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Negli anni 1820-1823 due clamorosi processi furono intentati nel Lombardo-Veneto contro esponenti del movimento liberale patriottico, il cui gruppo dirigente ne risultò pesantemente indebolito.
Il primo, prese le mosse nell'ottobre del 1820 dall'intercettazione per opera della polizia pontificia di una missiva che Pietro Maroncelli aveva scritto al fratello Francesco, residente a Bologna. Il contenuto della lettera, trasmessa alla polizia austriaca, determinò la scoperta dell'organizzazione carbonara in Lombardia e quindi l'arresto, tra gli altri, di Maroncelli stesso e di Silvio Pellico. Il processo si svolse quasi interamente a Venezia sotto la direzione del giudice Salvotti e si concluse nell'agosto del 1821 con la condanna a morte dei due principali imputati; Giandomenico Romagnosi, coinvolto nelle indagini e arrestato nel giugno del 1821, venne invece dichiarato innocente e scarcerato nel dicembre dello stesso anno. Nel febbraio del 1822 anche le condanne di Maroncelli e Pellico per decisione imperiale vennero commutate in lunghi anni di carcere duro (vent'anni al primo e quindici al secondo). Nel marzo del 1821 una delazione ad opera di Carlo Castillia aveva nel frattempo avviato un'indagine su alcune trame dei federati lombardi per l'intervento dei piemontesi in Lombardia e la formazione di un governo provvisorio liberale, e aperto la strada ad un nuovo procedimento giudiziario.
Solo nel dicembre 1821 si giunse però all'arresto di Gaetano Castillia, fratello del delatore, di Giorgio Pallavicino Trivulzio, che con lui era stato in Piemonte nel marzo, di Federico Confalonieri, capo dell'intera cospirazione, e di altri quarantadue indiziati. Questo secondo processo, istituito da una commissione speciale presieduta prima dal giudice Menghin poi ancora una volta da Salvotti, durò quasi due anni, e si concluse nel novembre 1823 con le condanne a morte dei tre principali imputatati. Ancora una volta una decisione imperiale, dovuta in parte alla coraggiosa azione svolta a Vienna dalla moglie di Confalonieri, Teresa Casati, commutò la pena di morte in lunghi anni di carcere duro (ergastolo a Confalonieri e vent'anni a Pallavicino e Castillia). Benché l'orrore destato dal racconto delle sofferenze che i patrioti patirono allo Spielberg, rivelato nel 1832 dalle Mie prigioni di Pellico, fosse per l'Austria un colpo durissimo, nessuno di loro una volta tornato in libertà, tra il 1830 e il 1836, assunse funzioni politiche di primo piano: così, pur conservandosi una rete settaria nel Lombardo-Veneto, per alcuni anni non furono organizzate in quella zona cospirazioni e congiure.
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