» Donna Letizia (Colette Rosselli)  
1912 - 1998
 


 

 

Donna colta ed elegante, laureata in lingua e letteratura francese all’Università di Losanna, città dove nacque, Colette Rosselli è nota al grande pubblico soprattutto con lo pseudonimo di Donna Letizia.

Donna Letizia nella storia del costume italiano ha ricoperto un ruolo significativo ed indiscusso di Signora del bon ton. Per più di trent’anni ha educato le italiane e gli italiani, all’arte della socievolezza e delle buone maniere con i suoi consigli e suggerimenti.

Per chiunque fosse in difficoltà, sia nell’allestire un ricevimento che nello scegliere un abito era d’obbligo consultare "La Posta del cuore", la sua seguitissima rubrica pubblicata dal settimanale femminile Grazia. E vero e proprio manuale imprescindibile per imparare l’arte del comportarsi in società divenne il suo libro Il saper vivere (Mondadori 1960, 1972, 1976, 1979).

Ma prima di diventare la Signora indiscussa del bon ton, Colette Rosselli aveva già raggiunto una grande notorietà, fra un pubblico più sofisticato, come illustratrice.

Negli anni Quaranta illustrò soprattutto libri per l’infanzia come Per i bimbi buoni e anche quelli cattivi, Il primo libro di Susanna, Il secondo libro di Susanna, Il cavaliere Dodipetto, I poemetti di Susanna. Trasferitasi negli Stati Uniti negli anni Cinquanta, lavora come illustratrice delle più prestigiose riviste dell’epoca: Harper’s Bazaar, Mademoiselle, Vogue. Nel 1950 vince un premio per la migliore copertina dell’anno. Le illustrazioni e la pittura resteranno la sua passione e nel corso degli anni i suoi quadri vennero esposti in importanti gallerie. La sua versatilità si proverà anche nella pubblicazione di due romanzi: Ma non troppo e Casa di randagia. Il suo prestigio personale e sociale si accrebbe notevolmente con il matrimonio con Indro Montanelli a cui resterà legata sino alla morte.

La conoscenza diretta del bel mondo, la frequentazione dei salotti più esclusivi, sia nazionali che internazionali, il cosmopolitismo, una buona dose di cultura ed un’innegabile eleganza fecero di lei una maestra indiscussa del buon gusto borghese dell’Italia del dopoguerra. Ai consigli su come comportarsi ad un pranzo sapeva alternare suggerimenti sentimentali e velatamente indicare anche comportamenti “corretti” riguardanti la sfera, innominabile sino alla fine degli anni Sessanta, della sessualità.

Celebre resta un suo ammonimento, quasi un grido che spesso echeggiava dalla rubrica “La Posta del cuore”: «Non ceda, non ceda», rivolto alle signorine, fidanzate o meno, a cui sempre più pressantemente, il nuovo maschio italiano richiedeva, come certificato di modernità, la “prova d’amore”. L’eleganza e l’ironia della scrittura nascondevano spesso un solido conservatorismo ed una celebrazione degli stili di vita della “gente per bene” ovvero della vecchia e consolidata borghesia, opposti tenacemente alla grossolanità ed ai nuovi modelli di comportamento introdotti dai nuovi ricchi.

Gli anni della maggior popolarità di Donna Letizia, sono gli anni Sessanta, ovvero quegli anni attraversati da profonde contraddizioni nella società italiana, che si andava modernizzando, arricchendo, ma che al contempo cercava strenuamente di difendere consuetudini, tradizioni e rapporti di potere. Queste contraddizioni si riflettevano nel costume delle italiane e degli italiani, sospesi fra vecchio e nuovo, fra ansia di modernizzazione e paura del mutamento. Donna Letizia si fece interprete di questi timori e con prudenza cercò di traghettare le nuove aspiranti “vere signore” verso una modernità controllata, dove i rapporti fra le classi e fra i sessi restassero però indiscussi.

Legittimati dalle regole eterne del saper vivere. Di fronte al lusso vistoso ostentato dei nuovi ricchi, sono questi gli anni del boom economico, Colette Rosselli difenderà sempre una discreta eleganza. Sarà lei a costruire il modello della Vera Signora, della donna elegante che preferisce sempre ad una vistosa pelliccia, un cappotto di buon taglio, che tratta con cortesia e paternalismo la servitù, e soprattutto impegnata a difendere sempre e dovunque la sua immagine di donna pudica e riservata.

La Vera Signora sembra essere innanzitutto asessuata, e non permette assolutamente mai che intorno a lei vi siano comportamenti e conversazioni poco rispettosi. «La Vera Signora non cammina ancheggiando volutamente. [...] Se qualche vitellone mugge dietro a lei un complimento superlativo, non lascia trasparire un sorriso compiaciuto». Il “Saper Vivere” di Donna Letizia diviene così il capofila di tutti i galatei di quegli anni impegnati soprattutto nell’educazione della nuova borghesia in ascesa, che si vuole plasmare a tutti i costi sul modello del vecchio ceto aristocratico-alto borghese.

Leggiamo dai consigli di Donna Letizia alla “Signora che vuole arrivare”: «Abbia un cuoco francese, elargisca laute somme alle Opere benefiche capeggiate da dame autorevoli; inviti spesso qualche nobile decaduto ma à la page, disposto a consigliarla e a pilotarla in cambio di un posto sempre disponibile a tavola. Abbia una casa arredata da un decoratore di gusto sicuro e piuttosto tradizionale e quando riuscirà a riunire nel suo salotto un mazzetto di marchese e di contesse non imiti di colpo i loro modi di parlare; non inserisca a vanvera parole straniere nella conversazione.

Meglio piuttosto, inserire frasi di questo genere: “Io che non ho avuto un’infanzia privilegiata come tutte voi”, “Mio padre che si è fatto da sé...” Si dirà di lei che ha l’orgoglio di essere quello che è, e il coraggio di non rinnegare le sue origini».

Non sappiamo con precisione se ancora oggi esistano i salotti descritti da Colette Rosselli popolati da contesse, marchese ed alti prelati, ma i suoi consigli sono sopravvissuti a tutte le tempeste che hanno attraversato la storia della società e del costume italiano, tant’è che nel 1991 viene pubblicato con enorme successo Il nuovo Saper vivere, di Donna Letizia. E chi volesse oggi ricostruire la storia del costume italiano non può rinunciare alla lettura dei galatei di Donna Letizia e alla sua “Posta del cuore”, in gran parte raccolta in Cara Donna Letizia (Mondadori, 1981).

Gabriella Turnaturi