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Uomini, donne e giovani » L’amore  
 

il bacio 

 
F. Hayez - Il Bacio - Un bacio passionale e carico di emotività evidenzia la tensione romantica propria degli artisti risorgimentali. - 1859 ca. - olio su tela - Pinacoteca di Brera - Milano  

L'amore è un tema centrale del Risorgimento. Attorno ad esso si organizzano e si precisano questioni cruciali tanto dell'esperienza personale quanto per la definizione della nuova sfera pubblica italiana: la morale sessuale e il matrimonio, la famiglia, un diverso ruolo delle donne, i rapporti di genere.

C'è, nel rilievo che assumono questi temi, un'attitudine propria della cultura romantica e più in generale della nuova sensibilità ottocentesca, codificata in libri che ebbero una vastissima circolazione all'epoca, dalla Nouvelle Héloïse di Rousseau, al Werther goethiano, al Foscolo delle Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Ma conta, soprattutto, il fatto che il Risorgimento fu un banco di prova giovanile; di giovani maschi in prevalenza, cui la mobilitazione civica e poi la guerra e la rivoluzione offrirono inedite occasioni di libertà personale, in un contesto in cui gli obblighi sociali e i vincoli dell'educazione tradizionale stavano perdendo molto della loro forza costrittiva.

A vent'anni, a Genova, dov'era ufficiale assegnato alla direzione del Genio militare, Cavour conobbe Anna (Nina) Giustiniani Schiaffino, giovane come lui, anticonformista, dal comportamento e dalle opinioni audaci. Si amarono pubblicamente e nell'ostilità della famiglia di lei. Durò poco e la ferita che la fine di quell'amore lasciò nell'animo di lei fu incancellabile. Nina era una donna appassionata ed emotivamente instabile. Morì suicida a soli trentaquattro anni nel 1841.

L'anno prima intanto, a Parigi, Cavour giocava e perdeva in borsa. Aveva scommesso sullo scoppio imminente di una guerra e sul ribasso delle quotazioni. In una lettera drammatica al padre scrisse: pagare o farsi saltare le cervella.

In quell'esperienza e nella lezione severissima che ne ricavò entrava il brivido dell'azzardo, ma anche l'attesa di un rivolgimento radicale delle cose politiche che mettesse in movimento la situazione internazionale e aprisse prospettive nuove al giovane e ambizioso cadetto di una famiglia aristocratica. Nella vicenda romantica l'amore dei giovani maschi è un momento della spinta all'affermazione dell'io.

 


 

  Il bacio risorgimentale al cinema reinterpreta un soggetto comune all'epica risorgimentale - Scena dal film "Senso" di Luchino Visconti

Massimo d'Azeglio ebbe molte avventure sessuali e di lui Francesco De Sanctis scrisse che passò con indifferenza dalle braccia delle donne del suo rango alle popolane. Ma al «giovin signore» queste erano cose da sempre permesse. Sono gli anni turbolenti che semmai rimescolano le carte dei rapporti tra i sessi e sovvertono le antiche gerarchie.

La rivoluzione mette in circolazione giovani carichi di fascino, con la testa in fiamme, in grado di esercitare un forte ascendente e un potere di seduzione tra i compagni di lotta e nelle famiglie dove trovano asilo. Sono degli esaltati e offrono alle donne che incontrano l'occasione dell'esaltazione, in un turbinio di parole, emozioni, carezze che accendono il desiderio e l'immaginazione.

Si insiste molto nella storiografia più recente sui temi dell'egocentrismo romantico e sull'amore-passione. L'amore è la grande avventura dell'io moderno; moderno perché della modernità mette in gioco l'aspetto veramente decisivo, l'autonomia della coscienza e la centralità del processo della sua formazione. L'io ama e amando si rivela a se stesso.

Quando si affaccia sulla scena della vita individuale autonoma questo io avanza una forte pretesa a rinegoziare i rapporti nella società su basi diverse dal passato. Il caso più eclatante è certamente quello di Carlo Pisacane ed Enrichetta Di Lorenzo

Si amavano di nascosto. Lei era sposata e dal suo matrimonio aveva avuto tre figli. Nel 1847 decisero che non volevano più fingere e fuggirono. Alla famiglia indirizzarono una lettera che era un vero e proprio manifesto ideologico: quando le convenzioni sociali entrano in conflitto con la natura, l'amore diventa una «dichiarazione di guerra» alla società. Così scrisse Carlo Pisacane nella Lettera ai parenti.

Non si può vivere in contrasto con la natura. La verità dell'io lo impedisce. Su questa verità si fonda la morale. La donna che si concede all'uomo che non ama in nome delle convenzioni sociali si prostituisce.

Anche quando è estranea a un'intenzione contestataria così radicale, la nuova sensibilità si esprime nel linguaggio del piacere e dell'attrazione reciproca degli amanti.

Nel 1824 Daniele Manin e Teresa Perissinotti erano fidanzati: parlavano del loro amore come di una ricerca di libertà dai formalismi e dalle ipocrisie, come abbandono alla felicità di amare e di essere amati senza finzioni e senza riserve.

Tuttavia non sono queste le storie che danno il tono dell'amore ottocentesco, anche quando parliamo dei rivoluzionari che combatterono per la causa dell'indipendenza e dell'Unità d'Italia. La tonalità affettiva delle biografie sentimentali del Risorgimento è data più verosimilmente da un intreccio molto fitto e complicato di libertà individuale e responsabilità familiare, di amore e di interessi, più che dalla loro netta opposizione secondo lo schema radicale della coppia Pisacane-Di Lorenzo.

L'amore ottocentesco fiorisce sul terreno di una più vasta responsabilità individuale. L'amministrazione del patrimonio, i doveri del primogenito o della sorella maggiore verso i fratelli, la fitta rete delle solidarietà affettive, imponevano agli amanti tempi, regole, gerarchie che gli amanti stessi non volevano violare.

 

 
Ritratto di  Enrichetta Di Lorenzo  

Il prezzo che si pagava era naturalmente molto alto. Le storie d'amore ottocentesche sono storie di lunghi differimenti e le tensioni psicologiche potevano essere intollerabili.

Felicita Bevilacqua e Giuseppe La Masa, il cui carteggio è stato studiato di recente dalla storica Marta Bonsanti, aspettarono tredici anni prima di potersi sposare. Lui in esilio, lei impegnata nel salvataggio del patrimonio di famiglia dopo la morte della madre.

Felicita scrive a Giuseppe che l'amore che prova per lui è un culto e una religione; esso incarna in sé ogni idea sublime di patria, di sacrificio, di abnegazione, di dolore, di smanie, di desiderio, di virtù e di rassegnazione. Ma tutto questo non è solo il lungo catalogo della sentimentalità ottocentesca. È piuttosto l'elenco a contrasto ad essere significativo, quel dover tenere insieme responsabilità e strazio della passione, smania e abnegazione.

Sovraccarico di obblighi, l'amore ottocentesco conosce anche molte sfumature. È l'amore passione, come si è visto, l'anelito al bacio, più raramente la scoperta del corpo dell'amato. Ma è anche consolazione, capacità di accogliere, è un amore che enfatizza il suo lato materno ricettivo.

C'era naturalmente un amore delle donne e un amore degli uomini e questa differenza poggiava tra l'altro sul fatto che uomini e donne continuavano ad appartenere a due sfere distinte. La vita degli uomini è «distratta ed esteriore», quella delle donne si svolge prevalentemente dentro una cerchia più intima, di attesa e di pensieri raccolti. Lo abbiamo visto sopra.

E poi c'era naturalmente la patria. Tutte le scelte affettive degli uomini e delle donne del Risorgimento sono segnate dal carattere imperioso, esigente, dell'amore per la patria. Tutto gli si sottomette.

Il grande codificatore di questo amore è Giuseppe Mazzini, che insegna a trasfigurare il vincolo amoroso in termini religiosi. L'amore vero è tale non perché soddisfa il desiderio egoistico degli individui, ma perché sottomette la vita al fine che la trascende, il perseguimento del Bene. È, romanticamente, un tendere verso, un continuo superamento di sé e corrisponde ad un'idea della vita come missione e adempimento dei propri compiti terreni da parte del singolo. Nel credo mazziniano, l'amore è solo un altro modo per dire il dovere.


Schede collegate: Giuseppe Mazzini; Carlo Pisacane; Enrichetta Di Lorenzo; Daniele Manin; La giovinezza; La nascita della famiglia borghese; Genitori e figli; Un diverso ruolo per le donne

 

«Sì; ho baciato Teresa»

Mazzini racconta che ai tempi dell'università la lettura di Jacopo Ortis lo «infanatichì» e che la cosa andò talmente oltre che sua madre temette un suicidio. Pochi libri sono stati importanti nella formazione della coscienza degli italiani colti nel corso dell'Ottocento come quello che racconta la vita, l'amore e la morte del giovane Jacopo, le cui lettere si aprono, l'11 ottobre del 1797, alla notizia che la libertà di Venezia è perduta, il sacrificio della patria nostra è consumato, tutto è perduto. La vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Così scrive Jacopo all'amico Lorenzo Alderani. Foscolo fornì un modello alla passione politica e all'accesa sentimentalità dei suoi lettori risorgimentali. Ma il suo libro è anche un repertorio di immagini amorose dell'Ottocento e dei loro scenari.

U. Foscolo, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Milano, Garzanti, 1974, pp. 72-82.

 

L'amore mazziniano

Nella concezione di Mazzini, l'amore è intriso di senso del dovere ed è un aspetto della realizzazione morale dell'individuo. È un amore ancora profondamente romantico, in cui l'abnegazione e il sacrificio sono la manifestazione della ricerca del singolo, teso verso il raggiungimento dell'ideale. Integrato in una concezione dell'esistenza come missione, l'amore risorgimentale sta all'interno di un campo di tensioni tra desiderio e imperativi etico-politici. Nelle pagine che pubblichiamo, Mazzini si sofferma sul rapporto tra uomo e donna nella prospettiva dell'emancipazione dell'umanità.

G. Mazzini, L'amore e la missione della donna, Genova, Libreria editrice Moderna, 1914, pp. 45-52.

 

Un giovane amante di nome Cavour

Quello tra Anna (Nina) Giustiniani Schiaffino e Cavour fu l'amore di due giovani, molto intelligenti e molto insofferenti nei confronti delle convenzioni del proprio ambiente. Fu anche un amore asimmetrico come tutti gli amori giovanili. Procedette tra slanci e ritirate, nuovi scoppi di passione e l'illusione che l'intensità degli incontri testimoniasse l'inizio di una vita nuova. Di questo amore restano 160 lettere di Nina e alcune pagine del diario di Cavour che pubblichiamo di seguito.

Diari (1833-1843) del conte di Cavour, Milano-Roma, Rizzoli, 1941, pp. 135-139.


Amore e contestazione

Alla maniera dei romantici, gli uomini e le donne del Risorgimento concepiscono l'amore come verità esistenziale che non sopporta i vincoli degli artifici del mondo sociale. Quando le regole della società sono palesemente in contrasto con la natura, l'amore assume i tratti di una vera e propria guerra mossa contro le convenzioni. Cosi si esprime Carlo Pisacane in una lettera ai parenti in cui giustifica sul piano filosofico la scelta sua e di Enrichetta Di Lorenzo di fuggire dalla famiglia e dagli obblighi che facevano del loro amore una storia clandestina e di sotterfugi.

Anche quando non si sviluppa in un contesto così fortemente polemico e drammatico, l'amore sostenuto da una forte passione politico-civile propria della generazione risorgimentale porta con sé una esplicita esigenza di libertà e di rifiuto dei formalismi. Pubblichiamo di seguito la lettera di Carlo Pisacane ai parenti e brani delle lettere d'amore tra Daniele Manin e Teresa Perissinotti.

C. Pisacane, Lettera ai parenti (1847), in Id. Epistolario, a cura di A. Romano, Milano, Genova, Roma, Napoli, Società editrice Dante Alighieri, 1937, pp. 23-35.

M. L. Lepscky Mueller, La famiglia di Daniele Manin, Venezia, Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti, 2005, pp. 48-62.

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