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Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950) » Lombardi Elisa  
1912 - 1999
 


 

 
Foto cortesia Archivio di Stato Sezione di Orvieto, fondo Elisa Lombardi  

Elisa Lombardi è un esempio interessante di donna nuova, divisa fra due identità contraddittorie: l'autonomia e la carriera professionale da una parte, e il radicato attaccamento alla famiglia e al rispetto dei suoi valori dall'altra.

Nata a Cuneo il 12 gennaio 1912 in una solida famiglia della borghesia piemontese, Elisa è la penultima di 13 figli, educati a forti ideali di disciplina, ordine e lealtà dalla madre, autentico perno della famiglia. Questa educazione (non a caso dei sei maschi ben cinque diventeranno generali) produrrà effetti sostanziali anche in Elisa, sulla quale agiranno contemporaneamente i racconti di viaggi e grandi avventure in mondi lontani fatti dai fratelli (tra lei e il maggiore vi erano quasi trenta anni di differenza). Il desiderio di indipendenza unito ad uno spiccato senso del dovere diventa così un tratto distintivo della sua personalità, ed Elisa non esita a decidere della sua vita proprio in nome di quest'amore per la libertà.

«Fui obbligata ad una scelta: l'amore e probabilmente il matrimonio, o il lavoro che si presentava molto interessante, direi addirittura affascinante. Per naturale predisposizione scelsi il lavoro e non me ne pentii mai. [...] Non avevo nessuna attitudine per il matrimonio [...], una cosa che mi ha dominato proprio è il senso della libertà e dell'indipendenza».

Il canale all'interno del quale indirizzare questo suo desiderio di autonomia fu la ginnastica, una grandissima passione della giovane fin da piccola, quando la madre l'aveva iscritta (con la sorella minore Giuseppina) alla società sportiva «Forza e Grazia». La vera svolta avverrà nell'ottobre 1932, con la partenza per l'Accademia Femminile Fascista di educazione fisica di Orvieto, i cui corsi erano iniziati proprio nel febbraio di quell'anno, ed erano articolati in un biennio che portava al titolo di insegnante di Educazione Fisica e Giovanile nelle scuole medie. Per le accademiste più meritevoli, si aggiungeva la possibilità di un terzo anno gratuito con il conseguimento di un diploma di secondo grado per svolgere ruoli direttivi nell'Opera nazionale Balilla (Onb).

Il progetto era ambizioso: formare la nuova donna fascista. Il regime infatti offriva due diversi modelli femminili: accanto a quello tradizionale di moglie e madre, ne proponeva un altro, quello di una donna fisicamente forte e sportiva, caratterialmente decisa, dignitosa, indipendente ed atta a comandare.

Elisa, entrata come semplice allieva dell'Accademia nel 1932, ne uscirà dieci anni dopo, ultima Comandante, a seguito della chiusura della scuola per il crollo del regime. Nel febbraio 1937 infatti, venticinquenne (tre anni dopo aver conseguito il diploma), riceve l'incarico di dirigere l'istituto da Renato Ricci (capo dell'Onb). Deve questa occasione alla buona prova data nello svolgere l'incarico di organizzare l'Onb a Bolzano, città di lingua tedesca dove il fascismo era mal tollerato.

Il periodo della sua direzione ad Orvieto coincide con il passaggio dell'Accademia dall'Onb alla Gioventù italiana del littorio (Gil), e con altri importanti cambiamenti. Manifestazioni evidenti ne furono le nuove divise di foggia militare per le ragazze, e soprattutto la sostituzione delle materie letterarie con insegnamenti della Sezione politica (storia della rivoluzione fascista, storia politica, storia delle dottrine politiche e dottrina del fascismo, politica del fascismo, istituzioni di diritto pubblico fascista, ordinamento del Pnf e delle organizzazioni dipendenti), a dimostrazione che la finalità primaria dell'istituto era diventata la formazione politica di dirigenti da immettere nei quadri della Gil.

Elisa Lombardi svolse con grande impegno e dedizione le sue funzioni di Comandante, completamente convinta del programma di studi che la scuola proponeva, e ciò emerse con particolare evidenza nelle ultime drammatiche fasi del regime e, quindi, della stessa Accademia. Grande fu la dignità con cui la Lombardi fece fronte al precipitare degli eventi.

«L'Accademia era chiaro che si chiudeva, quindi ho cercato di chiudere più serenamente possibile – raccontò poi – il dolore di chiudere era diminuito attraverso tutti quei mesi di pena». È a questo punto che si verifica l'episodio carico di valenza simbolica della vita di Elisa, che era stata invitata a trasferirsi a Salò.

La prospettiva certo non la rendeva felice «io non avevo nessuna intenzione di andare al nord [...], Mussolini era prigioniero di Hitler, sapevamo benissimo che erano i tedeschi che comandavano. No, non ero più contenta, no assolutamente, io avrei lavorato volentieri per l'Accademia, per l'Opera Balilla», ma non se la sentiva di sottrarsi per senso del dovere.

Sennonché, fu la famiglia a reagire molto male alla sua adesione a Salò, in particolare la madre si oppose fieramente. Nel conflitto fra quello che sente come dovere professionale e la volontà della famiglia, Elisa chiede consiglio al suo superiore, Renato Ricci, che va a cercare a Roma. «Quando diedi le dimissioni, confesso che mi sentii avvilita e mortificata, anche perché il mio atto poteva in quel momento sembrare dettato dalla paura; ma Renato Ricci, nella sua grande sensibilità, dissipò ogni mio timore dicendomi “lei faccia quello che desidera la sua mamma; le mamme hanno sempre ragione”».

Paradossalmente, dunque, il dilemma di Elisa viene risolto dal suo superiore gerarchico in favore della prevalenza – per una donna – dell'autorità della famiglia su quella dello Stato. La Lombardi torna così a casa, impegnandosi nell'assistenza sociale a Dronero, in un istituto per anziani (dove «l'aveva fatta già la mia nonna, poi la mia mamma»). Un sommesso ritorno nei ranghi tradizionali.

Giulia Galeotti

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