» De Matteis Maria  
1912 - 1988
 


 

 
Bozzetto di Maria De Matteis per l'Adriana Lecouvreur del 1966 al Teatro dell'Opera di Roma  

Ha iniziato il suo percorso artistico illustrando libri di fiabe, regalando magia ai più piccoli attraverso l’uso sapiente del colore, la fantasia nel creare i luoghi, la linea morbida delle figure e l’espressività dei volti.

Maria De Matteis, scenografa e costumista, fiorentina doc, ha respirato l’aria della sua città fino alla fine dei suoi giorni, anche se le sue creazioni hanno vestito, per quasi cinquant’anni, star nazionali e internazionali.

Giovane illustratrice di racconti, entrò nel vivo della sua attività accostandosi al mondo del teatro, diventando assistente di Gino Carlo Sensani (Siena, 1888 – Roma, 1947), pittore, costumista e scenografo, maestro della storia del costume nello spettacolo italiano.

Dopo le prime esperienze e qualche fortunato allestimento come Alceste di Gluck per la regia di Guido Salvini (1936), e per il Maggio Musicale Fiorentino Il deserto tentato di Alberto Casella (1937), per Maria arriva l’“anno di grazia” 1949, quando Luchino Visconti le chiede di disegnare i costumi per Troilo e Cressida di William Shakespeare (le scene erano di Franco Zeffirelli, che muoveva i primi passi accanto al maestro Visconti). Maria De Matteis si ispira ai personaggi dei codici miniati medievali, capolavori di perfezione dai colori vivacissimi, quelli che lei predilige, raffinati e decisi.

Nelle scene corali di tutti gli spettacoli teatrali per cui lavora, Maria cura il dettaglio e suggerisce atmosfere e sentimenti attraverso le variazioni cromatiche, sottolineando sempre la valenza simbolica del colore. Così è ne L’Avaro di Molière messo in scena nel 1952 da Orazio Costa, in Gigi di Colette e Loos (1955, regia di Giorgio De Lullo), e nell’Ifigenia in Tauride di Euripide, che debutta a Taormina nel 1957 per la regia di Mario Ferrero.

Un trionfo fu l’allestimento al Piccolo di Milano della Trilogia della villeggiatura di Carlo Goldoni, con la regia di Giorgio Strehler (per due stagioni consecutive, 1954-55 e 1955-56). Maria De Matteis è capace di disegnare i caratteri dei personaggi. Guardando i bellissimi bozzetti dei costumi conservati nell’Archivio del Piccolo Teatro, si coglie lo spirito goldoniano, l’ironia che viene fuori dal segno mosso, dalla mimica facciale (sì, perché Maria tratteggia i volti e la gamma delle espressioni).

Il talento della De Matteis si accompagna spesso a quello dello scenografo Mario Chiari, il creatore dei maestosi alberi che rendono suggestivi i fondali della Trilogia. Silvio D’Amico, sul Tempo del 1 dicembre 1954, scrive di «scene incantevoli», «festa di colori» e «costumi attinti ai più delicati dipinti d’epoca».

Fondamentale è la conoscenza della storia dell’arte, che permette alla costumista fiorentina di disegnare, nel rispetto totale della verità storica, modelli rinascimentali o in stile “Impero”, ispirati al mondo antico o al secolo dei Lumi, opere d’arte che aderiscono ai corpi.

Le creazioni nate per il cinema sono memorabili: da Ossessione di Visconti (1943) all’Othello di Orson Welles (1952), da La carrozza d’oro di Jean Renoir (1952) a Guerra e pace diretto da King Vidor (1956), che le valse la nomination all’Oscar per i migliori costumi. Il ‘56 è anche l’anno della Bibbia di John Huston, a cui segue Barabba di Richard Fleischer (1962).

Sono gli anni in cui torna di moda il mito, la storia dei secoli prima di Cristo. Nel 1961, per il film Gastone di Mario Bonnard, protagonista Alberto Sordi, a Maria De Matteis viene consegnato il Nastro d’Argento per i costumi.

Gli anni Settanta si aprono con Waterloo di Sergej Bondarciuk: il film storico e il kolossal lasciano emergere tutta la creatività e il rigore di Maria. Verso il tramonto della sua vita, realizza altri capolavori da indossare per il film Cristoforo Colombo (1985) diretto da Alberto Lattuada.

Myriam D’Ambrosio