Navigazione: » Italiane » Biografie » Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950)
Motore di ricerca

Cerca all'interno
dell'archivio

   Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950)
  Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950)
Seleziona una lettera:

0-9 A B C D E F G H I J K L M N O P Q R S T U V W X Y Z
  Gli articoli più visualizzati
Bandiera Italiana
  Sito ottimizzato
Ottimizzazione

Sito ottimizzato per una risoluzione di 1024x768px o superiori.

Browser/applicazioni consigliate

  • Firefox 3+
  • Crome - tutte le versioni
  • Internet Explorer 7+
  • Opera 9+
  • Safari 5+
  • Adobe Acrobat Reader o altro lettore pdf (per visualizzazione documenti)
 

Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950) » Lanza Angelina  
1879 - 1936
 


 

 

Nella colta borghesia palermitana oscurata dagli stereotipi del “gattopardismo” e del “macchiettismo dialettale” – così come viene descritta da Vincenzo Consolo – nasce il 13 febbraio 1879 la scrittrice Angelina Damiani.

L'ambiente familiare, ricco di stimoli artistici, non lascia trasparire, “presagire” il misticismo che, in seguito, caratterizzerà la sua vita. Il padre, Giuseppe Damiani-Almeyda, è l'architetto che firma a Palermo il Teatro Politeama Garibaldi, la ristrutturazione del Palazzo delle Aquile, le edicole di Villa Giulia; la madre, Eleonora, è poetessa e figlia del pittore napoletano Giuseppe Mancinelli.

Nel 1898 sposa Domenico Lanza, laureato in legge e in Scienze naturali, libero docente di botanica coloniale e Conservatore dell'Orto Botanico di Palermo, la cui formazione culturale positivista sarà spesso causa di incomprensioni. Dal matrimonio nascono: Maria Filippina, Antonietta, Antonio, Vittorio e Filippina-Antonietta-Rosalia-Eucaristica.

Nel 1912, grazie ai versi La fonte di Mnemosine (Palermo, Sandron, 1912), il suo nome entra nelle voci biografiche di enciclopedie e storie della letteratura italiana; la sua poesia – che si richiama alla tradizione pascoliana e carducciana – è apprezzata, tra gli altri, da Giovanni Alfredo Cesareo, Eugenio Donadoni, Alessio Di Giovanni, Ada Negri. Collabora al Corriere di Sicilia, alla Rivista per le signorine, alla Vita femminile, a La nostra rivista. Il suo ricco epistolario (circa mille lettere) testimonia gli intensi rapporti con critici, filosofi e religiosi del tempo. Comincia a frequentare la Biblioteca filosofica di Palermo, fondata da Giuseppe Amato Pojero, chiamato affettuosamente lo “zio”, al quale chiede consigli in materia di filosofia e di religione. Nel 1914, dopo aver cercato nella letteratura e nella poesia le soddisfazioni spirituali, incontra a Gibilmanna (Palermo) il cappuccino Giustino da Patti che la incoraggia a studiare le opere di Antonio Rosmini.

Conosce l'istituto della Carità, i rosminiani padre Balsari e padre Bozzetti: il 4 novembre 1916 viene accolta quale “ascritta” rosminiana e nel 1935 come “figlia adottiva” con l'obbligo di rinnovare ogni mattina l'intenzione di ubbidienza. Essere rosminiana voleva dire «cristiana cattolica, cosciente di ciò che significa cattolicesimo e risoluta a conservare la propria fede contro tutte le insidie del pensiero moderno» (Pagine spirituali, 1949).

Si adopera alla «causa» di Rosmini per riabilitarne la figura e diffonderne l'opera dopo che il decreto del 1888 della Congregazione del S. Uffizio aveva condannato 40 proposizioni tratte dalle opere del roveretano giudicandole «non consone alla verità cattolica».

La sua “chiamata” giunge nel 1918 con la morte, per tifo, della figlia Antonietta, quando «la consolazione [le] inondò il cuore all'indomani di quella morte, [e] fu segno che le preghiere dell'innocente dovevano aver piegato verso di [lei] il Cuore di Gesù». In seguito, nel 1922, la scomparsa, per anemia mediterranea, dell'altra figlia Maria Filippina, è interpretata come ulteriore passo nella via del distacco e della rinunzia. Nell'aprile del 1918 inizia a tenere un Diario spirituale. In esso, soprattutto dal giugno 1921, annota la sua esperienza mistica e le sue manifestazioni di ordine soprannaturale. Ella percepisce “locuzioni interne” pronunciate da una “Voce” che la guida e la educa a consumare il voto di vittima, eminente pratica rosminiana – atteggiamento tipico della spiritualità dell'epoca, che si rifà alla teologia della riparazione – con cui ella «si offre, in e con Gesù Crocifisso, al Padre nell'opera di salvezza»; diventa, anche, terziaria francescana. Per ubbidire al suo confessore, che le impone «un duro divieto di ascolto volontario», nel 1922 è costretta a bruciare il Diario; riprenderà a scriverlo, in undici quaderni, dal 13 luglio 1924 al 13 giugno 1936.

Nel 1927 pubblica su Charitas, in forma anonima, La completa offerta di sé a Dio. Nel 1929 è nominata socia dell'Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Palermo. Inizia a scrivere l'opera narrativa La Casa sulla montagna (1941), uno dei suoi capolavori: memorie e cronache dei contadini delle Madonie, vicende familiari, raccolte durante i soggiorni nella casa di Gibilmanna, presso l'antico Santuario della Madonna.

La Lanza definiva questo lavoro “il Credo” della sua famiglia, «il povero libricino [...] scritto, principalmente per ricordare ai [...] figli la casa paterna, la dolcissima adolescenza, le sorelle morte. In second'ordine, [...] fermare in quelle pagine, il ricordo del Santuario, e attestare alla cara Madonna la [...] fede, [...] l'amore» {Diario spirituale, 2000). II 25 febbraio 1932 scrive il Testamento spirituale in cui, tra l'altro, spiega quanto le letture di Sant'Agostino e di Rosmini abbiano influito nel suo avvicinamento a Cristo e raccomanda ai figli di non respingere la procreazione, di non avere discordie tra loro, di educare i propri figli nella pratica della fede cattolica.

L'esortazione a vivere nella comprensione e nella concordia scaturiva anche dalla propria esperienza coniugale; dal fatto di non essersi mai ribellata a quell'infelicità – come ella stessa confessa in una lettera alla nipote Virginia Lojacono – di avere avuto al suo fianco un compagno che non la comprendesse e che dissentisse da lei per le sue convinzioni religiose tanto da dichiarare che era stato questo il più grande dolore della sua vita e non la morte delle figlie {Lettere, 1980), tragedia che, invece, era riuscita a superare con la fede e il conforto nella certezza della loro beatitudine.

Il 16 marzo 1832 indirizza all'amica Silvia Reitano il suo Testamento letterario; a lei affida il compito post mortem di riordino dei suoi manoscritti. Con le iniziali A.L.D. pubblica Le virtù nascoste nel periodico L'eco di Gibilmanna.

Nel 1935 manda dieci quaderni del suo Diario ai Padri rosminiani affinché essi, un giorno, possano pubblicarne alcune parti. L'ultimo quaderno, viene affidato alla fedele infermiera e spedito ai Padri rosminiani, dopo la morte, avvenuta per tubercolosi, a Gibilmanna, il 14 luglio 1936.

Claudia Giurintano

   Stampa