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Aspirazioni all'indipendenza e all'unità d'Italia si erano affacciate, tra i gruppi di patrioti filofrancesi, già durante il periodo napoleonico, rimanendo tuttavia schiacciate da una contraddizione insormontabile: la necessità di dover contare sul sostegno di Napoleone il quale in realtà, nonostante le dichiarazioni in favore dell'indipendenza italiana, perseguiva un proprio disegno di egemonia. Con la Restaurazione e lo stabilirsi di un'egemonia austriaca sulla penisola, la questione dell'indipendenza e della libertà venne sostanzialmente a coincidere con quella della liberazione dal dominio straniero. Non tutte le correnti del patriottismo italiano davano la medesima importanza alla questione dell'indipendenza. Per il democratico Carlo Cattaneo, ad esempio, prima della conquista dell'indipendenza dallo straniero veniva l'obiettivo della libertà, ovvero la lotta contro le istituzioni, i governi, le strutture sociali esistenti nella penisola. Una posizione come questa di Cattaneo era certamente minoritaria entro lo stesso schieramento democratico (tutti i mazziniani erano strenui fautori dell'indipendenza, per raggiungere la quale erano anche disposti a rinunciare provvisoriamente all'obiettivo della repubblica). Ma se l'obiettivo della cacciata dell'Austria dalla penisola rappresentò un elemento comune alla stragrande maggioranza dei patrioti, molto diverse furono le strategie e le ipotesi per realizzarlo. La difficoltà a risolvere il problema dell'indipendenza rappresentava uno dei principali elementi di debolezza del neoguelfismo. Vincenzo Gioberti, tracciando il disegno di una federazione degli Stati italiani, evitava di affrontare la questione della posizione assegnata all'Austria. Mentre Cesare Balbo si affidava a una prospettiva del tutto utopistica: la spontanea rinuncia dell'Austria al Lombardo-Veneto compensata con una sua espansione nei Balcani. Le due principali strategie finalizzate all'indipendenza si affermarono con la massima evidenza nel 1848-1849. Da una parte c'era la strategia piemontese mirante a liberare l'Italia attraverso la guerra all'Austria e contemporaneamente ad egemonizzare per questa via l'intero movimento nazionale. Dall'altra, la strategia democratico-rivoluzionaria fondata sulla mobilitazione popolare, che Mazzini predicava da molti anni ma che solo ora poté avere un tentativo di attuazione soprattutto con le Repubbliche di Venezia e di Roma.
Fu negli anni successivi al '48-49 che si affermò una strategia ulteriore, che riproponeva in modo nuovo l'ipotesi «piemontese» di cui si è appena detto e che doveva poi risultare vincente. Proprio gli avvenimenti del biennio rivoluzionario avevano mostrato come la mobilitazione popolare armata e l'esercito sardo, anche alleandosi, non avrebbero potuto colmare lo squilibrio militare che esisteva a favore dell'Austria. Fu Cavour che risolse questo problema nell'unico modo possibile, cioè importando dall'esterno, attraverso l'alleanza con Napoleone III, ciò di cui gli italiani mancavano: un esercito in grado di sconfiggere quello asburgico. Il gioco era rischiosissimo, poiché si trattava di coinvolgere direttamente una grande potenza straniera dentro le vicende italiane, evitando però che essa si installasse stabilmente nella penisola, come era avvenuto per secoli. Cavour riuscì ad evitare questo pericolo grazie anche al contemporaneo appoggio dell'Inghilterra e alla capacità di utilizzare per i propri scopi la stessa iniziativa democratico-rivoluzionaria attuata da Garibaldi con l'impresa dei Mille e la conquista del Regno delle Due Sicilie. Indipendenza e servitù d'Italia secondo Ugo Foscolo Alle Questioni intorno alla indipendenza italiana, parte di un'opera del 1815 rimasta inedita, Foscolo consegnò le sue amare riflessioni sulla condizione di servitù che aveva caratterizzato la storia italiana a partire dall'epoca di Carlo V. Il Risorgimento. Storia, documenti, testimonianze, a cura di L. Villari, II, Roma, Biblioteca di Repubblica – L'Espresso, 2007, pp. 343-349.
L'«indipendenza» secondo un dizionario dell'epoca Nel Dizionario politico popolare, pubblicato a Torino nel 1851, l'aspirazione all'indipendenza dallo straniero veniva illustrata in un linguaggio elementare ed efficace. Dizionario politico popolare, a cura di P. Trifone, Roma, Salerno Editrice, 1984, pp. 126-127.
L'indipendenza prima della libertà In queste pagine di Cesare Balbo, tratte dal suo volume Delle speranze d'Italia (1844), si definisce «sogno» l'unità italiana e si indica chiaramente come l'indipendenza debba precedere la libertà. C. Balbo, Delle speranze d'Italia, Firenze, Felice Le Monnier, 18555, pp. 24-26. |