad altri, a suo parere meno meritevoli alpinisti – Mary Varale nel 1935 si dimette polemicamente dalla sezione Cai di Belluno. Fra le oltre duemila lettere che fanno parte del “Fondo Varale” istituito presso la Biblioteca Civica di Belluno, spicca, autografa, proprio la copia della lettera datata 20.7.1935, completata con l'elenco delle ascensioni da lei compiute, con la quale Mary Varale rassegna le dimissioni.

Le sue parole sono aspre e taglienti: «In questa compagnia di ipocriti e di buffoni io non posso più stare, mi dispiace forse di perdere la compagnia dei cari compagni di Belluno, ma non farò più niente in montagna che possa rendere onore al Club Alpino dal quale mi allontano disgustata anche per una ingiustizia commessa col rifiutarmi un articolo».

Conseguentemente alla decisione di lasciare il Cai, la Varale poco a poco riduce l'attività in montagna, anche a causa di una grave forma di artrite che la colpisce ancora giovane. Nei lunghi anni di immobilità è il marito Vittorio ad assisterla, fino alla morte che la coglie a Bordighera nel 1963.

Alessandra Antinori

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