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Il potere temporale » Lo scontro con il Piemonte liberale  
 


 

 
Fratelli D'Alessandri - Pio IX a Villa Pia - maggio 1862 - fotografia - Collezione Bruno Caruso - Anzio  

Il rapporto fra la Santa Sede e il Piemonte fu profondamente condizionato da due fattori, destinati ad intrecciarsi fra loro: da un lato, la normativa antiecclesiastica approvata nello Stato sabaudo tra il 1848 e il 1855, contro la quale la Chiesa ingaggiò una lotta politica di vasta portata, non solo nell'interesse dei privilegi del clero piemontese, ma con l'intento di limitare il potere al partito liberale sabaudo, e indebolire quindi indirettamente il partito nazionale italiano; dall'altro, la funzione di leadership acquisita dal Piemonte nel processo di formazione dello Stato unitario.

La soppressione della Compagnia del Gesù, stabilita con una legge del 25 agosto del 1848, ma già avvenuta in sostanza alcuni mesi prima in seguito a tumulti popolari e alla polemica antigesuita di stampo giobertiano, fu un primo motivo di tensione: approvata dopo un acceso dibattito parlamentare – che mise in luce il carattere antireligioso del liberalismo piemontese – aprì la strada ad un disegno più complessivo di modifica del diritto ecclesiastico vigente.

Il fallimento delle trattative con Roma, continuate a Gaeta e Portici per tutto il 1849 a questo fine, condusse nel 1850 alle leggi Siccardi, dal nome del ministro della Giustizia che le elaborò e le presentò in Parlamento. Primo esempio di atto unilaterale compiuto dal governo sardo, quel complesso di leggi, approvate tra l'aprile e il giugno 1850, prevedeva l'abolizione del foro ecclesiastico e dei residui del diritto d'asilo ancora esistenti nel Regno, accanto alla soppressione della sanzioni penali per l'inosservanza di alcune feste religiose e all'obbligo di un'autorizzazione governativa per gli acquisti da parte di comunità religiose.

L'approvazione di questi provvedimenti, invocata con forza da Cavour in un celebre discorso parlamentare, dimostrò che il Piemonte era intenzionato a procedere sulla via delle riforme, nonostante le proteste del clero piemontese e della Santa Sede. E benché, poi, nel novembre 1852, fallisse il progetto sul matrimonio civile, sul cui affossamento Vittorio Emanuele II si era impegnato in prima persona con Pio IX, alla fine del 1854 un disegno di legge firmato da Cavour e Rattazzi sugli ordini religiosi riaccese nuovamente gli animi, determinando la cosiddetta crisi Calabiana.

Al progetto, che prevedeva la soppressione di molti ordini religiosi e la formazione, con il loro patrimonio, di una cassa ecclesiastica adibita al pagamento di assegni supplementari ai parroci poveri, il cui importo era stato fino a quel momento a carico dello Stato, i clericali risposero con alcune petizioni al Parlamento e con una proposta del vescovo di Casale, senatore Nazari di Calabiana. In accordo con la Santa Sede, i vescovi offrirono di farsi carico del pagamento dei sussidi per i parroci in cambio dell'immediato ritiro della legge.

 


 

  Zuavi pontifici - fotografia - Museo Centrale del Risorgimento - Roma

La proposta, che mirava a provocare la caduta del ministero Cavour e la creazione di un governo clerico-moderato non ebbe però seguito: l'abilità del presidente del Consiglio, che si dimise prima della discussione; le difficoltà incontrate da Durando, incaricato di formare il nuovo ministero; infine, le manifestazioni ostili al progetto organizzate a Torino e l'intervento presso il re di moderati quali d'Azeglio e La Marmora, fecero fallire le manovre clericali.

Nel maggio 1855, così, con una maggioranza di soli 11 suffragi, fu votata la legge sui conventi, che sopprimeva gli ordini religiosi non impegnati nella cura dei malati o nell'insegnamento e attribuiva le rendite dei loro beni secolarizzati al mantenimento del clero secolare parrocchiale.

A questo provvedimento Pio IX reagì il 26 luglio scomunicando tutti coloro che avevano proposto, approvato, sanzionato la legge; ciò non impedì in ogni caso la prosecuzione di una cordiale relazione epistolare tra il papa e Vittorio Emanuele II.

Quando, negli anni successivi, la politica piemontese si orientò più concretamente in senso nazionale, lo scontro con la Santa Sede assunse un carattere ancora più violento: al dissidio determinatosi nella primavera del 1856, in seguito alle dichiarazioni rilasciate da Cavour al Congresso di Parigi sulla necessità di introdurre alcune riforme nello Stato della Chiesa, seguì nel biennio 1859-1860, quando ad essere messa in discussione fu la conservazione stessa del potere temporale, una dura contrapposizione di carattere innanzi tutto militare.

Il successo del Piemonte nella seconda guerra di indipendenza, le sollevazioni nell'Italia centrale e la conseguente occupazione delle Romagne da parte sabauda, provocò la dura reazione di Pio IX, il quale, dopo aver esposto a Napoleone III le sue ragioni, chiese nell'enciclica Nullis certe del 19 gennaio 1860 la restituzione pura e semplice di quanto gli era stato tolto, fulminando due mesi dopo la scomunica maggiore contro gli usurpatori dei diritti della Santa Sede.

Nell'estate dello stesso anno, poi, la spedizione garibaldina in Sicilia e il timore di veder oscurato l'astro piemontese, suggerì a Cavour l'occupazione militare delle Marche e dell'Umbria, che avrebbe facilitato il passaggio delle truppe verso il Sud. A questa nuova invasione di territorio nello Stato pontificio seguì un vero e proprio scontro militare con le truppe pontificie comandate dal generale Lamoricière, messe in fuga a Castelfidardo il 18 settembre e costrette alla capitolazione il 29.


 

 
C. Bossoli - La battaglia di Castelfidardo - tempera - Museo Nazionale del Risorgimento - Torino  

Questa improvvisa evoluzione, che aveva ridotto i possedimenti del papa a poco più dei dintorni di Roma e aperto la strada alla proclamazione del Regno d'Italia, determinò un cambiamento di rotta all'interno del mondo cattolico, dove, nonostante la tenace ostilità degli ambienti conservatori e della «Civiltà Cattolica», una parte della Curia sembrava pronta invece a prendere realisticamente atto della irreversibilità degli ultimi avvenimenti e a ricercare una via di mediazione con i vincitori.

I negoziati intavolati nel dicembre 1860 da Diomede Pantaleoni e dal padre Passaglia, sulla base di un progetto cavouriano che prevedeva la rinuncia della Chiesa al potere temporale in cambio della cessazione della politica antichiesastica del Piemonte, terminarono però in un fallimento completo nel marzo 1861, prima ancora di assumere un aspetto ufficiale, per la convinta opposizione del segretario di Stato Antonelli.


Schede collegate: Regno di Sardegna, Stato pontificio, Leggi Siccardi

 

La legge che sopprime la Compagnia di Gesù

Si presenta nelle pagine che seguono il testo della legge del 25 agosto del 1848 che aboliva in Piemonte la Compagnia di Gesù.

G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano, Giuffrè, 1961, pp. 97-98.


Le leggi Siccardi

Si presenta qui il testo delle leggi Siccardi. Approvate dal Parlamento subalpino tra l'aprile e il giugno 1850, esse prevedevano l'abolizione del foro ecclesiastico e del diritto d'asilo; inoltre, vietavano ai corpi morali di acquisire beni stabili senza l'autorizzazione regia.

G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano, Giuffrè, 1961, pp. 98-100.

 

La legge del 1855 contro gli ordini religiosi

Si presenta qui il testo della legge del 29 maggio 1855 con cui vengono soppressi in Piemonte gli ordini religiosi non impegnati nella cura dei malati o nell'insegnamento. È noto che il disegno di legge Cavour-Rattazzi aveva sollevato molte critiche tra i clericali e dato origine alla crisi Calabiana.

G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano, Giuffrè, 1961, pp. 100-106.

 

Arcivescovi, vescovi e vicari capitolari contro la legge per la soppressione delle comunità religiose

Nelle pagine che seguono si presenta una petizione del gennaio 1855, firmata da tutti gli arcivescovi, vescovi e vicari capitolari dello Stato sabaudo, in cui il progetto di legge che prevedeva l'abolizione degli ordini religiosi, approvato nel maggio di quello stesso anno, è definito «ingiusto, illegale, anticattolico e antisociale».

G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano, Giuffrè, 1961, pp. 71-77.


L'allocuzione del 26 luglio 1855

Nell'allocuzione del 26 luglio 1855 che qui si presenta, Pio IX denuncia le gravi sopraffazioni alle quali la Chiesa è sottoposta nel Regno di Sardegna, e scomunica tutti coloro che avevano proposto, approvato e sanzionato la legge sui conventi votata nel maggio precedente.

Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, IV, Pio IX (1846-1878), a cura di U. Bellocci, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1995, pp. 150-152.

 

Vittorio Emanuele a Pio IX nel febbraio 1860

Nella lettera che segue, scritta a Pio IX il 7 febbraio 1860, Vittorio Emanuele difende il suo operato nelle Legazioni, occupate dall'esercito piemontese dopo la richiesta di annessione. Si noti che la missiva segue di una ventina di giorni l'enciclica Nullis certe, nella quale il papa aveva invocato la restituzione pura e semplice dei territori che gli erano stati sottratti.

G. D'Amelio, Stato e Chiesa. La legislazione ecclesiastica fino al 1867, Milano, Giuffrè, 1961, pp. 86-87.

 

La politica estera del Piemonte vista dai diplomatici statunitensi

Qui di seguito il rapporto stilato da John M. Daniel, giornalista diplomatico incaricato d'affari americano presso il Regno di Sardegna dall'ottobre del 1853 a Torino, a William L. Marcy, segretario di Stato americano.

L'unificazione italiana vista da diplomatici statunitensi, III, (1853-1861), a cura di R. Marraro, Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento, 1967, pp. 111-112.

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