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Testi » Re tentenna  
 

di Domenico Carbone

In diebus illis c'era in Italia,
Narra una vecchia gran pergamena,
Un re che gli era, fin dalla balia,
Pazzo pel gioco dell'altalena.
Caso assai raro nei re l'estimo;
E fu chiamato Tentenna primo.
Or lo ninnava Biagio, or Martino;
 Ma l'uno in fretta, l'altro adagino.
 E il re diceva: m'affretto adagio;
Bravo Martino, benone Biagio.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

Un dì, racconta quella scrittura,
Mutò di pelle come la biscia...
 E qui una fitta cancellatura,
 Quasi di sangue vivida striscia.
 E raschia e fissa quel mio cronista.
 Crebbe la macchia, sciupai la vista.
 Del resto, ei segue, buttò la vita;
 Giovin, Gaudente; vecchio, Trappita.
 Vantava in aria da caporale
 Non so che impresa d'uno stivale.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

Dicea Martino: libera il corso,
Sire, al gran veltro fin che ci lambe;
O se la svigna, dando di morso,
 E Dio ci salvi garretti e gambe.
 Biagio diceva: strigni la corda;
 Cane che abbaja, raro è che morda.
Ma, se il guinzaglio per poco smetti.
 Iddio ci salvi gambe e garretti.
 E il re: ministri, siate contenti;
 Un dì si stringa, l'altro s'allenti.
 Ciondola, dondola, ecc.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

 

 

Dicea Martino: censori, boja
Fanno a chi meglio castra il pensiero;
Ma il pensier monco della cisoja
Valica i monti, ritorna intiero.
 Biagio diceva: falla arrotare,
 Caro Tentenna, se vuoi regnare.
Cerca arrotini di miglior scola,
 A mo' d'esempio, que' di Lojola.
E il re: s'affili sì che la lama
 Tagli e non tagli, come si brama.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

Dicea Martino: via que' volponi
 Che, col pretesto di smoccolare,
Fan spegnitojo de' cappelloni,
Smorzano i lumi fin sull'altare.
Biagio diceva: che lumi, o Sire!
Chiudi le imposte, se vuoi dormire;
Alloppia i sudditi rimpinconiti
Col pio giulebbe de' Gesuiti.
 E il re: sta bene; Lojola inchino,
E mi confesso dal cappuccino.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

Dicea Martino: volgiti a Roma;
L'Austro dà i tratti dell'agonia.
 Schianta la briglia; scuoti la soma,
 Prendilo a calci di dietrovia.
Biagio diceva: Roma si vanta;
Non si fa guerra coll'acqua santa.
 Tienti al Tedesco; contro ai cannoni
 E' ci vuol altro che be' crocioni.
E il re: mi provo se ci riesco,
Evviva il Papa, viva il Tedesco.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

Dicea Martino: stecchito in trono
Agl'inni, ai plausi non fare il sordo.
Guai se la musica cambia di tono!
Gira, Tentenna, gira di bordo.
 Biagio diceva: spranga il portone,
Senti che puzzo di ribellione
 « Saétte a Biagio, fora i Tedeschi ».
Per Sant'Ignazio! staremo freschi.
E il re, traendo la durlindana,
 Sguardò dai vuoti della persiana.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

Qui chieggo invano dal mio Turpino:
 Si diede al presto? scelse l'adagio?
Diresti un tratto: vinse Martino;
Due righe sotto: la vìnse Biagio.
 Morì Tentenna; ma ancora incerto
Di tener l'occhio chiuso od aperto;
E fu trovato, forza dell'uso,
 Con l'uno aperto, con l'altro chiuso.
Laudale pueri, s'intoni al bimbo;
Strisciò l'Antènora, dorme nel limbo.

Ciondola,
dondola,
Che cosa amena.
Dondola,
 ciondola,
È l'altalena;
Un po' più celere,
Meno... di più...
Ciondola, dondola
E su e giù.

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