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Uomini, donne e giovani » La nascita della famiglia borghese  
 
 


 

  Luigi Carlo Farini con la famiglia - Museo Centrale del Risorgimento - Roma

Una nuova concezione del matrimonio e dei rapporti sessuali si impone all'inizio dell'Ottocento dopo un lungo processo di gestazione settecentesco.

La famiglia aristocratica e la sua morale libertina vengono confrontate polemicamente con un nuovo modello di famiglia, fondato sull'amore e sull'intimità dei coniugi.

La critica, formulata a livello europeo, proviene in prevalenza da ambienti borghesi, anche se non mancano significative testimonianze aristocratiche in questo senso. Nel 1775, Pietro Verri scrive al fratello Alessandro di essere stanco della vecchia vita galante; sogna una moglie con cui passeggiare di pomeriggio e la sera andare a teatro, sempre nello stesso palco. I matrimoni inglesi, aggiunge, sono felici perché in Inghilterra vivono proprio così.

Della moralizzazione dei costumi matrimoniali delle élite è una testimonianza la storia d'amore fra Teresa Casati e Federico Confalonieri. Con loro siamo nella Milano di primo Ottocento e nell'ambiente politico e culturale del «Conciliatore». Giovani entrambi, lei amò il marito con un'intensità cui Federico non corrispose. Ma si piacevano e il loro rapporto è fatto di calore, prossimità, condivisione.

Teresa fu la moglie patriottica ideale. Dopo l'arresto del marito nel 1821, il processo, la condanna a morte, l'ottenimento della grazia per l'azione indefessa di leie la reclusione allo Spielberg, Teresa si dedicò anima e corpo a Federico. Partecipò anche ad un tentativo fallito di evasione. Morì nel 1830, a 43 anni, sopraffatta dal dolore.

I presupposti sociali di questa trasformazione della sensibilità stanno nella crisi delle basi identitarie dell'aristocrazia di antico regime, e in generale nel discredito da cui sono investiti, al passaggio tra Settecento e Ottocento, i costumi sociali e la morale sessuale delle vecchie élites: matrimoni in obbedienza agli interessi patrimoniali delle famiglie, indifferenza per la reciproca attrazione dei coniugi, disparità d'età tra marito e moglie, da un lato; legittimazione dell'infedeltà femminile (cicisbei, codici della galanteria), dall'altro.

Sono dunque la Rivoluzione francese e le campagne militari di Napoleone a segnare, in questo come in altri terreni della vita sociale, l'inizio di una nuova epoca, il cui segno distintivo è sicuramente l'individualismo. Le sue basi sono giuridiche e derivano dal Codice civile di Napoleone (1804).

Lo storico del diritto Paolo Ungari ha notato che la nuova famiglia di tipo napoleonico si configura come “una costellazione” di persone che, mediante il divorzio e con l'emancipazione che segue di diritto alla maggiore età, possono volgere ciascuna verso un proprio destino.

Non va trascurata tuttavia la tradizione dell'altro grande codice civile ottocentesco, quello austriaco del 1811, dove, Come scrisse nel 1860 il giurista Giovanni Carcano, «il principio di sociabilità e di autorità vi ottiene l'onore della commemorazione: ma il principio personale vi ha il predominio».

La rilevanza stessa del principio individualistico nella codificazione giuridica primo ottocentesca dimostra come non ci sia un nuovo diritto senza una nuova sensibilità che prepari l'avvento delle norme e le renda accettabili agli occhi dei singoli. Questa sensibilità agisce sgretolando i residui della concezione della famiglia di antico regime, intesa come corpo sociale, lignaggio o magistratura imperniata sull'esercizio del potere del padre e libera il diritto del singolo a determinare la propria esistenza.

L'emergere della nuova sensibilità è accompagnato dalla letteratura e dalla filosofia. Jean Jacques Rousseau nel suo Julie ou la nouvelle Héloïse (1761) elaborò una concezione sentimentale della relazione erotica e della vita familiare lontanissima dallo stile di vita libertino dell'aristocrazia.


 

 
V. Laisné - I ritratti della borghesia palermitana testimoniano il diffondersi della fotografia  - 1860 ca. - fotografia - Collezione Diego Mormorio - Roma  

Molto contò pure la cultura inglese, come si è visto. Anzi, il grande valore annesso dall'Ottocento alla domesticità e al piacere della vita intima e della casa dovette moltissimo all'Inghilterra. Anche in questo caso il terreno fu preparato dai romanzi, Pamela (1740) di Samuel Richardson e Tom Jones (1749) di Henry Fielding, sopra tutti.

Con l'Ottocento la famiglia è investita di una nuova funzione di stabilizzazione sociale, la cui necessità era tanto più sentita dai ceti borghesi dopo la tempesta rivoluzionaria e due decenni di guerre europee. Aveva cominciato per la verità già Napoleone; sulla stessa strada si mise il liberalismo a partire dall'età della Restaurazione.

La famiglia borghese ottocentesca viene concepita sulla base di un modello disciplinante imperniato intorno all'autorità del padre. Il padre assicura nella sfera privata quell'ordine e quella sottomissione dei minori, siano essi la moglie o i figli, al maggiore che il governo persegue nella sfera pubblica.

Ancora nell'Italia unita, quando il Parlamento discuterà il nuovo codice civile, approvato nel 1865, il coordinamento tra poteri pubblici e potere domestico del padre viene ribadito in maniera molto chiara. Il compito del padre, si dirà, è quello di regnare su una famiglia dalla quale possano uscire cittadini educati al rispetto della legge e della autorità.

Nel passaggio ottocentesco, tuttavia, la permanenza della figura del padre sul terreno del disciplinamento sociale della prole avviene in un contesto nuovo rispetto alla sua matrice napoleonica. L'ordine borghese si afferma a spese del privilegio ereditario del primogenito e del potere testamentario del padre, promuovendo la suddivisione dei patrimoni e l'uguaglianza degli eredi. Diseredare rimase a lungo la grande e minacciosa arma impugnata dal padre contro i figli ribelli.

In Italia questo potere sarà abolito solo nel 1865 con la promulgazione del Codice civile dello Stato unitario. Dalla famiglia aristocratica alla famiglia borghese il padre cambia così di abito in maniera funzionale alla nuova società. Con il suo potere assoluto, smette anche la veste severa di organo della tradizione, di interprete e arbitro indiscutibile dei costumi e assume panni più benevoli. Morbidi e amichevoli, verrebbe da dire. È il modello prefigurato dalla famiglia democratica americana descritta da Tocqueville.

A questa generale trasformazione contribuirà più avanti nel secolo anche un altro processo molto importante, che in termini riassuntivi si può definire come la statalizzazione dell'infanzia attraverso la proclamazione dell'obbligo scolastico e la legislazione in tutela del lavoro minorile. Lo Stato comincia a dotarsi degli strumenti legali per ingerirsi negli affari di famiglia e sindacare la libertà del padre. In questo mutato contesto, la patria potestà viene concepita non più come prerogativa paterna, ma come dovere del genitore di tutelare la salute e l'educazione dei figli. È un insieme di obblighi più che di diritti.

Nell'Italia ottocentesca le famiglie reagirono in modo diverso a questa loro nuova configurazione giuridica. Durante gli anni dell'occupazione francese, ha scritto lo storico del diritto Gian Savino Pene Vidari, i padri trovarono vari espedienti per arginare il principio dell'uguaglianza successoria e favorire un figlio a spese dell'altro. Quando la Restaurazione si adoperò per cancellare gli effetti della codificazione napoleonica il diritto non fece altro che tornare ad allinearsi ad antiche consuetudini che la società italiana avrebbe fatto fatica a superare.

Ma anche se la preferenza patrimoniale accordata al figlio maschio continuò ad operare, la nuova concezione individualistica e i principi dell'uguaglianza giuridica dei soggetti, che sono al cuore della civiltà liberale dell'Ottocento, fecero sentire la loro influenza.

 

 

  V. Laisné - I ritratti della borghesia palermitana testimoniano il diffondersi della fotografia  - 1860 ca. - fotografia - Collezione Diego Mormorio - Roma

La famiglia ottocentesca diventa lo spazio di un incontro compromissorio tra tutela patrimoniale e affetti. I primogeniti ereditano e con l'eredità si caricano anche della responsabilità della prosperità economica della famiglia che permette ai cadetti di svolgere le loro carriere al riparo dalle preoccupazioni finanziarie.

Le donne continuano ad essere sacrificate, ma il rapporto tra sorelle e fratelli si colora di nuove tonalità affettive. Nella sfera dell'intimità domestica, questo rapporto contribuisce in maniera decisiva al tono e al calore della famiglia. Le sorelle più grandi assumono spesso una funzione di guida dei fratelli maschi, tanto in termini di educazione che di agevolazione delle carriere professionali; le sorelle più piccole si innamorano dei fratelli, ne fanno un culto sentimentale.

Certo, il rapporto padre-figlio resta il legame più sensibile. Ancora nel Codice napoleonico il padre conservava il diritto di internamento, anche se rispetto all'Antico regime ora questo potere era circondato di regole e di cautele in maniera molto rigida. Tra i motivi di internamento restava quello del matrimonio senza consenso, che poteva portare al carcere correzionale per il figlio maschio e al ritiro in convento per la femmina.

Tuttavia, come ha ricordato di recente Marco Cavina, nell'Italia preunitaria la prassi giurisprudenziale si svolse non tanto a sostegno della potestà del padre, quanto a tutela degli interessi oggettivi dei figli da correggere. Bisognerà comunque aspettare anche in questo caso il Codice civile dell'Italia unita (1865) perché il potere di arresto venga cancellato. Ma prima di allora, l'Italia preunitaria conserva più di una traccia dell'antica «dittatura paterna».

Come in molte altre vicende che riguardano la società anche in questo caso guerra e rivoluzione rappresentano uno spartiacque significativo. Guardiamo alla famiglia in un anno cruciale come il 1848: molte cose, indipendentemente dalle norme e dalle leggi, sono in procinto di cambiare o sono già cambiate.

Se un tempo il padre aveva potuto ordinare l'arresto del figlio ribelle ora vediamo figli lontani da casa, volontari in guerra o in esilio, ai quali i padri non hanno ormai più niente da opporre se non le loro flebili preghiere, l'implorazione di un ritorno, un pentimento, la rivendicazione del diritto del vecchio a morire in pace, sapendo il figlio al sicuro e riconciliato con i valori che la determinazione del giovane ha così patentemente violato.

È interessante notare anche come questo sistema dei rapporti tra genitori e figli tracci in maniera nuova il confine tra sfera privata e sfera pubblica. La domesticità ricomprende nel proprio spazio tanto gli uomini che le donne. Le angosce del padre per il figlio lontano dicono del suo inedito coinvolgimento nella sfera degli affetti.

Una implicazione sentimentale estranea al padre monarca assoluto ancora in voga nel Settecento. La nuova intimità dei coniugi è come sancita dalle scelte dei figli, che relegano padri e madri nella condizione passiva dell'attesa, di una notizia, di una lettera, del loro ritorno.


 

 
A. Ogheri - Gaetano Sacchi e la famiglia  - fotografia - Museo Centrale del Risorgimento - Roma  

È un discorso che vale, naturalmente, per le famiglie di provenienza. Quando quei figli rivoluzionari diventeranno a loro volta mariti il quadro cambia notevolmente. Il Risorgimento italiano condivide con tutto il nazionalismo ottocentesco l'idea che la famiglia sia il primo nucleo della patria risorta.

Nazione e famiglia, agli occhi ad esempio del più importante dei codificatori di questo nesso, Giuseppe Mazzini, dovevano vivere in armonia. Questo era il modello familiare del nazionalismo italiano dell'Ottocento, ma una rivoluzione non è certo fatta per la stabilità della famiglia.

Ho amato la patria più della mia famiglia, aveva detto di sé Santorre di Santarosa e Luigi Settembrini, a lungo in carcere, esule, scriverà alla moglie: «Poveri figli, che triste eredità avranno da noi!».

Ci sono madri eroiche e mogli che condivideranno la militanza patriottica dei mariti. Ma le donne ottocentesche restano in maggioranza a casa, relegate tra le mura domestiche dall'affermazione prepotente dell'io maschile impegnato nella propria autorealizzazione.

La stabilizzazione della famiglia sulla base delle nuove coordinate della società borghese non appartiene al tempo della rivoluzione. Verrà dopo, quando la rivoluzione si sarà fatta Stato.


Schede collegate: Amore; Genitori e figli

 

La critica illuministica del padre di famiglia

Vittima di un padre dispotico, che per impedirgli il matrimonio con Antoinette Champion lo fece rinchiudere in un monastero dal quale evase per sposare clandestinamente la donna a Parigi (1743), Denis Diderot ha lasciato una critica della patria potestà nella sua commedia Le père de famille. Da una sponda non filosofica e meno aspra, l'italiano Carlo Goldoni, nello stesso giro di anni, scrive una commedia dal titolo identico, Il padre di famiglia. Sono testimonianze diverse di come la cultura settecentesca a metà del secolo tematizzi l'insofferenza filiale nei confronti del dispotismo domestico dei padri. Questi autori ci fanno entrare nel cuore dei conflitti tra vecchi e giovani, il diritto dell'io alla felicità.

D. Diderot, A sua Altezza Serenissima la signora principessa di Nassau-Saarbrück, in Le père de famille, in Id., Teatro, Milano, Garzanti, 2008 pp. 77-82.

C. Goldoni, Il padre di famiglia (1750), si può leggere in versione full text al seguente indirizzo: http://www.intratext.com/IXT/ITA1289/_IDX167.HTM

 

La famiglia democratica

Nel 1831, sessant'anni dopo lo scoppio della rivoluzione americana, Alexis de Tocqueville compì un viaggio negli Stati Uniti con lo scopo di vedere da vicino e analizzare le istituzioni della democrazia al di là dell'oceano. Di quel viaggio è una straordinaria testimonianza La democrazia in America, un classico del pensiero politico ottocentesco. Nel breve VIII capitolo del III libro (parte III), Tocqueville, che analizza i rapporti tra democrazia e costumi, si sofferma sulla famiglia. Tutti sanno, esordisce l'autore, che ai giorni nostri nuovi rapporti si sono stabiliti tra padri e figli, mariti e mogli, fratelli e sorelle. Visto negli Stati Uniti questo fenomeno assume un aspetto impressionante. L'occhio acutissimo di Tocqueville ci fa vedere cosa significa la scomparsa della famiglia aristocratica, definita dalle categorie giuridiche della tradizione romana, e che cos'è il nuovo universo dei rapporti domestici liberali e borghesi.

A. de Tocqueville, La democrazia in America (1835-1840), a cura di G. Candeloro, Milano, Rizzoli, 2007, pp. 609-613.

 

La famiglia del Risorgimento

La famiglia è al centro della riflessione sul risorgimento della nazione e non poteva essere diversamente. Rivoluzione politica e riforma dei costumi sono strettamente connessi nel movimento per l'indipendenza e l'unità italiana. Di seguito pubblichiamo le pagine di due autori che, da versanti ideologici e politici differenti, forniscono una testimonianza di come il pensiero moderato e quello democratico impostano e risolvono il problema della famiglia, nell'ambito dei doveri dell'uomo e del riconoscimento degli obblighi prevalenti verso la patria.

S. Pellico, Dei doveri degli uomini, in Id., Opere scelte, Bergamo, Mazzoleni, 1834, capp. X-XI, pp. 24-33.

G. Mazzini, I doveri dell'uomo, Londra, 1860, cap. 6, «Doveri verso la famiglia», pp. 65-75.

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