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Dalla prima guerra mondiale al secondo dopoguerra (1915-1950) » Ferida Luisa  
1914 - 1945
 


 

 
Archivio Fotografico Fondazione 3M, Milano  

Compagna nella vita e nel cinema di Osvaldo Valenti, uno dei più noti attori del cinema italiano del periodo fascista, Luisa Ferida sarebbe rimasta poco più che un nome da cercare nelle storie del cinema, se non fosse per la sua tragica morte, avvenuta subito dopo la liberazione, il 30 aprile del 1945 a Milano, ad opera di un commando partigiano.

Questo suo destino l'ha invece consegnata alla storia e alle polemiche che continuano periodicamente a riaccendersi sul suo ruolo e sulle sue responsabilità, facendone una vittima per amore e avvicinando la sua morte a quelli di un'altra illustre – e ancor più famosa – vittima della passione amorosa, Claretta Petacci.

Luisa Ferida nasce il 18 marzo 1914 a Castel San Pietro, vicino a Bologna. Il suo vero nome è Luigia Manfrini Farné. Incomincia a lavorare in teatro a Milano, ingaggiata da Ruggero Ruggeri, per poi passare a Roma, dove diventa nota al pubblico nel 1939, quando Alessandro Blasetti la sceglie, imponendola ai produttori, come protagonista del suo L'avventura di Salvator Rosa, accanto ad Osvaldo Valenti, attore allora all'apice della fama, a cui la Ferida si legherà subito sentimentalmente. Di Blasetti, Luisa Ferida sarà in questi anni una delle attrici preferite. Nel 1940, sarà l'interprete femminile del suo La corona di ferro, che la porterà alla fama.

Nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, Valenti, che è un fervente fascista, entra a far parte della X Mas. La coppia si trasferisce al Nord, dapprima a Venezia, di cui Valenti vorrebbe fare la nuova capitale del cinema nell'ambito della Repubblica di Salò, e più tardi a Milano. I due diventano il simbolo del cinema di Salò: belli e trasgressivi, dediti alla droga e alla vita sregolata. Si legano alla banda di torturatori che sotto la direzione di Pietro Koch gestisce a Milano, tra l'agosto e il settembre del 1944, la famigerata Villa Triste, prigione di partigiani. La banda Koch agisce come un corpo di polizia separato, in autonomia sia dal regime di Salò che dai comandi nazisti.

Valenti, e con lui Luisa Ferida, sono frequentemente a Villa Triste. Nella villa, i festini si alternano alle torture. Ma lo scandalo è eccessivo: l'arcivescovo di Milano protesta con i tedeschi, gli stessi repubblichini non vedono di buon occhio questa gestione così privata della guerra. Nel settembre del 1944, i repubblichini chiudono Villa Triste, trasferendone i detenuti nel carcere di San Vittore, ed arrestano Koch e la sua banda. L'ufficiale medico della Wermacht che guida l'ispezione che precede l'arresto di Koch le apparirà – racconterà una delle detenute – come «la prima faccia umana dopo molte settimane».

Nei giorni convulsi che seguirono la liberazione di Milano, Osvaldo Valenti e Luisa Ferida furono arrestati da un commando partigiano. Il loro ruolo era noto, e una sentenza del Cln li aveva condannati alla fucilazione per la loro attività a fianco della banda Koch. Subito dopo, i due furono fucilati. Si disse che Luisa Ferida fosse incinta di quattro mesi. Pietro Koch fu processato a Roma da un tribunale militare e condannato alla fucilazione. Sulla banda Koch, e su Valenti e la Ferida, cadde il silenzio. Solo dentro il MSI i due attori continuarono ad essere ricordati come vittime innocenti dell'odio partigiano.

Furono gli anni Ottanta a riportare i due attori all'attenzione del pubblico. La questione fu sollevata dal filosofo francese Jean Baudrillard, che ne fece due esseri superiori, per la loro bellezza e la loro libertà dagli schemi, alla morale comune, fucilati non per le loro colpe ma per la loro trasgressività: una concezione decisamente estetica, in cui la questione della colpevolezza dei due si stemperava fino a divenire ininfluente.

L'operazione culturale, pur suscitando proteste tra quanti avevano vissuto da vittime questa trasgressività, riuscì sostanzialmente a ridare una parvenza di dignità storica ai due. Dopo Baudrillard, ma con assai minor simpatia verso i due personaggi, Italo Moscati ne ha fatto i protagonisti di una sua pièce teatrale, Gioco per verso. Un paio di libri giornalistici hanno ripercorso la storia dei due attori, cercando di lavarli dall'accusa di complicità con Koch. Ma si tratta, in questo caso, di un'operazione difficile, dal momento le testimonianze sulla presenza dei due sulla scena di Villa Triste sono numerose e puntuali.

Bellissima, ma dotata di scarsa personalità, tanto che è difficile trovare il suo nome da solo e non in coppia con quello di Valenti, Luisa Ferida si limitò probabilmente a seguire a Villa Triste il Valenti. Anche in questo campo, è difficile che il suo ruolo sia stato più autonomo e rilevante che nel resto della sua attività di attrice, di donna, di fascista militante. Solo la fucilazione le ha restituito, nella memoria, una dignità di eguale a quella del suo compagno di vita e d'arte, Osvaldo Valenti.

Anna Foa

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