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La vita quotidiana » La cittą  
 

 

 
L. Paladini - Roma 1849: Garibaldi combatte contro i Francesi a Villa Corsini. 1849 ca. - stampa - Luigi Medici Del Vascello La Mandria  

Nell'Ottocento, come nei secoli precedenti, l'Italia era una delle aree d'Europa con il maggior numero di città. Nel 1860 il 20% della sua popolazione viveva in comuni con una popolazione superiore ai 20.000 abitanti.

Le città con più di 100.000 abitanti erano allora una decina; tra queste, Napoli era la più popolosa con quasi mezzo milione di persone.

Dal punto di vista urbanistico le città italiane non avevano ancora subito modifiche di rilievo rispetto alla loro struttura urbanistica e architettonica quale si era definita nei secoli precedenti, soprattutto in epoca rinascimentale e barocca.

Milano austriaca era, dopo Vienna, la città più importante dell'Impero e disponeva di alcuni servizi pubblici moderni come ad esempio l'illuminazione pubblica a gas, introdotta nel 1844. Sempre nella città lombarda, il servizio degli omnibus (carrozze a cavalli da 8-12 posti) entrò in vigore nel 1841.

 

 

  Veduta di Genova alla metà del secolo XIX  - olio su tela - Galleria d'Arte Moderna - Nervi (Genova)

Del tutto diversa la situazione di Roma, in cui un'alta percentuale della popolazione viveva della carità pubblica. L'Urbe si presentava come un insieme di borghi sporchissimi, di rovine tra cui pascolavano le pecore, con strade del tutto prive di illuminazione.

Il rapporto tra città e Risorgimento è soprattutto legato agli avvenimenti del 1848-1849.

E' vero che in tutta Europa le città furono le protagoniste della rivoluzione, ma questo è particolarmente vero nel caso italiano. A Palermo scoppia, nel gennaio 1848, la prima insurrezione; a Milano, nel marzo dello stesso anno, scoppia una delle maggiori rivoluzioni urbane d'Europa.

Le Cinque giornate di Milano, le Dieci giornate di Brescia, l'insurrezione dell'8 agosto a Bologna, le repubbliche di Venezia e di Roma: il biennio rivoluzionario si scompone – grazie a questi e a molti altri episodi – in una serie di avvenimenti urbani. Proprio tali episodi attribuiranno una particolare centralità – dopo il 1861 – alla memoria locale nell'ambito della più generale memoria del Risorgimento.

Ogni città o quasi avrà i suoi episodi, i suoi martiri, le sue date da ricordare. Accanto alla spedizione garibaldina del 1860, furono la difesa di Venezia e quella di Roma a rappresentare i due episodi chiave dell'eroismo e della combattività popolare.

Nella cultura degli uomini del Risorgimento il richiamo all'elemento cittadino aveva un'importanza centrale soprattutto a partire dalla monumentale Storia delle repubbliche italiane del medio evo, che il ginevrino Sismonde de Sismondi aveva pubblicato tra il 1807 e il 1818 tra Zurigo e Parigi, ed era stata prontamente tradotta in italiano. Per Sismondi, e per quanti accoglievano la sua interpretazione, l'esperienza dei liberi comuni medievali costituiva la principale legittimazione storica della richiesta di indipendenza nazionale.

Tra i protagonisti del Risorgimento fu soprattutto Carlo Cattaneo a insistere sulla città come elemento specifico e caratterizzante della storia italiana, in uno scritto famoso del 1858 intitolato La città considerata come principio ideale delle istorie italiane.


 

 
C. Cattaneo - "La città" - Frontespizio  

La città vi veniva esaltata come luogo in cui nascono la libertà dalla servitù della gleba, la libertà nei commerci, «il senso del diritto e della dignità civile». In Cattaneo l'esaltazione della città si collegava strettamente ad una auspicata soluzione federalistica del processo di indipendenza nazionale.

Ma è significativo che anche un leader democratico decisamente antifederalista come Mazzini concepisse il Risorgimento nazionale come fenomeno fondato sulla città.

«Il signor Mazzini – scrisse Karl Marx nel settembre 1851 – conosce soltanto le città con la loro aristocrazia liberale e i loro citoyens éclairés. I bisogni materiali della popolazione rurale italiana [...] sono, naturalmente, troppo triviali per i suoi celestiali manifesti cosmopolitici-neocattolici-ideologici».

Effettivamente la predicazione di Mazzini si era sempre rivolta, in forma pressoché esclusiva, ai ceti urbani, nella convinzione – come egli stesso scriverà nel 1861 – che esistesse un vero e proprio «squilibrio di civiltà» fra le città e le campagne d'Italia. Mentre le prime erano un centro di «vita progressiva», le seconde – a causa della «assoluta ignoranza» della popolazione – rappresentavano l'«elemento conservatore o retrogrado».

 

La città come principio ideale della storia italiana

Nella prima parte dello scritto La città considerata come principio ideale delle istorie italiane, pubblicato a puntate sul «Crepuscolo» nel 1858, Cattaneo evidenziava alcuni caratteri distintivi delle città italiane nel corso dei secoli: la tendenza a formare un corpo inseparabile con il territorio circostante, cioè con la campagna, la permanenza e sopravvivenza del municipio.

C. Cattaneo, Scritti storici e geografici, a cura di G. Salvemini - E. Sestan, II, Firenze, Le Monnier, 1957, pp. 383-401.

 

La popolazione di Roma vista da uno straniero

Il francese Edmond About, studioso di archeologia vissuto lungamente a Roma, nel 1861 pubblicò un'acuta descrizione della società romana, Rome contemporaine, in parte riprodotta dallo storico Ernesto Ragionieri.

E. Ragionieri, Italia giudicata 1861-1945 ovvero la storia degli italiani vista dagli altri. I, Dall'unificazione alla crisi di fine secolo 1861-1900, con la collaborazione di L. E. Funaro, Torino, Einaudi, 1976, pp. 89-95.

 

Le Dieci giornate di Brescia (23 marzo-1° aprile 1949)

Nell'estate 1849, negli ambienti patriottici italiani iniziò a circolare uno scritto anonimo dal titolo I dieci giorni dell'insurrezione di Brescia nel 1849. Il successo dello scritto aumentò quando si seppe che era di Cesare Correnti. Ne proponiamo alcune pagine, contenenti il racconto dell'ultima giornata dell'insurrezione antiaustriaca.

C. Correnti, I dieci giorni dell'insurrezione di Brescia nel 1849, a cura di A. Caracciolo, Milano, Universale economica, 1950, pp. 57-77.

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