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Eventi » La convenzione di settembre  
 

Le trattative tra Francia e Italia per la firma di una convenzione che riaprisse indirettamente la questione romana furono concluse al principio dell'agosto 1864.

In seguito ad esse si stabilì che la Francia si sarebbe impegnata a sgombrare entro due anni il territorio pontificio e l'Italia avrebbe acconsentito a non attaccare militarmente i domini papali, a non opporsi all'organizzazione di una armata pontificia composta anche di cattolici stranieri e a negoziare con il Santo padre l'assunzione a carico dell'Italia del debito pubblico dello Stato del papa.


 

 
A. Duroni - Il generale Alfonso La Marmora - fotografia - Museo centrale del Risorgimento - Roma  

L'ultimo articolo prevedeva però che l'accordo avrebbe avuto valore ed esecuzione solo quando Vittorio Emanuele II avesse decretato il trasferimento della capitale, ammettendo implicitamente di non essere più interessato a Roma. Ciò si sarebbe inoltre dovuto verificare entro sei mesi.

Informato piuttosto tardi del negoziato portato avanti dal governo Minghetti, Vittorio Emanuele II chiese inutilmente a Napoleone III, con una missione guidata da La Marmora, di rinunciare all'articolo riguardante l'abbandono di Torino; poi, nel momento in cui si convinse a firmare la Convenzione, il 15 settembre 1864, espresse il desiderio che la nuova capitale fosse Firenze.

In ottemperanza anche a questo voto del sovrano, il 18 settembre una commissione di guerra, presieduta dal principe Eugenio di Carignano, decise che la città toscana sarebbe stata la nuova capitale del Regno, perché la più adatta da un punto di vista strategico.

Non appena a Torino si ebbe notizia dell'ultimo articolo della Convenzione, tra la cittadinanza si diffuse una grande agitazione, culminata nei giorni 21 e 22 settembre in violenti scontri tra dimostranti e forza pubblica che costarono una trentina di morti e più di cento feriti.

Indispettito da questi avvenimenti Vittorio Emanuele II impose il 23 settembre le dimissioni del governo Minghetti, sostituito dal ministero La Marmora.

Fu quindi un piemontese ad assumersi la responsabilità di trasferire la capitale da Torino a Firenze.

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