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Venezia, che già l'11 agosto del 1848 aveva rifiutato di riconoscere l'"armistizio Salasco" nonostante avesse precedentemente votato l'annessione al Piemonte, accolse con grande entusiasmo la notizia della ripresa delle ostilità tra il Regno di Sardegna e l'Austria, di cui era giunta comunicazione il 14 marzo 1849. Anche dopo la sconfitta di Novara, che pure provocò una cocente delusione, l'Assemblea veneziana deliberò di resistere ad ogni costo agli austriaci e di investire Manin, già membro di spicco di un triumvirato eletto nell'agosto precedente, di poteri illimitati. Ansiosi di fiaccare la resistenza veneziana, gli austriaci, che per tutto il mese d'aprile avevano preparato l'attacco, cominciarono il 4 maggio un vivace cannoneggiamento del forte di Marghera. L'infuriare dei colpi, intensificati tra il 24 e il 26, determinò la notte del 27 maggio l'abbandono della postazione da parte veneziana e permise alle truppe del generale Thurn di giungere al limite della Laguna, di fronte alla città. Solo il 13 giugno le truppe imperiali poterono però cominciare a colpire con qualche efficacia la linea veneziana, costituita dai cittadini con estrema efficacia.
Respinto il 30 giugno un nuovo ultimatum austriaco, che poneva fine ad alcune trattative portate avanti dal ministro austriaco Bruck, la situazione della città lagunare si fece sempre più precaria nel mese di luglio e nella prima parte dell'agosto 1849, a causa non solo dell'intensificarsi dei bombardamenti austriaci, ma della crescente penuria di viveri e della diffusione del colera. Stremati dai lunghi mesi di resistenza, i veneziani furono a quel punto favorevoli ad iniziare nuove trattative che si conclusero, il 23 agosto del 1849, con la firma della capitolazione. |