Gli italiani e la religione
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All'inizio dell'Ottocento la fede degli italiani è sollecitata da forze contrastanti. La Rivoluzione francese, con la sua opera di dura scristianizzazione, ha generato per contraccolpo un ritorno al cristianesimo, che trova in Chateaubriand, e nel suo Génie du Christianisme (1802), uno dei massimi interpreti a livello europeo. Alla rinascita religiosa ottocentesca non sono poi estranee le esigenze di stabilizzazione del regime napoleonico, incline ad una politica concordataria nei confronti della Chiesa e bisognoso del puntello fornito al potere imperiale dai simboli tradizionali della fede. Il romanticismo, da parte sua, trova nel «meraviglioso cristiano» propagandato da Chateaubriand una fonte di ispirazione notevole. È certo che la Restaurazione avviene all'insegna di una rinnovata alleanza tra il trono e l'altare; già a partire dagli anni Venti, però, il movimento costituzionale preme per una trasformazione dei rapporti tra l'autorità civile, i fedeli e la Chiesa. Là dove si impongono vittoriose, le nuove idee liberali sottraggono alla Chiesa la tradizionale sanzione del potere civile, tipica dell'antico regime. Cessano così numerosi obblighi, e in particolare viene progressivamente abolita la legislazione che imponeva ai sudditi la pratica religiosa, l'osservanza delle feste e dei giorni di riposo. Nel Regno di Sardegna, è il caso delle leggi Siccardi del 1850. Si aprono in questo modo gli spazi per un riconoscimento pubblico di stili di vita e atteggiamenti culturali di tipo laico. Sul piano della storia spirituale, l'età della Restaurazione è feconda di conversioni (in Italia è significativo il caso di Alessandro Manzoni) ed esprime un bisogno diffuso di fede e di consolazione attraverso la fede. Non va dimenticato, tuttavia, che questa nuova ondata di spiritualità cristiana fa spesso presa su un sentimento che la stessa Rivoluzione ha esaltato: la nazione. Il rapporto tra il cristianesimo e le nuove correnti ideologiche del secolo è dunque complesso. In linea molto generale si può dire che la religione ufficiale della Chiesa non è in grado di corrispondere alle aspirazioni umanitarie e democratiche che il liberalismo ottocentesco avanza nella sfera della politica. Di qui il carattere tormentato e sofferto della coscienza liberale quando è anche coscienza cristiana. Della sua esperienza Manzoni ha scritto: «È il nostro privilegio, o il nostro peso se non lo vogliamo accettare come privilegio, l'esser messi tra la verità e l'inquietudine». Il Risorgimento italiano conoscerà un'importante corrente cattolico liberale di cui proprio Manzoni è una delle testimonianze più significative. Di essa fanno parte anche Antonio Rosmini, che ne tenterà una giustificazione su un terreno propriamente filosofico e Vincenzo Gioberti, al quale si deve invece una sua radicale politicizzazione. Nonostante la complessità delle posizioni, Chiesa e liberalismo, e dunque Chiesa e movimento nazionale, restano nemici e il Risorgimento apre un solco, che resterà profondo almeno fino allo scoppio della prima guerra mondiale, tra il nuovo Stato e le masse cattoliche. Su questo terreno il confronto è anzi molto aspro. La Chiesa vi si prepara in molti modi: sul terreno della pietà, su quello pastorale, sul piano dell'organizzazione ecclesiastica. Innanzitutto la disputa che nei due secoli precedenti ha opposto giansenisti e antigiansenisti si conclude nell'Ottocento con la vittoria delle correnti antirigoriste. Il simbolo di questo orientamento nella sfera della morale è Alfonso Maria de' Liguori (beato nel 1816; canonizzato nel 1839, Pio IX lo eleva al rango di dottore della Chiesa nel 1871). L'influsso del santo si fa sentire in particolare nella vita religiosa dell'Italia meridionale. Sul terreno della pastorale la conseguenza più importante della sconfitta definitiva del rigorismo è la fine di un'usanza diffusa ancora all'inizio dell'Ottocento in Francia e nel Regno di Sardegna: quando non era convinto della capacità di perseverare del penitente il confessore rimandava l'assoluzione. La pietà si fa più indulgente e si fonda sul frequente ricorso ai sacramenti, sulla devozione al Sacro Cuore e alla Madonna. La devozione del Sacro Cuore, sviluppatasi alla fine del Seicento in Francia, riceve un grande impulso dal papato di Pio IX. Nel 1856 diventa festa in tutta la Chiesa e nel 1871 viene elevata al rango di rito doppio di prima classe. Per quanto riguarda, invece, il culto della Madonna, la devozione mariana rimanda a due date molto importanti: la proclamazione del dogma dell'Immacolata concezione nel 1854 e le apparizioni di Lourdes nel 1858. I destinatari di questo nuovo movimento della devozione sono soprattutto le donne e i giovani. Nel 1867 sorge la Società della gioventù cattolica, approvata l'anno successivo dal papa. Alle donne la Chiesa affida la difesa della religione nella famiglia e nell'educazione della gioventù. La mobilitazione delle donne rappresenta la vera novità della vita religiosa dell'Ottocento, che vede la nascita di molte congregazioni femminili. Il movimento parte anche in questo caso dalla Francia, ma i nuovi sodalizi si diffondono ben presto in Italia. Si dedicano all'assistenza ai malati, alle scuole, all'educazione giovanile.
Il rinnovamento riguarda anche l'apostolato dei laici. Le reti associative con fini liturgici, assistenziali e culturali hanno una grande diffusione in questo periodo, dai congressi cattolici alle varie forme di azione cattolica, fino all'Opera dei Congressi. La sfida della modernità spinge la Chiesa ad operare una drastica conversione politica della religiosità ufficiale (il cuore di Gesù sanguina per colpa di liberali e massoni) e a un rinnovato impegno sul terreno sociale (Bartolo Longo, tra i contadini di Pompei, dove fonda il santuario mariano nel 1876; Giovanni Bosco, tra i ceti popolari urbani a Torino, con il collegio degli Artigianelli del Murialdo e della Casa della Divina Provvidenza del Cottolengo). Tra gli strumenti fondamentali di questo apostolato c'è, accanto al culto della Madonna, il Rosario, preghiera devozionale a carattere litanico di origini tardo-medievali molto diffusa nel Seicento, e che ha una nuova e importante diffusione proprio nell'Ottocento. Bartolo Longo è detto anche l'apostolo del “Santo Rosario” e a Pompei se ne venera appunto la Madonna. I santi sociali sono la risposta della Chiesa sul terreno della contesa per il controllo delle classi popolari, in un'epoca in cui una nuova minaccia si affaccia all'orizzonte della storia, il socialismo. Anche dal punto di vista della situazione del clero, la Chiesa sotto la sfida delle nuove ideologie ottocentesche è costretta ad intervenire. La pletora sacerdotale di antico regime va scomparendo. È un processo lento e che si compie lungo tutto il secolo, ma la direzione è inequivocabile. La diminuzione delle vocazioni e, al tempo stesso, la decadenza dei costumi del clero spingono l'istituzione ecclesiastica a reagire, fin dall'inizio del secolo. Tra il 1814 e il 1818 opera la sacra Congregazione per la riforma dei religiosi, di cui fu segretario Giuseppe Antonio Sala. Nel 1846 è la volta della Congregazione sopra lo stato del clero regolare, che l'anno successivo promuove un'inchiesta sui modi in cui rinnovare la vita consacrata. C'è un nuovo investimento sulle parrocchie e sul ruolo dei parroci. Una parte importante la svolge la predicazione, sostenuta da un incremento della stampa cattolica. Per gli strati più colti dei fedeli ci sono le opere ascetiche e agiografiche. Per gli strati popolari si provvede per mezzo della forte diffusione degli almanacchi. Ancora don Bosco promuove Il Galantuomo e Le letture cattoliche. Ad uno sguardo proiettato su di una più lunga durata, tuttavia, già nell'Ottocento appaiono segni eloquenti di un declino della fede e della pratica religiosa. L'Italia resta un paese di forte tradizione cattolica e in aree rurali di più solido radicamento religioso come il Veneto la stragrande maggioranza della popolazione, ancora alla fine del secolo, si accosta ai sacramenti. La loro frequenza comincia a diminuire nelle città in via di industrializzazione e flessioni si registrano anche nelle campagne. Chateaubriand ha un ruolo decisivo nella nascita del romanticismo cattolicheggiante francese e più in generale nella nuova forma che assume la sensibilità europea dell'età della Restaurazione. Pubblichiamo di seguito alcune pagine della sua opera più importante, il Genio del cristianesimo, che meglio illustrano la traduzione della nuova spiritualità ottocentesca sul terreno della nuova poetica del cristianesimo formulata dal grande scrittore francese. F.-R. de Chateaubriand, Il genio del cristianesimo, Milano, Bompiani, 2008, pp. 195-199, 843-861.
Nipote per parte di madre del grande autore del trattato Dei delitti e delle pene, Cesare Beccaria, cresciuto in un ambiente intellettuale di spiriti illuministici, Alessandro Manzoni testimonia con la sua conversione delle inquietudini e delle aspirazioni spirituali dell'età della Restaurazione. Della sua conversione una lunga tradizione scolastica ha tramandato la scena altamente drammatica della chiesa di San Rocco entrato nella quale lo scrittore, dopo un'affannosa preghiera si levò da terra credente. In realtà il cristianesimo di Manzoni è l'acquisto di una «lunga pazienza», che ha il suo fondamento in una profonda meditazione del Vangelo. Le pagine che pubblichiamo di seguito, relative al rapporto tra morale e teologia, sono una chiara testimonianza della natura del rigoroso processo attraverso il quale l'autore dei Promessi sposi ebbe accesso alla fede. A. Manzoni, Osservazioni sulla morale cattolica (1819), Milano, Mondadori, 1997, pp. 53-75.
Qui di seguito pubblichiamo alcune pagine introduttive di Margherita Piva alla visita pastorale di Federico Manfredini nella diocesi di Padova degli anni 1859-1865. L'importanza del Veneto nella storia della religiosità degli italiani e gli anni compresi tra l'unificazione e l'annessione della regione al nuovo Regno d'Italia, fanno di questo documento una chiave di accesso importante alle vicende che vogliamo illustrare. La visita è stata pubblicata da Gabriele De Rosa in una collana, Thesaurus ecclesia rum Italiae recentioris aevi, apparsa a partire dalla fine degli anni Sessanta del Novecento. La visita pastorale di Federico Manfredini nella diocesi di Padova (1859-1865), a cura di M. Piva, I, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1971, pp. XXV-LVI.
La partecipazione alla liturgia è una dimensione fondamentale della vita cristiana Per tutto l'Ottocento, il latino resta il grande muro di divisione eretto tra i fedeli e il celebrante che dà all'esperienza della messa un tratto tipicamente devozionale. Pubblichiamo di seguito due brani, di natura molto diversa, e che permettono di focalizzare la questione della lingua liturgica in relazione sia al problema dell'assistenza alla messa che da un punto di vista più generale di storia della cultura. F. Waquet, Latino. L'impero di un segno (XVI-XX secolo), Milano, Feltrinelli, 2004, pp. 147-159. |